Si chiama Code 11.59 la nuova collezione di Audemars Piguet. Sobria e discreta, almeno a prima vista. In realtà potenzialmente esuberante, perché costruita con un’architettura modulare che consente di giocare con i materiali e le finiture. Fino a ottenere un’ampia serie di variazioni sul tema
“Ogni morte di papa” è una locuzione polirematica che in buona sostanza vuol dire molto, mooolto raramente. Ad esempio: Audemars Piguet lancia una nuova collezione ogni morte di papa. Tanto per capirci, l’ultima è la collezione Jules Audemars, nata nel 1999. Nemmeno un gran successo, a dirla tutta, visto che è riservata ai modelli classici di maggior contenuto tecnico. Ma Audemars Piguet è ancor oggi prigioniera del successo del Royal Oak e proprio per questo quando – lo scorso ottobre – mi venne offerto di vedere in anteprima una nuova collezione AP non ho potuto fare a meno di pensare che François-Henry Bennahmias, Ceo del marchio dal 2013, si fosse impelagato in una mission impossible. Bene: con ogni probabilità mi sbagliavo e vi spiego perché.
Diciamo subito che la collezione Code 11.59 (il minuto prima della mezzanotte) prima o poi perderà i numeri e rimarrà con un nome più immediato. Un peccato veniale, ma io comincio a chiamarla da subito Code, scusandomi per questo con Bennahmias. E poi passiamo subito ad analizzare insieme la cassa, foto alla mano.
La vocazione è sportiva ed elegante al tempo stesso. Anche se i primi modelli sono soltanto in oro si nota subito (o comunque molto presto) che mascherata dietro un normale orologio tondo c’è una impostazione estetica vivace e soprattutto modulare, il che vuol dire come sarà possibile, in futuro, creare una serie molto ampia di “variazioni sul tema”.
Osservando il lato della cassa si comprende che il Code si basa su una struttura di sostegno ad arco, di chiara derivazione architettonica: una specie di ponte cavo innestato in una sottile lunetta tonda. In questa struttura di sostegno si inserisce una cassa ottagonale divisa orizzontalmente in tre parti. Una centrale, satinata, e due a finitura lucida, in alto e in basso. E’ quindi chiaro che giocando con i materiali del “ponte” e della cassa sono già possibili un bel po’ di varianti, che potrebbero poi moltiplicarsi sbizzarrendosi sulle finiture. Che sono sbalorditive, com’è tradizione di Audemars Piguet.
Basta osservare – e ancora non serve la loupe, la lente d’ingrandimento – il taglio periferico lucido delle anse per rendersi conto che siamo ai massimi livelli. Poi con la lente verificheremo che persino il foro in cui si inseriscono le viti a testa esagonale (quelle per la barretta di fissaggio del cinturino)