Presso il pubblico italiano la birra Guinness è notissima, da molti anni. Associata alla caratteristica etichetta con l’arpa celtica, è la più celebre tra le bevande irlandesi sbarcate sul suolo italico, dal colore scuro e dal caratteristico sapore intenso, inconfondibile.
Può sembrare strano sentire parlare di un Guinness clock. In Italia pochi conoscono una storia vera, che per oltre vent’anni fece associare nel mondo anglosassone le icone di questa birra al mondo dell’orologeria, per di più in una curiosa chiave umoristica.
L’ironico circo di Gilroy
Sin dagli anni Trenta del secolo scorso, Guinness aveva scelto, come testimonial iconografici della propria pubblicità, una serie di divertenti personaggi: gli animali di un immaginario zoo pazzerellone e il loro strambo guardiano. Manco a dirlo, tutti gli animali andavano matti per la Guinness. Cercavano in ogni modo di rubare le preziose bottigliette e le sottraevano al povero guardiano, che lottava disperatamente per salvaguardare le scorte a lui assegnate.
Le fattezze dei personaggi furono disegnate da un cartoonist, John Gilroy. Pochi lo sanno, ma Gilroy fece una parodia di sé stesso proprio ritraendosi nei panni del guardiano dello zoo, con humour prettamente britannico.
Da semplici cartoon e poster bidimensionali, nei difficili anni del secondo Dopoguerra i personaggi divennero protagonisti di un curioso, grande orologio promozionale, noto appunto in tutto il mondo come Guinness Clock. Una sorta di giostra animata che il produttore della celebre bevanda installava nelle prime fiere di un mondo tutto da ricostruire, per attirare l’attenzione e promuovere la vendita dei propri prodotti.
Il Guinness Clock
Al nostro sguardo smaliziato l’idea potrebbe far sorridere, ma il pubblico irlandese dei primi anni Cinquanta trovò la cosa divertentissima. A tal punto che tutte le manifestazioni popolari cui la Marca di birra presenziava facevano a gara per assicurarsi la presenza del Guinness Clock. La coloratissima giostra-orologio allo scoccare di ogni quarto d’ora si animava, davanti allo sguardo divertito di grandi e piccini, con un putiferio di rumori e movimenti.
Gli automi che rappresentavano lo scanzonato zoo divennero così la massima attrazione di ogni evento di piazza. Tra i personaggi primeggiavano per simpatia il celebre tucano e lo struzzo, che ingoiava il bicchiere tutto intero (ben visibile all’interno del lungo collo), rincorsi e minacciati dal povero guardiano. Suoni, scampanii, sirene rendevano impossibile non accorgersi della presenza del Guinness clock: questo strano trabiccolo, dall’aria circense, era alto circa otto metri.
All’interno della fantasmagorica costruzione si trovava una macchina complessa, azionata elettricamente, basata su nove motori principali e tre orologi elettrici sincroni. L’aveva ideata nel 1951 Martin Pick, allora Direttore marketing di Guinness ma con un background meccanico ed elettrotecnico. L’orologio pilota, elettrico, governava una serie di automi elettromeccanici in corrispondenza degli istanti prefissati per gli show, tipicamente ai 15 minuti di ogni ora. Ogni spettacolino aveva durata di poco inferiore ai cinque minuti.
Lo show
La sequenza delle animazioni era la seguente. Allo scoccare del quarto d’ora sbucava il guardiano dello zoo, agitando una campanella. Intanto, con l’aiuto di amplificatori, si diffondeva la musica di sottofondo che accompagnava tutto lo spettacolo. Compariva quindi il tucano, che si muoveva e cantava sotto uno strano albero, il Guinness Time Tree, dalle foglie formate da altrettanti orologi da tasca sui cui quadranti comparivano le lettere della scritta Guinness Time.
Seguiva lo struzzo, che usciva dal camino dell’assurda casetta ostentando il collo ostruito visibilmente dal bicchiere rubato. Ogni personaggio era caratterizzato da movimenti e suoni peculiari. Dopo lo struzzo, era la volta del Cappellaio Matto, che si affacciava da una finestrella della torretta con una canna da pesca e cercava di catturare un pesce nel pozzo sottostante. Quando finalmente il pesce abboccava all’amo, mentre la lenza si sollevava, si scopriva che il pesce era contenuto in un altro pesce e così via, per un totale di quattro prede, una dentro l’altra.
Alla sommità del teatrino si apriva alla fine una sorta di grande ombrellone, a petali, che iniziava a ruotare. Appesi sotto le stecche, altri celebri personaggi della Guinness cercavano disperatamente di non cadere, trascinati in un moto vorticoso.
Terminata la propria apparizione, ogni personaggio scompariva. Alla fine dello spettacolino, restava solo il grande Guinness clock, dal ticchettio amplificato, che segnava il tempo su un quadrante attorniato sempre dalle figurine dei vari protagonisti delle pubblicità, ritratti come segni dello Zodiaco. Senza pretese astronomiche ma puro elemento decorativo.
Il Guinness Clock si moltiplica
Pensato quasi per scherzo, il Guinness Clock ben presto si rivelò uno strumento di vendita fenomenale, al punto che l’azienda dovette costruirne altre copie, di cui alcune di dimensioni ridotte, in scala, reingegnerizzate per permetterne uno smontaggio e rimontaggio più facile.
Le pressioni dei committenti e il numero di richieste aumentavano continuamente e giunsero persino da Oltreoceano. Alla fine degli anni Cinquanta, due Guinness clock erano regolarmente esibiti nelle manifestazioni statunitensi, mentre altri due si spostavano tra Inghilterra ed Irlanda.
Non solo. Il successo del Guinness Clock diede luogo ad un’altra creazione: il Guinness Time Piece, confuso spesso con il suo predecessore. Più complesso e ricco di animazioni, era costituito da tre moduli che pesavano complessivamente circa quattro tonnellate ed erano trasportati in un rimorchio stradale, per essere riassemblati a destinazione.
Diversa la scenografia prescelta: sui quattro lati la Guinness veniva rappresentata come la bevanda ideale in tutte le quattro stagioni dell’anno. I personaggi erano i consueti, ma il direttore dello zoo cercava di inseguire i diversi animali che, dopo avergli rubato la preziosa bottiglietta, se la passavano di mano in mano. E il trafelatissimo omino, naturalmente, non riusciva mai a riagguantarla.
Presentato il 9 giugno 1959 in occasione del Festival Party, tenutosi nei Battersea Pleasure Gardens per il bicentenario della Guinness, il Guinness Time Piece divenne anch’esso itinerante. Tuttavia per la sua struttura risultò particolarmente sensibile alle raffiche di vento, e richiese quindi la costante presenza di un tecnico per garantirne il funzionamento in piena sicurezza.
The end
Le esigenze di un mercato ormai caratterizzato dal Boom economico degli anni Sessanta, la scelta di innovare l’immagine a livello marketing e una nuova politica promozionale fecero tramontare nel 1966 la fama del guardiano dello zoo e dei suoi animali. I celebri Guinness clock furono tutti smantellati, con grande rammarico degli appassionati. Solo poche immagini d’epoca restano a testimoniare quello che – se non fu certo un capolavoro meccanico – sicuramente fu un indimenticabile trionfo del marketing, con un orologio per protagonista.