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Irene Baiardi: la passione per l’orologeria corre sul web

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Alcune cose da sapere assolutamente se indossi un orologio. Cosa c’è dentro, perché fa tic-tac. Come funziona un movimento meccanico. Ogni quanto tempo bisogna revisionarlo (e cosa succede se non fai manutenzione). Le risposte sono su Instagram, nei post pubblicati da Irene Baiardi, 26 anni, orologiaia. Che coniuga l’entusiasmo e l’energia della giovane età con la passione per un antico mestiere, tradizionalmente maschile. Un amore a prima vista, che Irene Baiardi coltiva con i mezzi della sua generazione. Veicolando i saperi acquisiti sul campo attraverso i social, avvicinando così al mondo dell’orologeria i suoi coetanei. E allo stesso tempo facendosi conoscere non solo dal popolo della Rete, ma anche da quello della radio…

Cominciamo dall’inizio: come e quando hai incontrato l’orologeria?
Irene Baiardi: «Da piccola ero convinta che avrei continuato l’attività dei miei genitori, che nel 1982 hanno aperto la gioielleria Baiardi Andrea a Bologna. E infatti subito dopo il diploma in grafica pubblicitaria sono entrata nel laboratorio orafo e sono diventata gemmologa Igi Anversa. Due anni dopo, papà mi portò con sé a una fiera a Monaco di Baviera: lì mi imbattei per la prima volta nei meccanismi degli orologi e me ne innamorai. Fu come se quelle ruote mi venissero incontro e mi indicassero la strada. Decisi di voler diventare orologiaia. Piano piano ho cercato di capire come arrivarci».

Dunque non hai imparato il mestiere in famiglia…
«No. Papà è orafo e gemmologo, mamma cura l’amministrazione, e sono entrambi periti del Tribunale di Bologna. Ho uno zio orologiaio, concessionario di vari marchi a Casalecchio; ma ha 16 anni più di mio padre (oggi ha 80 anni) e non ha potuto farmi da maestro».

Quindi ti sei messa a studiare.
«Purtroppo in Italia non esiste una scuola che dia il diploma in orologeria. Ho chiesto ai colleghi se conoscevano orologiai che potessero insegnarmi il mestiere e così sono andata “a bottega” in due negozi di Bologna. Poi ho frequentato la Scuola Professionale Orologiai di Torino, dove ho preso l’attestato di tecnico orologiaio, e ho seguito un corso privato a Brescia. Penso che non finirò mai di studiare, perché quando apri un orologio ne trovi sempre una nuova».

Ricordi il primo calibro riparato?
«Quando cominci ad avvicinarti ai movimenti è tutta teoria: devi prima capire a cosa serve ciascuna ruota. Ci vuole tempo prima di riuscire a riparare un orologio tutto da sola. A me è capitato per la prima volta un paio di anni fa: era un Longines, o forse uno Zenith, a carica manuale».

Oltre ai gioielli (quasi tutte creazioni di Andrea Baiardi), il negozio di famiglia ha iniziato a vendere orologi di secondo polso…
«Una novità che ha richiesto il trasferimento dalla piccola bottega in vicolo Santa Lucia, vicino alla famosa Aula Magna dell’Università di Bologna, a una più grande in via Saragozza, di fronte a Palazzo Albergati, zona molto frequentata dai giovani».

Come siete riusciti a posizionare il negozio di famiglia, ormai storica gioielleria, anche come orologeria?
«Abbiamo attivato vari canali. A cominciare dal passaparola. Mio padre ha iniziato a dire ai clienti: “Mia figlia ha finito gli studi. Se avete bisogno, è disponibile per riparazioni o revisioni di orologi”. Così abbiamo cominciato a lavorare. Il vero boom è arrivato tre mesi fa, quando ho aperto la pagina Instagram e ho iniziato a divertirmi pubblicando notizie utili. E a mostrare i movimenti mentre li riparo, spiegando cosa faccio. È piaciuta la sincerità del mio lavoro. La gente ha subito iniziato a contattarmi, e dai social è arrivata in negozio».

Nel frattempo sei passata anche in radio…
«È nato tutto un po’ per caso un po’ per gioco. Io ascolto da sempre Radio Deejay. Un giorno, durante una puntata del programma Say Waaad, parlavano di un famoso rapper fotografato per la copertina di un giornale con un orologio al polso, e hanno detto un paio di cose sull’orologio in questione. Io sono intervenuta su WhatsApp commentando “Ben detto, parola di orologiaia”. Mi hanno chiamata dallo studio per un’intervista di 5 minuti: avevo aperto la pagina Instagram da tre giorni e, inaspettatamente, l’ho pubblicizzata. Una seconda volta ho partecipato al sondaggio del sabato pomeriggio Cosa state facendo, e ho risposto: “Lavoro, perché noi orologiai lavoriamo anche il sabato”. Mi hanno telefonato di nuovo per farmi raccontare il mio lavoro. È andata così, senza alcun investimento pubblicitario».

Hai clienti giovani?
«Tanti. I trentenni sono molto interessati al secondo polso. Arrivano da noi con il passaparola e anche grazie al posizionamento strategico del nuovo negozio.

Qual è la spesa media di un giovane per un orologio vintage?
«La fascia di prezzo più richiesta è quella tra i 1400 e i 2000 euro».

I clienti più adulti sono restii a far riparare un orologio da una giovane donna?
«Devo dire che mi è capitato pochissime volte. È vero che tutti pensano che gli orologiai siano soprattutto uomini, però l’orologio è femmina (in francese si dice “la montre”, ndr). Oltretutto, nelle aziende svizzere i lavori più minuziosi, quelli che richiedono maggiore precisione, sono affidati a donne. Forse questo in Italia si sa poco. Però devo dire che se è vero che siamo ancora pochissime a praticare il mestiere, è anche vero che le donne sono sempre più interessate agli orologi, come acquirenti anche di modelli tradizionalmente maschili».

Hai difficoltà a trovare maestri?
«Per fortuna ho una rete di persone fidate a cui rivolgermi quando ho bisogno di aiuto. Spero di riuscire a cavarmela sempre meglio e magari, un giorno, diventare riparatore ufficiale di qualche marchio».

L’obiettivo di Irene Baiardi per i prossimi anni?
«Continuare a lavorare, creare un laboratorio più professionale possibile… E divertirmi con il mio lavoro, mentre investo sul mio futuro».