All’inizio di dicembre, esattamente il 2, Bell&Ross ha coronato il proprio forse più rilevante progetto per quanto riguarda l’immagine e la comunicazione. Tenere a battesimo la propria collaborazione con il Musée de l’Air et de l’Espace di Parigi – vera e propria istituzione aeronautica non solo transalpina, ma anche mondiale. E celebrarla all’interno del Museo stesso, un “luogo sacro” per il settore che fin dalle origini ha ispirato Bell&Ross. Maison francese di nascita, ricordiamolo, ma con produzione giustamente collocata a La Chaux-de-Fonds, in modo da garantirsi il prestigio e la qualità dello Swiss Made.
Per chi scrive, è stata invece finalmente la prima occasione di volo e trasferta professionale, dopo le restrizioni causa pandemia.
L’enigmatico nome Bell&Ross è in realtà l’acronimo dei cognomi di Bruno Belamich e Carlos Rosillo, i soci che fondarono il marchio nel 1992. Avendo chiara fin dall’inizio l’ispirazione aeronautica – come design e ambito di riferimento dei propri orologi -, Bell&Ross ha dato vita a collezioni organiche e coerenti. Caratterizzate, nella maggior parte dei casi, da casse quadrate di grandi dimensioni (con evidenti viti di fissaggio), e da quadranti di chiara e immediata leggibilità. Esattamente come lo sono gli innumerevoli contatori degli aerei. Larga parte del successo di Bell&Ross è dovuto proprio a questa forte caratterizzazione, cui si può aggiungere l’accuratezza della costruzione strutturale e meccanica.
Una cornice di grande fascino
L’evento al Musée de l’Air et de l’Espace di Parigi suggella la volontà d’appartenenza della maison al mondo del volo. Un mondo fatto di pionieri e spericolati piloti, straordinari apparecchi in continua evoluzione dai primi anni del 1900; e ancora divise e strumentazioni, da sempre viste come qualcosa di fantascientifico da chi passa la propria vita con i piedi piantati a terra.
Il tutto ben raccontato e circostanziato. Innanzitutto dal luogo in cui si è svolta la serata, anche di festa. Non solo per la presenza tutta francese di champagne, ma anche per l’internazionalità dei partecipanti, cui non si era proprio più abituati date le circostanze legate all’emergenza sanitaria.
Il Musée de l’Air et de l’Espace si trova infatti all’interno dell’aeroporto di Le Bourget, distante una quindicina di chilometri da Parigi. Una zona di traffico aereo attiva fin dal 1919 ed edificata nel 1935, seguendo i dettami dell’architettura razionalista dell’epoca. In occasione di una di quelle famose Esposizioni Universali che hanno gloriosamente scandito i progressi culturali, artistici e industriali europei nei decenni a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.
È qui, ad esempio, che nel 1927 atterrò Charles Lindbergh di ritorno dall’epica trasvolata atlantica a bordo del suo Spirit of Saint Louis. E proprio questo leggendario “monomotore ad ala alta” è gelosamente custodito nelle immense sale di Le Bourget, insieme ad altri cimeli e pezzi storici che hanno scandito i quasi ormai due secoli d’epopea aeronautica e spaziale.
Nelle sale del Musée de l’Air et de l’Espace
Durante la serata c’era del resto libertà di muoversi. Di abbandonare temporaneamente la zona dedicata alla mondanità, con ricco buffet di tipici prodotti transalpini e musica orchestrata da validi disk jockey, per girovagare tra le sale dedicate alla storia del volo umano. Dove era impossibile non restare soggiogati dal fascino di alcune “macchine volanti”, reperti più o meno vetusti ma sempre di grande suggestione.
Io, per esempio, sono stato particolarmente colpito da diversi esemplari: un aereo postale della stessa categoria di quello con cui è scomparso in mare il celebre pilota e scrittore Antoine de Saint-Exupéry; un’immensa navicella a suo tempo agganciata sotto i dirigibili Zeppelin; le prime sonde metereologiche lanciate nello spazio da russi e americani; e il vasto repertorio di caccia da combattimento d’ogni nazionalità, datati ma affascinanti per linee e strumentazione come lo sono oggi le più performanti auto d’epoca.
L’inusuale collocazione nel Musée de l’Air et de l’Espace parigino ha reso davvero sorprendente la serata. Che ha sancito appunto la collaborazione culturale di Bell&Ross con questo straordinario museo. Ed è stata annunciata al ricevimento nel salone d’ingresso del padiglione espositivo di Le Bourget (di giorno aperto ovviamente anche a pubblico e scuole d’ogni ordine e genere).
Altrettanto importante e ricco di significato è stato in quel contesto anche l’annuncio di un’altra collaborazione, questa volta di carattere più specificamente tecnico e d’immagine: quella con la Patrouille de France. Cioè la squadra acrobatica dell’aeronautica militare transalpina. Composta da 9 piloti e 35 ingeneri, è famosa Oltralpe per le sue spettacolari esibizioni alla stregua delle nostre Frecce Tricolori.
Proprio alla pattuglia francese è dedicata l’ultima produzione di Bell&Ross: il cronografo BR 03-94, con movimento automatico e cassa in ceramica nera opaca. Da segnalare, tra i parametri tecnici, sovradimensionamento di cassa e indici, impermeabilità, autonomia di carica, resistenza a magnetismo, urti e sbalzi di temperatura; ma soprattutto il riferimento al team: il logo ufficiale in bella vista sul quadrante blu. Avvolto dal tricolore nazionale e con sagome d’aerei che evocano i Fouga Magister e gli Alpha Jet della squadra acrobatica, nella formazione conosciuta con il nome di Concorde.