Iniziamo oggi una nuova serie di articoli dedicati alla storia dell’orologeria meccanica, riferita soprattutto all’Italia. Perché in diverse occasioni ci siamo resi conto che è ben poco conosciuta, perfino ignorata, mentre è ricca di aneddoti, curiosità, vicende che meriterebbero maggior interesse. A farci da guida sarà una delle principali esperte del settore, una studiosa nota a livello internazionale: Marisa Addomine*. Che per noi scriverà piccole pillole di storia, facili da leggere (e da digerire). A cominciare proprio dalle origini dell’orologeria meccanica italiana, in parte ancora avvolte nelle nebbie del passato. Con l’augurio che questi scritti possano non solo attirare il grande pubblico, ma anche l’impegno dei più giovani ricercatori.
La nascita dell’orologeria meccanica è da secoli al centro di ipotesi e studi: le ragioni sono diverse, analizziamole insieme.
Spesso la nazione associata al concetto di “orologeria meccanica” è la Svizzera per antonomasia. Eppure le tracce archivistiche, documentali e materiali più antiche – che confermano la produzione di orologi meccanici in Europa, mossi da pesi – si trovano nel Regno Unito e in Italia. Certamente siamo lungi dall’aver esplorato compiutamente gli archivi europei, ma molteplici segnali farebbero convergere l’attenzione degli studiosi su queste due nazioni.
In particolare, l’area che sembra aver visto le origini dell’orologeria meccanica in Italia è il Nord-est, mentre per il Regno Unito parliamo del Sud dell’Inghilterra. Senza correre il rischio di semplificare eccessivamente, tra le due zone possiamo intravvedere diverse motivazioni ed alcuni paralleli. Entrambe associate a una potenza commerciale e marinara – Venezia da un lato, l’Inghilterra e Londra dall’altro – per cui floride e ricche; entrambe associate ognuna a un centro culturale in cui la scienza risorgeva, alla fine dell’Età di Mezzo: Padova e Oxford, atenei importantissimi in cui erano docenti le menti più brillanti dell’epoca.
Le questioni aperte dalle fonti documentarie
La ricerca di tracce documentarie è resa complessa dalla genericità del termine horologium, che in latino indicava qualsiasi strumento per la misura del tempo, anche i quadranti solari; è quindi necessario porre molta attenzione per essere certi che il testo in esame faccia veramente riferimento a un orologio a pesi.
I documenti più antichi sulle origini dell’orologeria meccanica risalgono al XIII secolo. Già agli inizi del XIV, pur se considerati novità, gli orologi da torre cominciarono a diventare status symbol e motivo di orgoglio per le comunità urbane; specialmente se adorni di automi ed indicazioni astronomiche, erano autentiche attrazioni per fedeli e pellegrini nelle cattedrali e nelle grandi abbazie.
Derivati dagli antichi orologi a ingranaggi mossi però da fluidi (acqua o mercurio), i nuovi strumenti dividono gli studiosi anche su altri aspetti. Nacque prima il piccolo svegliatore monastico, semplicissimo, o il grosso orologio da torre? Logica vorrebbe che si iniziasse da qualcosa di più piccolo ed elementare. Ma nei fatti già i più antichi tra questi orologi sono grandi, molto complessi, dotati di raffinata meccanica e di indicazioni astronomiche.
Le origini dell’orologeria meccanica: gli esemplari da torre
A Milano, la chiesa di Sant’Eustorgio è la prima a dotarsi, nel 1307, di un tale congegno: ignoriamo se avesse un quadrante, ma per certo batteva le ore. Gli orologiai erano abili meccanici: talvolta anche costruttori di organi a canne o di armi, quali le balestre. Da queste pagine ci farà piacere raccontare storie meno note degli albori di quella che fu, fino al XVII secolo, una grandissima tradizione orologiera, spesso ingiustamente dimenticata.
Le fonti tradizionali (così come il Web) ci dicono che il più antico orologio meccanico sopravvissuto sino a noi è quello dell’abbazia di Salisbury, in Inghilterra; e a riscontro portano un documento relativo ad un contratto d’affitto con il manutentore dell’orologio, datato 1386. Possiamo però con giusto orgoglio contrapporre l’orologio di Sant’Andrea, a Chioggia, corredato da un’amplissima documentazione, che casualmente lo dà per esistente già nel 1386.
Ma di questa, come di tante altre vicende, parleremo presto. Con la speranza di accendere in voi lettori la curiosità e il desiderio di approfondire la bellissima storia dell’orologeria meccanica. Una disciplina che, a quei tempi, fu la punta di diamante della tecnologia.
*Instancabile ricercatrice, curatrice di due musei dell’orologio, consulente per case d’asta e fiere d’antiquariato, perito del tribunale… Marisa Addomine collabora con prestigiosi atenei italiani e stranieri, fa da relatore a numerosi congressi e conferenze di famosi musei e grandi istituzioni. Ma soprattutto è una feconda scrittrice: ha firmato centinaia di pubblicazioni e lavora con vari giornali e riviste, animata da un forte spirito di divulgazione.