Oggi parliamo della misura del tempo, ossia la cronometria, come piacerebbe agli antichi Greci: sfida eterna e mai completamente vinta, affrontata da tutti i più grandi maestri dell’orologeria. Un esempio di come ci si possa davvero accostare a qualcosa di ideale, ce lo dà un esemplare che si porta in grembo una definizione pretenziosa ma, dati i risultati, ben riposta: Optimum. Il Chronomètre Optimum di F.P.Journe non è nuovo agli appassionati – è stato introdotto sul mercato anni addietro -, ma i suoi contenuti sono talmente eccezionali da rappresentare in concreto l’idea stessa di cronometria. Risulta allora indispensabile approfondirne la conoscenza.
Il concetto di cronometria
Alle radici della sfida tecnica c’è un concetto basilare: riuscire a scomporre l’intangibile tempo che scorre in frazioni, che rimangano nonostante tutto costanti (o isocrone, sempre per far piacere all’antica Ellade). Considerando che l’unità di misura del tempo, ovverosia il secondo o minuto secondo, è definito come un multiplo dal valore improponibile del periodo di oscillazione di un atomo di Cesio (ci venga perdonata la semplificazione), potete ben capire quale sia la difficoltà nel riproporre, in un orologio meccanico, qualcosa che assomigli il più possibile a questo fenomeno fisico.
Eppure… eppure addentrandosi nelle soluzioni adottate nel Chronomètre Optimum, anche l’atomo di Cesio di cui sopra potrebbe idealmente togliersi il cappello. Del resto, quando si parla di François-Paul Journe, almeno due cose sono chiare: uno, quando il genio nativo di Marsiglia si mette in testa una cosa, difficilmente sbaglia; due, molto spesso consegue obiettivi che i più classificherebbero, per così dire, “dal difficile in su”. E se ne ha una prova proprio nel Chronomètre Optimum.
Il calibro 1510: il remontoir d’égalité
Cassa tonda disponibile in platino o in oro rosso, 40 o 42 millimetri di diametro, e un’immagine che non lascia dubbi. Con le particolari lancette e le sinuose linee curve – vero e proprio marchio di fabbrica della Maison – che raccordano il quadrante decentrato di ore e minuti e il contatore dei piccoli secondi. La parte inferiore del quadrante è riempita dall’indicazione dell’autonomia, che è di circa 70 ore, mentre l’unica concessione a linee rette e spigoli è data dal ponte che supporta il volano del remontoir d’égalité, visibile nella parte superiore sinistra.
Da questa finestra entriamo letteralmente nel movimento: il calibro di manifattura 1510, a carica manuale, fabbricato principalmente in oro, rosa in questo caso. Andiamo allora ad analizzare il sopra citato remontoir d’égalité (d’une seconde per la precisione). Questo meccanismo, brevettato, consente di fornire allo scappamento, ossia a uno dei componenti fondamentali dell’organo regolatore, una forza motrice costante, e di ricaricare lo stesso scappamento in un brevissimo periodo attraverso la molla principale. Ciò permette al bilanciere di “non sbagliare un colpo” e di compiere, di fatto, sempre oscillazioni isocrone. Oltre a ciò, il meccanismo è studiato per essere efficace indipendentemente dalla posizione del polso e quindi dell’orologio. Già qui ci sarebbe da applaudire, ma siamo solo all’inizio.
Le tecnologie del Chronomètre Optimum
Lo scappamento bi-assiale ad alte performance, che in lingua francese porta all’acronimo Ebhp, è un altro brevetto Journe, nonché un altro passo verso quella perfezione cronometrica, o meglio, quell’Optimum che ha guidato l’intero progetto. Si tratta di uno scappamento a impulsi diretti: ciò significa che le ruote trasmettono i loro impulsi direttamente all’asse del bilanciere evitando le possibili imprecisioni date da un doppio impulso – come accade ad esempio in uno scappamento ad àncora.
Questa realizzazione è inoltre l’unica in cui lo scappamento si avvia da solo, rendendolo adatto a un orologio da polso. Basato su una doppia ruota e senza necessità di lubrificazione, il rendimento di questo meccanismo è provato essere superiore alla maggior parte degli scappamenti esistenti. Un test di 50 ore di funzionamento ne ha mostrato una costanza pressoché assoluta.
Quale ulteriore contributo all’aumento della precisione di questo segnatempo, al bilanciere è stata associata una spirale piana con curva Phillips, che garantisce affidabilità e costanza di rendimento. Quando l’energia meccanica cala, il rischio è quello che le oscillazioni non abbiano un’ampiezza costante e quindi l’agognata precisione venga meno. Ma grazie alla collaborazione di scappamento, spirale e remontoir d’égalité, l’isocronismo è garantito ai massimi livelli per un periodo di 45 ore almeno.
Altro nemico giurato della cronometria è l’attrito, che deve essere ridotto al minimo per evitare di disperdere energie preziose, soprattutto quando la forza impressa dalla molla motrice si indebolisce avvicinandosi al termine della riserva di marcia. Per ovviare a questo problema, Chronometre Optimum è dotato di due bariletti montati in parallelo e due molle di carica, soluzione che rende minima l’azione della forza laterale sulla ruota intermedia e garantisce, in ultima istanza, una maggior stabilità al movimento dei ruotismi.
I secondi morti
Le sorprese non finiscono qui perché la vista dal fondello, oltre a mostrare la meraviglia delle lavorazioni che si alternano sulla platina perlata e sui ponti decorati a C
I secondi sono quindi scanditi attraverso un avanzamento che in questo caso avviene ogni 6 oscillazioni del bilanciere, ossia quelle che, in un movimento che compie 21.600 alternanze ora, vengono eseguite esattamente in un secondo. Per gli altri dettagli vi rimando alle didascalie. Concludo invece con una considerazione personale. Sin da quando l’ho visto per la prima volta, Chronomètre Optimum mi ha suggerito un aggettivo, che – dopo averne parlato e dopo esserci addentrati nei suoi “segreti” – mi sembra ancora più azzeccato: emozionante.