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Il Carrera Calibro 16 di TAG Heuer. Una prospettiva storica

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Gli ultimi esemplari della storica collezione montano un movimento famoso, nella specifica versione della Casa. E si prestano ad alcune considerazioni sul passato, sull’orologeria sportiva e sul rapporto qualità/prezzo

Se le marche di orologi avessero una carta d’identità, su quella di TAG Heuer ci sarebbe scritto che l’altezza è 186 cm (è nata nel 1860) e che di professione fa la “sportivelegante”. Perché i TAG Heuer sono sempre sportivi, sì, ma senza l’obbligo di apparire un grezzo strumento di lavoro per cronometristi un po’ ruspanti. Basta guardare il nuovo Carrera Calibro 16 per averne conferma.

Sempre sull’ipotetica carta d’identità TAG Heuer, poi, non si potrebbe non fare riferimento ad un evidente strabismo. Un occhio guarda al futuro (Techniques d’Avant Garde era ed è tuttora una azienda che fa ricerca sulla tecnologia che verrà) e un altro alla storia. Uno cerca sempre straordinarie diavolerie da strappare un “ooooh!” di meraviglia, mentre l’altro guarda sempre al passato.

Il terzo occhio, quello che guarda al presente, riesce a… No, di questo parliamo un’altra volta, quando finalmente uno dei più interessanti orologi di TAG Heuer arriverà nei negozi. In ritardo perché ovunque sia stato presentato ha subito avuto un successo superiore alle aspettative. Ne parliamo presto, ripeto. Nel frattempo, diamo una seria occhiata al passato, nel tentativo di capire l’essenza di TAG Heuer.

Fin dai tempi di Abraham-Louis Breguet (1747/1823), era ben chiaro chi fossero i migliori orologiai: gli inglesi e i francesi. Punto. Gli svizzeri producevano, sì, grandi quantità di orologi, ma di qualità inaccettabile per inglesi e francesi, appunto. Non a caso Breguet nasce nel cuore dell’orologeria svizzera (Neuchâtel), ma poi emigra in Francia proprio perché si sente troppo bravo per la mediocrità svizzera. E per giunta crea, durante i propri anni, forti rapporti di lavoro con orologiai inglesi come Arnold, presso il quale manda a studiare il figlio. Eppure, manco un secolo dopo, l’orologeria made in England e in France sono scoppiate, decotte, sono alla rovina.

Il punto è che mentre per centinaia d’anni gli orologi erano stati innanzitutto “oggetti di vanità” per un raro e ricco pubblico di ricconi, improvvisamente le scienze e le loro moderne applicazioni cominciano a chiedere la massima diffusione di orologi. La storica percezione dell’orologio come oggetto di vanità (quanto di meglio la tecnica dell’epoca è in grado di produrre) fa spazio ad un nuovo tipo d’orologio. Lo strumento di lavoro, la tecnologia per professionisti.

E cosa c’entra TAG Heuer, mi dirai? La stai prendendo lunga, nonno… È vero, rispondo: noi anzianotti ogni tanto ci perdiamo in chiacchiere, ma sono premesse importanti. Perché gli svizzeri del tictac a quel punto inventano il rapporto fra prezzo e qualità, riuscendo a migliorare la qualità senza aumentare troppo i prezzi. In pratica, la differenza qualitativa fra gli orologi francesi e inglesi, da un lato, e quelli svizzeri, dall’altro, diminuisce. Ma il prezzo non aumenta come ci si aspetterebbe.

Uno degli strumenti più importanti, da metà Ottocento, è un particolare tipo di orologio chiamato cronografo. Un orologio che non solo ti dice che ora è, ma è anche in grado di misurare, in qualunque momento lo si desideri, intervalli di tempo. Serve agli astronomi, ma serve soprattutto – e più prosaicamente – per misurare la durata delle gare sportive.

Tra il 1815 e il 1861 il cronografo matura fino a diventare, sia pure nella dimensione di un orologio da tasca, quasi il cronografo come lo conosciamo oggi. Nel 1860 Edouard Heuer apre il proprio laboratorio, dedicandosi con particolare impegno alla realizzazione di cronografi. Nel giro di una ventina d’anni si trasformerà in un punto di riferimento dell’orologeria sportiva grazie a qualche geniale brevetto e alla capacità di mantenere i prezzi sotto una soglia “critica”.

Fra poco mollo l’aspetto storico. Heuer viene poi comprata nel 1985 dalla TAG (Techniques d’Avant Garde, appunto), estremamente attiva in Formula Uno, e comunque negli sport automobilistici. E qui la fama del marchio entra rapidamente nella leggenda: sapete bene che TAG Heuer è uno dei tre o quattro grandi contendenti in tema di orologeria sportiva. Il tutto si basa, comunque, sulla capacità di realizzare orologi robusti, precisi e affidabili – ma a costi “umani”. Orologi con ottima qualità in relazione al prezzo, insomma. In questo senso l’esempio proverbiale è quello delle collezioni Aquaracer e Carrera Calibro 16.

Il Calibro 16, lo dico subito, è una delle mille varianti dell’ETA Valjoux 7750. Un consiglio: andate su internet e fate una ricerca semplicemente digitando 7750. Vi si aprirà un mondo di marchi anche inaspettati: il 7750 (che molti considerano il movimento cronografico migliore del mondo proprio per via del suo rapporto imbattibile fra qualità e prezzo) ha equipaggiato ed equipaggia ancor oggi cronografi semplicemente leggendari.

Dal 7750 esistono moltissime versioni diverse fra loro per qualità dei componenti e finiture. In particolare, per superare (com’è il caso di TAG Heuer) gli esami del COSC è necessario che il movimento monti la spirale di massima qualità. In realtà TAG Heuer porta ulteriori modifiche, compresa la personalizzazione della massa oscillante, molte delle quali migliorano ulteriormente affidabilità e costanza di marcia. Il risultato si traduce in orologi di qualità eccezionale in rapporto ai prezzi. Proprio come il Carrera Calibro 16, presentato di recente in nuove versioni, che partono dai 3.900 euro. Quasi impossibile fare di meglio.