Il celebre calibro “a ponte”, ideato da Vincent Calabrese, ha una lunga storia. Rielaborato, modificato nel tempo, ha però sempre mantenuto la propria originalità. E permesso ai designer di sbizzarrire la fantasia
C’era una volta un ragazzino che a 14 anni riparava orologi in una botteguccia nei vicoli di Napoli. C’era una volta una marca appena nata che giocava con tutte le correnti artistiche degli anni Cinquanta, persino aprendo la strada alla Pop art e ai suoi colori. Il ragazzino, che nel frattempo s’era trasferito in Svizzera, si chiama Vincenzo Calabrese. E non è più un ragazzino, visto che come me ha superato i settanta.
Ma il napoletano Calabrese ha inventato il modo di creare un movimento meccanico racchiuso tra due ponti; ha inventato un giochino che si chiama “carrousel” e che indica l’ora in un’apertura di un quadrante girevole (sì, se ne vedono parecchi in giro e sono tutti figli suoi, in qualche modo); e ha inventato, nel 1985, l‘Accademia dei Creatori Indipendenti da cui sono usciti praticamente tutti i grandi orologiai indipendenti che vanno per la maggiore. La svizzera Corum, da parte sua, ha capito che su quel ponte con gli ingranaggi poteva andare persino oltre la Pop art e creare qualcosa di davvero iconico. E ne è nato il Golden Bridge.
“Iconico” è un aggettivo ormai inflazionato: basta andare un’occhiata al dizionario per capire quanto viene usato a sproposito. In questo caso, però, il senso è pienamente rispettato perché l’immagine del ponte che attraversa il quadrante sostenendo il movimento meccanico (bariletto, ingranaggi e lancette, bilanciere) è la trasposizione esatta di un ponte, appunto, in chiave orologiera. In questo senso anche il nome scelto – Golden Bridge, che riecheggia il Golden Gate Bridge di San Francisco – contribuisce a considerare tecnicamente convincente l’uso dell’aggettivo “iconico”.
Corum presenta il primo Golden Bridge nel 1980, in occasione del proprio venticinquesimo anniversario. È un momento particolare: René Bannwaert e Gaston Ries, i fondatori del marchio, sembrano aver già inventato tutto quel che era possibile inventare. Sempre uscendo dagli schemi classici dell’orologeria, sempre aprendo strade nuove, molte delle quali ancora in via d’evoluzione. Basti pensare all’Admiral’s Cup, l’orologio con i pennelli nautici.
Nessun modello di Corum, però, riesce a scatenare la fantasia degli stilisti come il Golden Bridge, fin dall’inizio. Si parte da versioni con cassa rettangolare che, con pietre preziose o senza, esplorano la geometria senza particolari esagerazioni – eccezion fatta per lo straordinario modello degli Anni 90 con la cassa sottilissima. La cassa tonda (a parte qualche esperimento praticamente su ordinazione) entra in produzione regolare solo alla fine degli Anni 90.
Sotto il profilo strettamente tecnico vale la pena di notare come tutta la prima fase della produzione si caratterizza per la corona di carica e di regolazione posta sul fondello. Una delle tante scelte geniali di Vincent Calabrese, che rispecchia perfettamente la visione poetica dell’Autore, sinceramente condivisa dai dirigenti Corum. In questo modo la purezza del movimento è una sintesi esteticamente perfetta del concetto stesso di movimento meccanico. Per converso, dal punto di vista ergonomico questa scelta costringe a qualche acrobazia in punta di dita sia per caricare la molla del bariletto, sia per la regolazione delle lancette. E così…
Nel 2000 Corum viene comprata da Severin Wunderman, una delle persone più geniali che abbiano mai operato nell’orologeria; all’inizio degli anni Settanta ha “inventato” gli orologi Gucci, aprendo una autostrada poi seguita da molti marchi fashion. Wunderman, grande collezionista d’arte, esalta lo spirito di Corum; e inventa il Bubble, una autentica follia che rilancia il marchio e la sua vocazione per l’arte contemporanea. Inizialmente sembra dimenticare il Golden Bridge; ma in realtà incarica un altro grande Maestro orologiaio, Michel Parmigiani, di rivedere il movimento, aggiungendo una corona di carica in posizione più comoda. La modifica esordisce nel 2005, in occasione del cinquantesimo anniversario di Corum.
Severin Wunderman muore nel 2008 e il marchio passa al figlio. Nel 2013, Michael Wunderman vende Corum al gruppo China Haidian, poi diventato Citychamp Watch & Jewellery Group Limited. Come sempre accade quando un’azienda nazionale passa ad una proprietà straniera, le polemiche non sono poche, come ben sappiamo anche noi italiani. Sta di fatto che i risultati sembrano non solo continuare, ma talvolta persino esaltare la storia del Golden Bridge. In particolare, consiglio di andare a dare un’occhiata, presso un concessionario, ai modelli con la corona posta in posizione tradizionale: una scelta che facilita l’uso del Golden Bridge senza in alcun modo intaccarne l’originalità. Che ancor oggi rimane proverbiale e potrebbe, nel futuro, riservare ancora molte sorprese positive.