Raccolta storica ma non solo. A St. Imier, nei locali della manifattura del brand, l’eredità del passato si apre in prospettiva verso futuro. Per preservare fondi di inestimabile valore. Da consultare, studiare ma anche da (ri)scoprire
“There are only two lasting bequests we can hope to give our children. One is roots, the other wings”. Tradotto, suona un po’ così: “Ci sono solo due eredità durature che possiamo lasciare ai nostri figli. Una sono le radici, l’altra le ali”. La paternità della sentenza è di William Hodding Carter II. Giornalista sì (ha pure vinto un Pulitzer nel 1946), ma non di orologeria. Ed è un vero peccato perché il suo pensiero, calzante come un guanto, avrebbe potuto benissimo divenire uno dei claim d’effetto di Longines. Marca (il logo è una clessidra munita di ali) che ancora oggi, a 187 anni di distanza dalla fondazione, continua a guardare con estremo rispetto al proprio passato.
Un passato vero, certificato, testimoniato. Un passato ripercorribile, non solo attraverso le parole e le immagini di una vasta bibliografia dedicata, ma anche di persona. Ripercorrendone gli eventi tra le quattro sale del museo Longines ospitato ai piani alti della manifattura della marca, a St. Imier. Aperto ufficialmente nel 1992, completamente rinnovato nel 2012 in occasione delle celebrazioni del 180° anniversario del brand, nelle intenzioni del presidente Walter von Känel è destinato a trasferirsi in futuro in uno stabile antistante la manifattura stessa, una storica farmhouse. Per diventare autonomo, e quindi usufruibile dal pubblico anche durante i fine settimana e i giorni festivi.
E magari ampliarsi, perché in fondo di cose meritevoli nel museo Longines ce n’è da vendere. Due numeri, tanto per rendere l’idea. Le sale espositive ospitano oggi 500 pietre miliari dell’orologeria della marca, proposte con periodica rotazione. Perché il vero patrimonio di Longines, custodito in un caveau storico inaccessibile a tutti, può contare su di una collezione di oltre 10mila pezzi. Tutti catalogati, tutti restaurati o ricondizionati dai tecnici dell’Heritage Workshop, dipartimento ad hoc istituito dal brand per prendere in carico tutto ciò che è considerato d’epoca (e non solo di interesse storico). Segno dell’attenzione di Longines alla salvaguardia del proprio patrimonio.
La curatrice è Jennifer Bochoud, colei cioè che si occupa non solo della rotazione dei pezzi, o dell’invio di questi alle mostre ed alle boutique di tutto il mondo, ma anche della loro catalogazione nonché dell’ampliamento dell’impianto museale. Dai 30 ai 50 nuovi pezzi all’anno, a seconda del valore, scovati ed acquistati (c’è un budget stabilito ma per alcuni esemplari si può fare un’eccezione) ai quattro angoli del globo ad aste specializzate o direttamente dai collezionisti. Ai quali vanno sommati tutti i nuovi modelli di corrente produzione, accuratamente messi da parte nel Museo Longines. Per andare a costituire le basi di quello che sarà il fulcro della raccolta dei secoli a venire.
Perché il presente di oggi in fin dei conti altro non è che il passato di domani. Ed è opportuno tenerne traccia. Un impegno mantenuto da Longines sin dal 1832, e di cui ci si può rendere conto proprio all’interno del museo, nella sala dedicata ai registri storici. Circa 800 volumi manoscritti contenenti le specifiche di oltre 15milioni di orologi. Ovvero tutta la produzione della casa dal 1832 al 1969; anno a partire dal quale l’avvento di mezzi meccanizzati (e poi dell’informatica) hanno portato a un cambio del sistema di catalogazione. Registri totalmente digitalizzati nel 2011 e oggi conservati, a livello di backup, nel LEA, i Longines Electronic Archives.
Libri suddivisi in righe e colonne, che riportano per ogni orologio uscito di fabbrica il numero seriale progressivo (introdotto sin dal 1832), il calibro, la tipologia di modello, il materiale della cassa, il logo sul quadrante, l’eventuale incisione, i controlli di produzione, il giorno di produzione, la data di vendita ed il nome del distributore o del negoziante acquirente. Un bene di inestimabile valore da capitalizzare. Tanto che, mediamente, Longines riceve oggi una quarantina di richieste al giorno di appassionati interessati a conoscere la storia del proprio orologio. Alle quali si sommano le richieste di autenticazione (e magari di restauro) di modelli storici, non solo di grande valore.
Le prime soddisfatte con l’emissione di un “Extract from the Archives”, servizio rilasciato dal brand a titolo gratuito (chapeau!). Le seconde, previo l’invio dell’orologio in manifattura, con un “Certificate of Origin and Authenticity” emesso dai tecnici dell’Heritage Workshop in seguito all’approfondita analisi dello stesso (il costo è di 120 franchi svizzeri, ma è gratis se la riparazione passa i 1.000 chf). Perché qui ogni orologio può essere riparato grazie a un magazzino di componenti di ricambio. Capillare. Esistente oggi grazie a chi, quasi 190 anni fa, ha creduto che il presente potesse un giorno andare a costituire il passato, storico e inestimabile, della marca.