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“I 12 orologi che raccontano il mondo”, la storia della civiltà in un libro

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Ci sono diversi modi per raccontare la storia del mondo. Uno passa dagli strumenti ingegnati per misurare il tempo. È il modo – avvincente – che tenta lo storico e ricercatore inglese David Rooney con il saggio I 12 orologi che raccontano il mondo (pubblicato da Garzanti). Avvincente perché ci ricorda quanto i metodi inventati per calcolare il trascorrere del giorno e della notte abbiano segnato la strada del progresso umano, a partire dall’origine della civiltà. E dimostra quali sono gli effetti reali che continuano ad avere sull’economia, sulla politica e sulle nostre vite.

Come sappiamo, infatti, in ogni epoca l’uomo ha tentato di misurare, di scandire il tempo. E ha creato così strumenti specifici, che vanno dalle meridiane dell’antica Roma agli orologi ad acqua della Cina imperiale, dalle “rivoluzionarie” clessidre del Medioevo fino ai moderni smartwatch. Ma più che dall’aspetto tecnico e tecnologico, l’autore è affascinato dalle motivazioni che hanno spinto l’uomo a progettare metodi sempre più sofisticati e di precisione per misurare il tempo.

I 12 orologi che raccontano il mondo non intende quindi essere un saggio sulla storia dell’orologeria dal punto di vista scientifico. E neppure un trattato di filosofia. Come infatti David Rooney sottolinea nell’introduzione, la sua vuole essere invece “una personale riflessione sulla storia del mondo” vista da una diversa angolazione. Cioè a partire dagli orologi: manufatti che, per un motivo o l’altro, assumono particolari significati, diventano simboli dell’evoluzione dei valori e dei costumi. E gettano luce su determinati aspetti delle nostre vite. Aspetti quali i metodi con cui siamo governati, le nostre convinzioni, il modo che abbiamo di raccontare storie.

“La storia del tempo è la nostra storia. E la storia degli orologi è la storia della civiltà”, scrive appunto l’autore. Cresciuto fra gli orologi (i genitori avevano installato un’impresa familiare a South Shields, nel Nord-Est dell’Inghilterra), Rooney ha lavorato come responsabile della misurazione del tempo presso l’Osservatorio Reale di Greenwich; ed è membro del comitato del Clockmakers’ Museum di Londra, il più antico museo al mondo dedicato agli orologi.

Non solo oggetti nati dall’evoluzione dell’ingegno dell’uomo. Per centinaia di anni gli strumenti del tempo sono stati usati dalle élite finanche per arricchirsi, conservare il potere, controllare i popoli. E a volte, anche grazie agli orologi, i popoli hanno contrattaccato. Ogni tipologia di esemplare insomma ha la propria storia, il proprio senso; e va inquadrato in un determinato periodo dell’evoluzione umana.

Nel libro I 12 orologi che raccontano il mondo, la storia degli orologi viene usata come chiave di lettura “per esaminare lo scambio di conoscenze, il capitalismo, la costruzione degli imperi e i radicali mutamenti introdotti nelle nostre vite dall’industrializzazione”. Spiega infatti l’autore: “Prenderemo in considerazione la moralità – il giusto o sbagliato -, nonché l’identità – chi siamo -, il tutto mediato dagli orologi. E osserveremo con risolutezza vita, morte, guerra e pace. La gente usa gli orologi per uccidere, ma gli orologi potrebbero anche salvarci, se solo pensassimo al potere che detengono”.

Per compiere questa odissea di 312 pagine – che, secondo il Times, avrebbe appassionato Charles Dickens -, Rooney ha suddiviso il volume in 12 capitoli, ciascuno dedicato ad altrettanti misuratori del tempo, al ruolo che hanno avuto e al loro significato. Per esempio, il primo capitolo de I 12 orologi che raccontano il mondo s’intitola “Ordine”. E ci riporta indietro nella Roma di 2000 anni fa e all’arrivo della prima meridiana, nel 263 a.C. ad opera di Manius Valerius Maximus come parte del bottino razziato dalla presa di Catania.

Un oggetto all’apparenza modesto, che però ha cambiato per sempre la Storia dell’umanità. Quella meridiana, come del resto tutti gli orologi pubblici delle diverse epoche, siano issati su torri o campanili, “sono stati messi lì per imporci un ordine”… A questo proposito, è citato anche l’orologio della Torre di Sant’Andrea a Chioggia – quello studiato dalla nostra connazionale Marisa Addomine, per intenderci – da molti attribuito alla dinastia dei Dondi. Datato 1386 e tuttora funzionante.

Proseguendo nella descrizione dell’opera, il terzo capitolo invece è dedicato alla “Virtù”. E parte dall’allegoria del Buon Governo (1338-1339) di Ambrogio Lorenzetti, che presenta una Temperanza con in mano una clessidra. E così via, attraverso curiosità come Gog & Magog, i giganti guardiani della City che battevano le ore sopra l’ingresso del negozio di orologeria di John Bennet, al 65 di Cheapside, nella Londra della seconda metà dell’Ottocento. Per passare agli orologi atomici in miniatura del tempo di “Guerra”. Fino ad arrivare al dodicesimo e ultimo capitolo, sul concetto di “Pace”, in cui si trovano i cronometri al plutonio.  

Un viaggio lungo la storia dell’Uomo raccontato con l’evocazione narrativa di fatti e luoghi lontani. Supportato non da immagini a colori ma da una ricca bibliografia, che diventa occasione di approfondimento nel caso qualcosa in particolare ci colpisca. Un libro che permette di farsi un’idea della valenza civile ed evolutiva degli strumenti del tempo. Dopo averlo letto gli appassionati vedranno gli orologi con un’ottica diversa, ne siamo certi. Molto più completa.