Ci sono persone per cui il tempo di una vita è sicuramente troppo breve. Spesso geniali, ma insieme poliedriche, sembrano riuscire con altrettanta facilità in ogni campo. Si fatica a credere che abbiano potuto compiere tutto quello che, documentatamente, hanno realizzato.
È questo sicuramente il caso di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, genio francese del XVIII secolo. Figlio di André-Charles Caron, già orologiaio famoso, nasce a Parigi il 24 gennaio 1732. Come spesso accadeva, le attività artistiche o artigiane si tramandavano di padre in figlio: Pierre-Augustin Caron dimostra subito un intelletto vivo e un innato talento per l’orologeria, tanto che a vent’anni inventa addirittura un nuovo tipo di scappamento, detto a doppia virgola.
Una brutta avventura
Il padre Pierre era appunto orologiaio di chiara fama, inventore, fra l’altro, della lavorazione scheletrata dei movimenti degli orologi da tasca. Nella sua bottega parigina si incontravano nobili, accademici e altri grandi maître horloger dell’epoca. Proprio a uno di loro, Jean-André Lepaute (1720/1789), il giovane Pierre-Augustin mostrerà i disegni e illustrerà i vantaggi della propria creazione, lo scappamento a doppia virgola, con l’entusiasmo del giovane inventore. Lepaute è maggiore per età, orologiaio del Re, uno dei massimi esponenti dell’orologeria francese di tutti i tempi: sarà l’autore di alcuni dei più famosi trattati di orologeria dell’epoca.
Purtroppo, il genio non implica necessariamente l’onestà intellettuale: Lepaute ruba l’idea dello scappamento a doppia virgola e la presenta al Re, attribuendosene la paternità. Pierre-Augustin Caron è giovane, ma combattivo: presenterà una memoria alla celebre Académie des Sciences e sosterrà tanto bene le proprie ragioni da risultare vincitore. Vedrà giustamente attribuita a sé l’invenzione e – soprattutto – rimpiazzerà l’infido Lepaute, divenendo il nuovo Horloger du Roi.
Una rapida ascesa
Grande orologiaio, abile commerciante, buon arpista, conversatore affascinante: a Parigi, la stella di Pierre-Augustin Caron brilla tanto da sposare nel 1756 una ricca vedova, che oltre a una cospicua dote gli porterà anche un titolo nobiliare, legato a un piccolo feudo di famiglia. Caron diventa quindi, per tutti, Caron de Beaumarchais.
Produce orologi di alta qualità, gli affari vanno bene: il successo e un talento personale nelle pubbliche relazioni gli aprono le porte di nuove opportunità. Mercante intraprendente, con l’occasione dei viaggi esercita nello stesso tempo un’attività molto delicata: spionaggio, per conto prima di Luigi XV e poi di Luigi XVI. Inizia a frequentare l’ambiente della finanza: scopre un nuovo mondo. S’interessa quindi di politica: tra un quadrante e uno scappamento, prende parte ad azioni di intelligence nella Guerra di Indipendenza americana.
Caron de Beaumarchais: tecnico, politico e letterato
Caron de Beaumarchais resta vedovo, si risposa e rimane nuovamente vedovo in breve tempo. In questa vita rocambolesca – e ci si domanda come – trova il tempo di scrivere. Non un diario, o un testo di orologeria: si dedica al teatro. Le sue prime opere teatrali sono drammi, buoni ma non eccellenti. Saranno le commedie quelle che, da sole, basteranno ad assicurargli imperitura memoria.
Beaumarchais sembra passare dalla penna del letterato al tornio da orologeria senza alcuno sforzo, sempre generando capolavori, magari trafficando armi e spiando – en passant – per il bene della Patria.
Forse vi domanderete perché mai Caron de Beaumarchais fosse un letterato di fama: tra i suoi lavori teatrali, che al tempo erano celeberrimi, spicca fra tutti la trilogia delle Nozze di Figaro. Dalle sue narrazioni delle avventure di un barbiere spagnolo nasceranno l’omonima opera di Mozart, attraverso il libretto di Da Ponte, e il Barbiere di Siviglia, di Gioacchino Rossini, su libretto di Sterbini.
E gli orologi?
La bottega prosegue a gonfie vele, tanto che Pierre-Augustin può acquistare tutti i diritti d’autore di Voltaire, da poco scomparso. Diventa editore: pubblicherà l’opera completa del filosofo francese (anch’egli fra l’altro interessato agli orologi, come imprenditore), in un’edizione di grande qualità.
Non dimenticando di essere orologiaio, accoglie in bottega un giovane che sembra molto promettente: è un certo Jean-Antoine Lépine, che con il suo celebre calibro, e non solo, diventerà un altro grande dell’orologeria francese. Nei fatti, il talento di Caron de Beaumarchais trova in Lépine il suo degno successore: lo vorrà come socio e gli darà in sposa una delle proprie figlie, preferendolo ai propri stessi figli.
Un destino amaro
A partire dal 1770, però, la buona stella di Beaumarchais sembra offuscarsi. Coinvolto nelle fasi preliminari della Guerra d’Indipendenza americana, prima del coinvolgimento ufficiale della Francia, finanzia personalmente l’invio di armi agli insorti. La spesa non gli verrà restituita, la sua proverbiale ricchezza è ridotta a poca cosa. Conosce l’umiliazione del carcere, è coinvolto in contenziosi giudiziari.
Non servono a molto i trionfi teatrali, a Parigi e a Londra, né il fatto che nel 1778 sarà incaricato di condurre le trattative per arrivare alla firma del Trattato di Amicizia tra la Francia e i neonati Stati Uniti d’America. È in corrispondenza con Benjamin Franklin – quello del parafulmine, anch’egli abilissimo orologiaio, tra l’altro – e con politici e intellettuali del più alto rango.
Anche se dalle sue commedie traspare una satira verso i privilegi dell’aristocrazia, la Rivoluzione Francese non gli sarà favorevole. Dovrà andare in esilio, ricorrere a sotterfugi per avere salva la vita e riuscirà a tornare a Parigi solo nel 1796. Morirà nella Ville Lumière nel 1799: riposa, come gli altri grandi della sua Terra, al cimitero del Père-Lachaise.