In molti ambiti l’orologeria è stata innovatrice, nel corso dei secoli. Basti pensare ai concetti di intercambiabilità dei componenti, o di controllo di qualità introdotti dai Maestri ginevrini nel Settecento, o all’adozione delle ore di uguale durata, nel mondo del lavoro. Quanti di voi hanno mai pensato al fatto che gli orologi siano stati alfieri dell’idea di politically correct? Vi sembra strano? Per capirci meglio, vi racconto l’interessante storia dell’orologio della Torre di Trento, che potremmo definire emblematica.
Ore pubbliche, ore del potere
Torniamo indietro nel tempo, al tardo Medioevo, un’epoca in cui avere un orologio personale era cosa da re o da ricchissimi. Le comunità, che fossero religiose o laiche, dovevano regolarsi sull’esemplare comune: chi governava, che fosse abate, vescovo o signore del luogo, metteva il proprio a disposizione di tutti. In funzione degli usi locali e del governante del momento, le regole per indicare il tempo non erano sempre le stesse e l’orologio, di necessità, doveva adeguarsi. Cioè uniformarsi alle abitudini, omologarsi alle consuetudini del potere costituito e dei potenti di turno. Se non è politically correct questo…
L’Hora Italica
La prima notizia certa dell’esistenza dell’orologio della Torre di Trento, posto appunto sulla Torre di Piazza, risale al 1448. A quei tempi sul quadrante c’era la sola lancetta delle ore, e le ore erano 24: da I a XXIIII, secondo la consuetudine dell’Hora Italica. L’analisi degli archivi, che io stessa ho condotto molti anni fa, aveva portato alla luce contratti in cui al povero temperatore, incaricato dalla città di mantenere l’orologio carico e ben funzionante, toccavano mille altri doveri. Una vita da schiavo, o quasi.
Ma se in quel di Trento, come in gran parte della Penisola, le ore del giorno si contavano da 1 a 24 e iniziavano al tramonto, altrove era diverso. In altre Nazioni il giorno era composto da due sequenze di 12 ore: 1-12, 1-12, con inizio alla mezzanotte. Proprio come succede oggi, nei tradizionali orologi da polso analogici o in quelli che troviamo ovunque intorno a noi.
Le ore oltramontane
Dato che il sistema si usava al di là delle Alpi, nelle nostre regioni si faceva riferimento alle ore in 12 come alle “ore oltramontane“. Per un francese, o un fiammingo, sentir suonare 23 rintocchi nel tardo pomeriggio sarebbe risultato incomprensibile. Siamo verso la metà del Cinquecento: Trento diviene, in epoca di grandi sommovimenti religiosi, sede del celebre Concilio Tridentino. Cardinali e porporati di tutta Europa sono in città, e – per rispetto verso tali illustri ospiti – visto che il vecchio orologio della Torre di Piazza era andato fuori servizio, si decide di acquistarne uno nuovo. Il nuovo orologio, datato 1545, avrà ancora il quadrante in 24 ore, ma le segnerà dalla mezzanotte. E la suoneria sarà sdoppiata, con la ribotta.
Quindi allo scoccare dell’ora, la prima volta la campana suonerà i rintocchi in base 24, ma un minuto dopo li ripeterà in base 12. Per esempio alle 19 “oltramontane”, per dirla in termini attuali, verranno prima suonati 19 colpi, e un minuto dopo ne verranno suonati 7. La cosa era un segno di cortesia, politically correct, verso le tante eminenze straniere presenti per l’importantissimo evento ecclesiastico.
L’orologiaio autore del nuovo esemplare, un certo frate Francesco da Lecco, conosceva l’uso oltramontano perché Milano e il suo Ducato erano passati sotto la dominazione spagnola, e le ore nella città lombarda erano ormai contate secondo l’uso dei nuovi padroni.
Orologio dopo orologio
L’orologio del frate lecchese non doveva essere di grande qualità, se una quarantina d’anni dopo ci si trovò costretti a sostituirlo con uno di analoghe caratteristiche, dal punto di vista della suoneria. Arriviamo così all’inizio del Seicento: in piena Controriforma, con la Chiesa di Roma che ben sa quanto sia importante, da un punto di vista politico, mostrare e dimostrare, in tutti i modi, il proprio controllo sui territori di fede cattolica.
A Roma si è diffusa l’usanza di suonare le ore in base 6: le cosiddette ore alla romana, così tipiche nei quadranti degli orologi del territorio dell’antico Stato della Chiesa. A Trento non si possono ignorare le calde raccomandazioni del Papa, per cui ecco che nel 1610 Michele da Terzolas, orologiaio trentino, riceve l’incarico di modificare la suoneria dell’orologio esistente. Anziché in 24, con ribotta in 12, l’orologio doveva suonare in 12, con ribotta in 6. E con ogni probabilità anche il quadrante sarà stato ridipinto in 12 e la lancetta delle ore avrà compiuto il suo giro due volte al giorno. In omaggio al Santo Padre.
Il nuovo orologio della Torre di Trento
Gli interventi di rifacimento non sono mai eventi privi di rischi, soprattutto nell’orologeria monumentale, in cui sono in gioco forze, sforzi e sollecitazioni notevoli in meccanismi esposti a condizioni ambientali difficili. Nonostante l’impegno del buon Michele, l’orologio “adattato” al volere della Chiesa cessa di funzionare. E sarà sostituito nel 1643.
Gli archivi sono parchi di informazioni, al di là delle solite note contabili per le manutenzioni ordinarie. Ignoriamo il nome dell’autore della nuova macchina oraria, che però sembrerebbe aver funzionato fino alla metà del XIX secolo.
Il mondo cambia, gli orologi si adattano
Nel frattempo, Napoleone è passato come una meteora, l’Europa ha stabilito nuovi assetti e Trento, pur se sempre cattolica, è comunque entrata ufficialmente a far parte dell’Impero d’Austria e Ungheria. Il nuovo esemplare, quindi, secondo l’uso dell’orologeria di ambito tedesco, non si limiterà a suonare le ore, ma dovrà anche battere i quarti, come si usava in Germania.
Siamo ormai dopo il 1860: il nuovo orologio della Torre di Trento, realizzato da un maestro locale, Carlo Zanoni, suonerà anche i quarti e avrà le lancette – ore e minuti – secondo la consuetudine antica tedesca. In che senso? Nel senso che la lancetta lunga avrebbe segnato le ore e la più corta i minuti. Un uso per noi totalmente alieno, ma che ancora sopravvive in antichi segnatempo di quella cultura.
Qualche volta, l’orologio è profetico
Le lancette del buon Zanoni, dette “all’antica” nei documenti, verranno – senza fornire spiegazioni, curiosamente – fatte sostituire nel 1904 con una nuova coppia, in cui però quella lunga segnerà i minuti e quella corta le ore. Normalmente, diremmo noi.
Si avvicinavano i tempi della Prima Guerra Mondiale, della caduta dell’Impero dell’Aquila Bicipite. L’orologio della Torre di Trento, sempre così politically correct, finì con l’essere addirittura profetico, portandosi avanti per essere già allineato con i nuovi venti del potere e del mondo che sarebbe cambiato di lì a poco.