Attualità

“Mirabilia”: artigianato d’arte in una camera delle meraviglie

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Il senso del tempo è personale: sembra accelerare con l’avanzare degli anni ed è lentissimo nell’adolescenza, età in cui si impara il senso della noia. È fragile e precario, eppure può essere quell’elemento che dona l’eternità. Senza distinzione: alle opere della nostra “romanità” come a quelle del Rinascimento fino alle creazioni di designer del secolo scorso. Sì, proprio gli architetti e artisti, forse anche un po’ filosofi, del ’900 come Ettore Sottsass, Cleto Munari e Gaetano Pesce.

Il tempo precario

Il senso di precarietà è insito in tutta l’opera di Sottsass che, per le sue ideazioni, usa legno, cristalli e stoffe poco mobili, materiali non pensati per durare nel tempo. Transitori come l’orologio, figlio di una riconcettualizzazione della “pendola”, in cui le sottili e fragili strutture in vetro sostengono il peso del movimento e del suo scandire il fluire delle ore. Pronte a spezzarsi in ogni momento lasciando cadere nell’oblio quelle lancette. O quello disegnato per Tissot (il Tissot Sottsass) nel 1985, con un tratto a tutto tondo, dal quadrante alla cassa. Che, pur nella rigidità dei materiali (la cassa è in oro), offre a chi lo guarda un senso di fragilità, sottigliezza e impersistenza.

E infine il Sotsy (nelle versioni 1 e 2 che si differenziano per i quadranti in bianco e nero) ideato per Cleto Munari; che riprende gli stilemi delle costruzioni architettoniche dalle forme regolari (i quattro lati della cassa quadrata rappresentano le colonne portanti di un edificio visto dall’alto). Una transitorietà che, per ironia della sorte e grandezza del pensiero, permane nel tempo: questo orologio è entrato, infatti, a far parte della collezione permanente al Metropolitan Museum of Art di New York.

Il tempo multidisciplinare

Il tempo multidisciplinare era il titolo di una mostra a Palazzo della Ragione di Padova che si è svolta nel 2018 (alcuni eventi precedenti si titolavano Il tempo della diversità e Il tempo del rumore per sottolineare la centralità di questo tema); mostra che portava in scena una retrospettiva delle opere di Gaetano Pesce. È proprio in quell’occasione che ha rivisto la luce un progetto inedito dell’artista, Mytime, pensato nel 1974 per la mostra Le Futur est peut-etre passé.

La riflessione sull’irripetibilità del fluire del tempo – incompatibile con il moto circolare ripetuto delle lancette nel quadrante – ha portato Pesce a pensare a una sola lancetta, che con un giro completo del quadrante segnava il tempo ideale della vita (80 anni). Perché, spiegava l’artista, «il tempo è personale e quando lo si perde, non si ritrova mai più». L’imprenditore Massimo Carraro, patron di Morellato, partendo ai bozzetti ha ricreato quest’opera in 100 esemplari e li ha messi in vendita. Il risultato è un mix di forme, colori e tecnologia, segno di quella multidisciplinarità  è stato l’approccio che ha caratterizzato la sua produzione artistica e che affonda le sue radici, come egli stesso ha più volte sottolineato, dalla ricchezza progettuale Rinascimentale.

Il tempo moderno e quello rinascimentale

Pochi hanno saputo coniugare le capacità artigianali dei maestri dell’arte con l’approccio al mercato. Loro ci sono riusciti. Come ci sono riusciti i grandi artigiani milanesi, capaci di stare in perfetto equilibrio tra eredità rinascimentali e alta manifattura contemporanea raccolti da Triennale Milano e dalla Fondazione Cologni nella prima mostra del ciclo Mestieri d’Arte e Design. Crafts Culture dal titolo Mirabilia, Una Wunderkammer per scoprire i mestieri d’arte milanesi. Che si inaugura oggi, 20 ottobre 2020, per restare aperta fino al 10 gennaio 2021.

Per l’esposizione sono stati selezionati una quarantina di pezzi contemporanei che rappresentano i “segreti del mestiere” di altrettanti atelier artigianali e manifatture presenti nella città di Milano, prodotti in pezzi unici o in piccola serie, dal profondo significato artistico e culturale. Artisti figli di una cultura italiana che ha nel Rinascimento il suo vertice. Forse anche per questo gli organizzatori hanno pensato l’evento come fosse un cabinet de curiosités (la Wunderkammer che compare nel titolo), in cui i pezzi storici e quelli dei maestri di oggi sono disposti secondo i criteri tipici di quegli ambienti.

In una “mescolanza di oggetti naturali, inventati, archeologici, esotici che dà origine a una forma di collezionismo nuovo e che origina una nuova tradizione culturale”, come ha scritto Roberto Balzani, professore ordinario di Storia culture civiltà presso l’Università di Bologna. Un mix capace di stupire, affascinare e ispirare.