Nel mondo antico, prima della diffusione degli orologi meccanici, si utilizzavano altri metodi di misura del tempo. Fu con ogni probabilità in Estremo Oriente che si pensò agli orologi a incenso. Come è noto, alla base di un sistema di misurazione del tempo è necessario avere un fenomeno di riferimento, che si sviluppi con la massima regolarità. Che si tratti di una molla che si svolge, di un peso che scende, della sabbia che passa da una parte all’altra di una clessidra, la parola d’ordine è regolarità.
Altri metodi
Oggi ci dedicheremo ad analizzare una tipologia di segnatempo a combustione che non ebbe un corrispondente occidentale. Fin dai tempi più remoti, si era notato che in condizioni ambientali stabili i bastoncini di incenso, di diametro regolare, bruciavano a velocità praticamente costante. Perché, quindi, non misurare il tempo per mezzo di orologi a incenso?
Prima di analizzare questo metodo, però, ricorderemo brevemente altri sistemi, ben noti in Occidente e di cui ci parlano gli antichi documenti. Il più ovvio si serviva delle candele, che bruciavano e si accorciavano. Sul corpo in cera, lungo l’asse verticale, riportavano delle tacche. Man mano che la cera si consumava, la tacca corrispondente alla lunghezza corrente indicava quanto tempo fosse trascorso dall’accensione.
Vi furono poi le lucerne a olio, alimentate da un piccolo contenitore verticale a fiala, graduato. L’olio diminuiva con il passare del tempo e la tacca corrispondente al livello, che man mano scendeva, dava un’idea del tempo passato. In mancanza anche di questi strumenti elementari, soprattutto nei monasteri, non restava che la recitazione di preghiere e invocazioni – sperando che il ritmo dell’orante fosse il più possibile regolare…
La nascita contesa degli orologi a incenso
Tra i massimi esperti di misura del tempo con l’incenso vi fu il professor Silvio Bedini (1917/2007), studioso di origini italiane che per anni diresse il Museo di Storia e Tecnologia (oggi Museo Nazionale di Storia Americana) dello Smithsonian Institution di Washington. Bedini dedicò a questi strumenti un celebre volume: The Trail of Time (Cambridge University Press, 1994).
Gli storici non sono concordi sul luogo di nascita degli orologi a incenso. C’è chi li vuole provenienti dall’India e solo in un secondo tempo giunti in Cina, per poi approdare in Giappone. Altri, tra cui lo stesso Bedini, propendevano per un’origine cinese. Comunque sia, abbiamo tracce documentate del loro uso in Cina sin dal VI secolo d.C. Circa duecento anni dopo, comparvero anche in Giappone.
Due approcci diversi
Esistono diversi tipi di orologi a incenso, ma i principali sono sostanzialmente due. Molto scenografico, e dotato di segnale sonoro, il segnatempo detto “del dragone”. Un contenitore di forma molto allungata, simile al corpo di un dragone appunto, ospitava l’incenso nell’interno cavo. Al di sopra di questa sorta di lunga canoa, trasversalmente, si trovavano a distanza regolare e calibrata delle coppie di sfere di metallo, collegate tra loro da un filo di seta, a cavaliere. Man mano che l’incenso, acceso a un’estremità, arrivava esattamente sotto uno dei fili, lo bruciava. In quell’istante, le sferette cadevano in un bacile di metallo sottostante e il suono allertava i presenti che l’intervallo di tempo prefissato era trascorso. In genere gli orologi a incenso a forma di dragone sono vere opere d’arte, soprattutto se destinati a dimore imperiali o di personaggi di alto rango.
Completamente diverso, invece, il cosiddetto segnatempo “a labirinto“. Si tratta di un incensiere, di solito di forma geometrica, sormontato da un coperchio traforato. Internamente, lo spazio è suddiviso in uno o più vassoietti con una scanalatura dal tracciato complesso, quasi labirintico – da cui la denominazione. Lungo la “pista” così creata – dalla lunghezza notevole, proprio grazie all’intricato percorso – si comprimeva dell’incenso, a volte sequenziando tipi di aromi diversi in modo calcolato. Al trascorrere delle ore, quindi, cambiava il profumo diffuso e la posizione del punto di combustione corrente forniva visivamente all’osservatore un’idea di quanto tempo fosse passato dal momento dell’accensione.
Gli orologi a incenso, oggetti per collezionisti
Solo raramente gli orologi a incenso compaiono presso i mercanti specializzati e le aste internazionali. Al giorno d’oggi i pochi sopravvissuti si possono ammirare nei più importanti musei. Se ve ne siete già innamorati, un consiglio: studiateli con cura, perché sul mercato sono presenti numerose repliche, ormai anche datate. La prudenza non è mai troppa.