Storia e storie

L’orologio di Talacia: dalle stalle alle stelle

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Durante le mie quotidiane peregrinazioni in rete, alla ricerca di materiali d’archivio, testi e immagini, molti anni fa mi sono imbattuta in un segnatempo che non può che essere definito come un vero unicum: l’orologio di Talacia.
Si tratta di un grande orologio astronomico, lungo circa 4 metri, interamente costruito con parti di recupero e studiato, attorno al 2007, dai ricercatori del Museo degli Usi e Costumi della Gente di Romagna di Santarcangelo di Romagna. Si trova attualmente rimontato e posto in esposizione nella sacrestia della chiesa di San Martino in Riparotta, in provincia di Rimini.

L’incredibile oggetto, che sembrava uscito da un racconto di fanta-orologeria, mi aveva incantato. Non avevo potuto resistere neppure un momento: mi ero messa in contatto con il Museo e con la gentile dottoressa Federica Foschi (che colgo qui l’occasione per nuovamente ringraziare). Studiosa di questo incredibile manufatto, era autrice di un godibilissimo volumetto, intitolato appunto L’orologio di Talacia ed edito per i tipi del Museo stesso. Avevo così appreso quanto sto per condividere in queste righe: la storia di un uomo, di un orologio e di un sogno, che sarebbe piaciuta a Federico Fellini. Ma andiamo con ordine.

Tàlacia, al secolo Gennaro Angelini

È il 1872 quando nella casa colonica di San Martino in Riparotta nasce Gennaro Angelini, detto Talacia. Primo di sei figli, contadino, figlio di contadini, la sua famiglia da generazioni – alcuni dicono da due secoli, altri da ancor prima – si occupava di coltivare le proprietà agricole della locale parrocchia. Visse nella casa natale sino al 1956, ultimo anno della sua esistenza terrena.

Talacia, per dirla con Leonardo, è omo sanza lettere: la sua formazione scolastica canonica termina con la seconda elementare. Ma il suo vivo ingegno, la sua capacità di apprendere e comprendere non sono comuni. Alterna il lavoro dei campi alla costruzione di arnesi e utensili, inventa e costruisce macchine che aiutino nei lavori ripetitivi: filatoi per la canapa e la lana, rastrellatrici, una pigiatrice automatica per l’uva, perfino un biroccio. Impara da solo a suonare la fisarmonica, con la quale allieta, in cambio di qualche soldo, le feste nella vicina Bellaria.

Carattere solare, amato da tutti, ingegnoso e generoso, Angelini è una figura di quel mondo contadino scomparso definitivamente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel piacevole volume di Foschi, il personaggio rivive nel ricordo delle testimonianze raccolte attraverso le interviste agli anziani che lo avevano personalmente conosciuto.

L’orologio di Talacia

Angelini però dedica tutta la sua vita, nelle ore libere strappate al sonno e nei momenti in cui la campagna riposa, alla realizzazione del suo grande, unico sogno: la costruzione di un orologio astronomico che potesse segnare tutto. Tutto cosa? Tutto ciò che nella sua mente potesse essere correlato al tempo, in senso lato.

Fu così che per oltre un quarto di secolo, dal 1925 al 1950, nella sua casa, pezzo dopo pezzo nacque e crebbe un orologio che sembra uscito dal mondo onirico di Salvador Dalí. Dai cui quadranti istoriati con scritte grezze si affacciavano ore, minuti, mesi, giorni, stagioni, fasi lunari, santi e ricorrenze, accompagnati dall’immancabile suoneria, il tutto azionato da un sistema di pesi che quotidianamente andavano ricaricati.

Il poco provento del lavoro dei campi bastava a malapena a sopravvivere. Angelini non poteva comprare materiali di alcun tipo, per cui si arrangiò recuperando tutto il recuperabile: legno, metallo, catene, corde, ingranaggi e tiranti inservibili trovarono nuova vita. E, grazie al suo ingegno, si tramutarono in parti di un meccanismo complesso e funzionante.

Tempi duri

Autodidatta, intelligente, curioso, Talacia compì uno sforzo sovrumano per addentrarsi, coi suoi modestissimi mezzi culturali, nel mondo dell’orologeria. Non a torto mostrava il suo capolavoro con l’orgoglio di chi ha realizzato una cosa unica al mondo.
L’orologio di Talacia crebbe, anno dopo anno, nella stalla: al di sopra delle teste degli animali si muovevano pesi, contrappesi e lancette, cui periodicamente venivano aggiunti altri elementi e ulteriori complicazioni.

Venne la guerra, la fattoria fu danneggiata ma, quasi per miracolo, la stalla fu risparmiata. Nei momenti dello sbando, giunsero in casa Tedeschi e Americani, ma per tutti la vista dell’orologio di Talacia fu come una fulminazione. I vecchi narrano di come addirittura un ufficiale tedesco avesse posto un cartello sulla porta della stalla, indicandola come spazio “proibito” all’accesso ai suoi commilitoni, nel timore che potessero rovinare l’orologio.

Oggetto di interesse da parte dei media dell’epoca, l’orologio di Talacia comparve perfino in un documentario dell’Istituto Luce, oltre che in numerosi brevi echi di cronaca sulla stampa locale, che parlavano di questo Leonardo contadino e del suo complicatissimo congegno.

L’esemplare sopravvissuto

Cambiano i tempi, cambiano le vite delle persone. I discendenti di Talacia lasciano la vita rurale e si trasferiscono a Rieti, portando con sé – fortunatamente diremo noi – l’orologio, per porlo in salvo. Dalla loro generosità derivò la donazione al Museo Etnografico, i cui esperti hanno provveduto alla ricostruzione del meccanismo e alla collocazione nella Sacrestia della Parrocchia di San Martino in Riparotta, pur mantenendone la proprietà e la responsabilità, in termini di studio e conservazione.

Oggi l’orologio di Talacia non è funzionante, dato che, naturalmente, non esiste alcuna documentazione a corredo. Servirebbe un mecenate pronto a sponsorizzare il lavoro di ricostruzione, di reverse engineering, necessario preliminarmente a qualsiasi intervento volto a rimetterlo in movimento, senza contare il restauro vero e proprio.

Angelini aveva calcolato ruote e quadranti perché segnassero correttamente il tempo, in tutti i suoi aspetti, per 3500 anni avanti, a Dio piacendo. Ma segretamente per tutta la vita studiò il modo di poter eliminare il quotidiano impiccio della ricarica manuale. Sognava, infatti, di scoprire il segreto del moto perpetuo. E lasciò questo mondo con l’intima convinzione di essere solo a un passo dalla fondamentale scoperta.