Approfondimenti

Defy Skyline: il sorprendente Zenith con El Primero solo tempo

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«È del poeta il fin la meraviglia», scriveva nel ‘600 il più grande poeta barocco italiano, Giovan Battista Marino. Parafrasando: qual è il compito del poeta? Stupire. Sostituiamo “poeta” con “orologeria”: l’endecasillabo salta, ma il verso diventa quasi un payoff per lo Zenith Defy Skyline. Un orologio poco barocco, molto essenziale, che però stupisce. Eccome.

Ce ne siamo accorti durante la LVMH Watch Week, nella quale Zenith ha presentato ben cinque modelli tra i quali, appunto, il Defy Skyline. Non che gli altri quattro siano passati inosservati – specialmente il Defy Revival A3642 -, ma questo, signori, ha catturato occhi e attenzioni di tutti. Spero di farvi capire il motivo.

Perché la collezione Defy

Per riuscirci, devo fare qualche passo nel futuro e qualche altro nel passato. Quelli nel futuro li muovo insieme al Ceo di Zenith, Julian Tornare. In un’intervista dello scorso dicembre, rilasciata al sito Hodinkee.com, ha definito la collezione Defy come «la locomotiva che sta spingendo avanti il brand». In effetti, in questa linea Zenith fa ciò che le case automobilistiche fanno in Formula 1: sperimenta le soluzioni avanzate che poi entreranno nella produzione “di serie”.

Provate a pensare. Da quando è stata riportata in vita, nel 2017, la collezione Defy ha ospitato un cronografo a 1/100 di secondo (Defy 21), un nuovo oscillatore (Defy Inventor), un doppio tourbillon (Defy Double Tourbillon), un tourbillon a gravità zero (Defy Zero-G), per tacer del resto.

Una sperimentazione che l’ha portata a essere la collezione più completa di Zenith. Con un cronografo ad alta frequenza nel Defy 21 e nel Defy Extreme, un segmento di fascia alta con orologi sulla scia del tourbillon a gravità zero e, appunto, un orologio sportivo di punta che è il nuovo Defy Skyline. Un esemplare bello davanti, ma che dà il meglio di sé sul lato B, o meglio, con ciò che dal lato B si intravede: il nuovo calibro El Primero 3620. La soluzione avanzata di cui sopra.

El Primero solo tempo? What?!

Se di solito parto dall’esterno nel raccontare un orologio, il Defy Skyline merita di essere spiegato partendo dal cuore. Perché è vero che si tratta di un solo tempo, ma guardando la lancetta del contatore a ore 9… c’è qualcosa che non quadra: corre come Filippo Ganna in una cronometro del Giro d’Italia. Infatti, sembrano piccoli secondi, ma è l’indicazione dell’alta frequenza: un contatore del decimo di secondo.

Una piccola magia (la “meraviglia” di cui scrivo all’inizio) resa possibile proprio dal calibro El Primero 3620, che usa la stessa base del 3600 – 36.000 alternanze/ora – senza le funzionalità del cronografo e aziona la lancetta del decimo di secondo direttamente dallo scappamento, permettendole di compiere 10 “scatti” ogni secondo (in realtà con un moto in apparenza molto fluido). Medesima base di partenza, calibro nuovo.

Zenith afferma che questa è la prima volta nella storia dell’orologeria svizzera in cui un orologio incorpora un contatore a parte per il decimo di secondo. Inoltre, a differenza di altri esempi storici di El Primero, il Defy Skyline ha pure la cosiddetta funzione hacking seconds, comunemente chiamata “stop secondi”, ossia il blocco della lancetta dei secondi quando si estrae la corona per regolare ora e data con precisione.

Il calibro 3620 conserva anche elementi del calibro 3600: come la carica automatica tramite rotore bidirezionale; 60 ore di autonomia; la ruota dello scappamento in silicio a forma di stella; e l’àncora visibile attraverso il fondello in vetro zaffiro. “Un movimento della Madonna”, lo ha definito un illustre collega che scrive mirabili pezzi su questo sito.

Di sicuro un calibro che, facendo muovere la lancetta del decimo di secondo direttamente dallo scappamento, avrebbe potuto avere problemi nell’ampiezza dell’oscillazione, con conseguenti ricadute sulla precisione dell’orologio. Pur partendo dal calibro 3600, nel 3620 Zenith non si è limitata a togliere di mezzo il modulo cronografico. Ha creato un movimento del tutto nuovo: ha reingegnerizzato il treno del tempo per puntare a una trasmissione dell’energia ottimale e costante. Non dimentichiamo che lavora pur sempre a 5 Hz…

Ma prima del Defy Skyline…

Il risultato è un orologio solo tempo dalle prestazioni superiori, che però non spunta dalla sera alla mattina come un fungo porcino. Intanto, perché il lavoro fatto sul calibro – lo abbiamo visto – è stato lungo e accurato. E poi perché nelle collezioni di Zenith comparve già una decina d’anni fa un El Primero tre lancette, quando era amministratore delegato l’attuale Ceo di Rolex, Jean-Frederic Dufour. Prendeva il nome da una serie del marchio degli anni ’70, Espada.

Un orologio nel complesso ben fatto, ma che non ebbe successo per una serie di motivi. Ben fatto, appunto, ma non aveva nulla che lo identificasse a colpo d’occhio come uno Zenith. A differenza del Defy Skyline, il cui contatore con la lancetta del decimo di secondo non esiste in nessun altro orologio ed è dannatamente, visceralmente Zenith. Con l’Espada ci si era limitati a togliere il modulo del cronografo, qui si è reinventato il movimento. E la differenza si vede.

Inoltre quell’Espada era un orologio piuttosto anonimo – cassa tonda da 40 mm, cinturino in pelle – mentre il Defy Skyline ha un’estetica ben definita, che lo fa scendere nell’arena dei tre lancette sportivi in acciaio con bracciale integrato, a sfidare voi sapete quali marchi e quali pezzi. In questa arena, il contatore del decimo di secondo è un punto esclamativo: il segno che Zenith non si limita a cantare nel coro, ma vuole far sentire la propria voce da solista, provare a guidare la tendenza anziché seguirla.

Da dentro a fuori

Questo mi dà l’aggancio per parlare dell’estetica del Defy Skyline. Era ora, direte voi. Forse sì, ma il piccolo excursus appena compiuto (i passi nel passato che all’inizio ho scritto che avrei mosso…) aiuta a capire meglio certi dettagli. Come, per esempio, la forma della cassa e della lunetta: la prima è ottagonale, la seconda ha 12 lati. I Defy del passato erano caratterizzati da una lunetta con ben 14 lati; il passaggio a 12 è dettato principalmente dall’aumento del diametro della cassa, passato da 37 agli attuali 41 mm.

Lo Zenith Defy Revival A3642 presentato durante la LVMH Watch Week mantiene la lunetta a 14 lati perché è una riproduzione fedelissima del suo antenato del 1969. Bella, ma impedisce uno dei dettagli che rendono il Defy Skyline così ricercato: i 12 indici delle ore – placcati rutenio, sfaccettati e rivestiti di Super-Luminova – cadono esattamente a metà di ciascun lato della lunetta.

Il quadrante

Questi stessi indici sono applicati sul quadrante, la cui lavorazione, come si suol dire, vale il prezzo del biglietto: è un motivo che allinea una serie di stelle a quattro punte incise. È insieme una reinterpretazione del logo Zenith “double Z” degli anni ’60 e un richiamo al cielo notturno. Cielo che ha ispirato il fondatore del marchio, Georges-Favre Jacot, a creare l’orologio più preciso della sua epoca e a chiamare la sua manifattura come il punto più alto dell’emisfero celeste visibile.

Il quadrante stellato, disponibile in blu, nero o argenté, ha una finitura effetto soleil; invece il contatore del decimo di secondo ha una lavorazione azuré (a cerchi concentrici) che lo fa spiccare sul “cielo stellato”. La finestra del datario, a ore 3, ha lo sfondo in tinta con il quadrante per mantenere una omogeneità cromatica molto ben bilanciata.

Defy Skyline: portiamolo allo yacht club

A proposito di bilanciamento, eccomi alla cassa e al bracciale. Intanto, l’ho scritto, siamo di fronte a uno sportivo in acciaio con bracciale integrato. Viene quasi da definirlo un “orologio da yacht club”: sporty-chic e impermeabile fino a 10 bar pur non essendo un subacqueo. La corona avvitata, però, fa la differenza. A dirla tutta, non sarebbe strettamente necessaria su un pezzo con questa vocazione, ma nella collezione Defy mancava e, francamente, meglio che adesso ci sia: aumenta le occasioni di utilizzo dell’orologio.

L’eleganza sportiva da yacht club torna anche nelle finiture di cassa, lunetta e bracciale. La cassa ottagonale alterna la lavorazione lucida dei bordi smussati con la satinatura verticale della carrure. La medesima alternanza si trova sulla lunetta – parte interna tonda satinata, dodecagono lucido – e sul bracciale a tre file. Bracciale che è chiuso da una fibbia déployante con doppio pulsante di sicurezza, che non altera la silhouette avvolgente dell’orologio.

Oltre al bracciale, è disponibile anche un cinturino in caucciù: blu o nero, abbinato ai rispettivi quadranti, verde per la referenza con il quadrante argenté. Un’alternativa molto estiva e “marinara” quella del caucciù; mi chiedo solo perché chiudere anche questo con una déployante, che è anche più ingombrante rispetto a quella del bracciale, anziché con un bell’ardiglione. Mah!

Considerazioni finali

Il Defy Skyline è un orologio intelligente. E se avete letto con attenzione tutto quello che ho scritto fino a qui, non dovreste faticare a capire perché. Principalmente perché è la proposta con cui un marchio che ha tutto per essere leader – storia, capacità, tecnologia, visione – si inserisce in un segmento di mercato più che presidiato e ricco di mostri sacri. Un ingresso che è stato fatto con orgoglio ed emozione, come ha fatto percepire durante la presentazione digitale dell’orologio Romain Marietta, Head of Product Development oltre che Heritage Director del brand.

Soprattutto, però, perché Zenith ha scelto di entrare in questo club dalla porta principale, giocando due carte da sempre vincenti per il brand: prestazioni e design. E abbinandole a un dettaglio non di secondo piano, il prezzo. In un segmento nel quale i principali competitor del Defy Skyline costano due, tre, quattro volte di più, posizionare questo orologio – disponibile da fine febbraio – a 8.300 euro è una mossa destinata a dare fastidio a tanti.

Il rischio vero è che, data l’attuale capacità produttiva di Zenith limitata a poche migliaia di orologi all’anno (e data la non volontà/possibilità di aumentarla a breve), per questo più che per altri modelli della casa lo shortage è dietro l’angolo. Poco male, forse: dopotutto ci sono marchi che sulle referenze con il contagocce hanno costruito il proprio successo…