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La precisione è ben altro. Parte II

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Computer, automazione e robot hanno migliorato (parecchio) i movimenti meccanici. Compresa la loro costanza di marcia. Eppure non siamo ancora soddisfatti. La nostra idea di precisione ci crea troppe aspettative?

Ma a cosa diavolo serve la precisione? Ne abbiamo davvero bisogno? O si tratta piuttosto di un capriccio, di un gioco al mio è meglio del tuo? Ed è la precisione il giusto metro per valutare la qualità di un orologio?

Cominciamo col dire che livelli di precisione che non ci piacciono sono in realtà veri miracoli della tecnologia micromeccanica. Calcoliamo insieme: in una giornata ci sono 86.400 secondi. Un orologio la cui variazione complessiva rispetto all’ora media sia di +10 secondi al giorno farebbe quindi registrare, in un mese, circa 5 minuti di anticipo. Tanti, troppi, per alcuni. Ma consideriamo che per valutare aritmeticamente lo scarto dobbiamo dividere i secondi di scarto per quelli che compongono una giornata: 10/86400. Il risultato è 0,000157407 (il 407 è periodico). Ossia un errore percentuale dello 0,015 per cento.

Ora la domanda da farsi è: quanti oggetti meccanici complessi conosciamo che funzionano 24 ore al giorno tutti i giorni, che sono esposti a forti variazioni di temperatura (pensate ad esempio alla differenza fra la parte dell’orologio a contatto con il polso e quella superiore, al freddissimo o al caldissimo), a urti di ogni tipo (un applauso è devastante), a vibrazioni, a campi magnetici e quant’altro che però, comunque, restano precisi allo 0,015 per cento?

Eppure, tutti noi vogliamo di più: perché? Non certo per esigenza reale. A parte rarissimi casi di professionisti (dal cronometraggio sportivo all’aeronautica, e così via) che però si affidano ad altri mezzi di misura del tempo, generalmente elettronici, noi comuni mortali possiamo aver bisogno al massimo di un’approssimazione ai cinque minuti, se siamo persone puntuali. E questa precisione di solito ci serve poche volte al giorno senza mai essere una questione di vita o di morte. Ma la precisione è sinonimo di qualità e nessuno vuole ammettere che il proprio orologio è un compromesso qualitativo. In realtà l’equazione orologio preciso uguale orologio migliore è un po’ campata in aria, come vedremo. Eppure…

Eppure, tutti noi vogliamo di più e le case produttrici devono in qualche modo adeguarsi.
Negli ultimi anni i produttori hanno lavorato molto bene, cercando di offrire orologi sempre più precisi a prezzi più bassi. Più bassi, sia chiaro, non tanto in assoluto quanto rispetto al potere medio di spesa, visto che i prezzi assoluti non scendono mai. Hanno lavorato su due piani diversi e al tempo stesso ben integrati. Da un lato hanno migliorato i metodi di produzione e dall’altro – dopo aver studiato le principali cause di alterazione della costanza di marcia – hanno cercato di intervenire su aspetti precisi, nel tentativo di minimizzarne gli effetti. In pratica, hanno cercato di raddrizzare la linea zigzagante della costanza di marcia e poi di renderla il più possibile vicina a quella dell’ora di riferimento.

Migliorare il metodo di produzione vuol dire, di solito, automatizzare tutte le fasi di produzione in cui l’intervento di un tecnico qualificato non è poi essenziale. Grandi progressi, ad esempio, sono stati fatti nella produzione di ponti, platine e ruotismi. I ponti sono quegli elementi che fissano alla platina (la piattaforma del movimento, la “scheda madre” meccanica) tutti gli elementi imperniati, ossia leve, molle e ruotismi. Introdurre l’automazione robotica computerizzata si traduce in una migliore costanza qualitativa (meno movimenti da scartare perché non conformi alle specifiche, e meno differenze fra orologi apparentemente identici) e nella possibilità di diminuire le tolleranze, che ormai in certi casi arrivano ai decimi di micron.

Un lavoro importante perché, ad esempio, in un treno d’ingranaggi l’errore è dato dalla somma delle tolleranze dei singoli pezzi che compongono, appunto, quel treno di ingranaggi. Vorrei far notare che ciò ha richiesto investimenti enormi in ricerca e sviluppo. Quando ho iniziato ad occuparmi d’orologeria, più di trent’anni fa, mi venivano mostrate con orgoglio macchine in grado di operare automaticamente con tre o quattro punte utensili diverse. Oggi si lavora con macchine teoricamente prive di limiti.

La domanda è: questi metodi di lavorazione hanno ucciso la “poetica” dell’orologeria? La risposta è no, perché comunque in fase di finitura e armonizzazione delle componenti la mano umana è sempre fondamentale. Solo che mentre una volta i tecnici generici erano la maggioranza, oggi il gioco è in mano ai tecnici specializzati e progettisti, che hanno approfittato delle possibilità date dai computer per scatenare la propria fantasia. Fermo restando che negli orologi “complicati” l’automazione ha ancor oggi un’importanza solo relativa.