Concreto, realista e persino un poco audace. Tanto da aver accettato il ruolo di Ceo del brand di Le Locle. La cui stella Julien Tornare dovrà ora far brillare come un tempo
Un tempo era Harrods, oggi è Waterfront – Costa Smeralda. Poco importa perché location e sostanza non cambiano. Per la stagione estiva la banchina del Porto Vecchio di Porto Cervo, in Sardegna, cambia destinazione d’uso e si trasforma in un esclusivo mall a cielo aperto. Tra i pop-up store aperti fino all’8 settembre, da quest’anno, anche quello di Zenith (che ha colto l’occasione per il lancio di un Defy El Primero 21 Porto Cervo realizzato in soli 25 esemplari). Aria nuova per il marchio della stella, che dall’arrivo di Julien Tornare in veste di Ceo sta velocemente cambiando pelle. Perché e percome lo abbiamo chiesto a lui.
Distribuzione e prodotto, in che direzione volete andare?
In quanto alla distribuzione quando sono arrivato (dal 1° maggio 2017 n.d.r.) avevamo 841 punti vendita. Siamo scesi a 714 ma vorrei arrivare a circa 500/600. Stesso discorso per il prodotto. Parlando di numero di referenze, ai tempi di Thierry Nataf se ne contavano più di 800. Quando sono salito in carica ne erano rimaste circa 170. Ora siamo a 118, ma voglio scendere ancora perché il mio obiettivo è 100. A livello di collezioni c’era inoltre un po’ di caos per via di nomi che cambiavano, e la gente era confusa. Ora è tutto molto più semplice. Abbiamo quattro linee: Elite e Chronomaster che sono già ben affermate e che per me rappresentano il lato classico di Zenith. Sopra di queste, il Defy, una famiglia che incarna creatività, innovazione, spirito contemporaneo e che vedrà anche modelli di alta orologeria. E il Pilot, che considero anch’esso moderno nonostante il suo look vintage.
L’impressione è che si debba ricostruire un po’ anche il percepito della marca… Fino a un paio di anni fa Zenith era considerato un brand dal grande potenziale ma un po’ malato, e in cerca di una buona cura…
Proprio così. Diciamo che ora ci stiamo rimettendo. Siamo usciti dall’ospedale ma siamo ancora in convalescenza. Zenith è un grande brand con una storia importante alle spalle ma non posso che darle ragione, ha avuto qualche problema di salute. Qualcuno ha preferito definirlo una sorta di Bella Addormentata. Il mio compito è di prendere questo brand, la sua storia, il suo Dna, e di capitalizzare tutto questo. Portandolo nel XXI secolo senza però dimenticare il suo passato. Ciò che intendo fare è rimuovere la polvere, per renderlo cool e contemporaneo agli occhi dei clienti di oggi.
L’anno scorso avete stupito con il Defy Lab. D’accordo il discorso sull’innovazione, ma non pensa che così ci si allontani un po’ troppo dalle origini della marca?
No, e la ragione è semplice, siamo sempre all’interno del nostro Dna. Per me la storia di Zenith si può riassumere in due concetti: cronometria e precisione. Con il suo innovativo oscillatore siamo andati sostanzialmente a incrementare la precisione dell’orologio. Una direzione perfettamente in linea con il nostro spirito. Quando mi sono insediato, Mr. Biver mi ha chiesto se volessi utilizzare solo movimenti di manifattura. I nostri punti forti sono cronometria e precisione. Ecco perché questo nuovo sistema è coerente, magari fuori dagli schemi ma perfettamente in linea con la nostra filosofia.
Rumors dicono che state lavorando anche su un cronografo dotato del medesimo principio… qualche novità a riguardo?
Ci stiamo lavorando, effettivamente, anche se con tutta probabilità non lo vedremo quest’anno. Parlando di Defy Lab il mio obiettivo è quello di far sì che non venga percepito alla stregua di un orologio “concept”, di quelli che vengono realizzati solamente in un numero limitatissimo di esemplari. Perché paradossalmente fare una decina di pezzi è una cosa fattibile ma produrne centinaia è tutto un altro paio di maniche. Per questo motivo, parlando di Defy Lab, il mio primo vero obiettivo è quello di riuscire a lanciarlo entro la fine dell’anno in una serie di 200/250 esemplari. E solo dopo porteremo a compimento il cronografo.
Quindi la vera sfida sarà produrlo su larga scala?
Esattamente, e non è un caso che il modello si chiami Defy Lab. Perché chi lo compra, per me, si porta a casa un “pezzo” della nostra ricerca, quasi fosse un prototipo.
Pensa che questo nuovo sistema possa costituire il futuro dell’orologeria o, in maniera più realistica, una sorta di “nuova via” destinata a correre in parallelo con quella più tradizionale?
Penso che ci sarà spazio per entrambe. Credo realmente che sia un sistema molto interessante in quanto in grado di avvicinarsi in maniera incredibile alle performance fornite dal quarzo, ma non penso che ucciderà l’industria orologiera che conosciamo oggi. Proprio come Mr. Biver penso che molti altri brand possano essere interessati ad acquistare da noi questo sistema, perché non è solo preciso ma anche superiore in termini di manutenzione in quanto, non essendoci frizioni, non necessita di olio.
Intende brand del gruppo LVMH oppure…
Prima di tutto, naturalmente. Ma anche altri, siamo aperti a tutti. È un sistema che spingerà tutti a pensare oltre, e quindi sarà interessante anche per questo. Indipendentemente che intendano acquistarlo direttamente o meno