Arriva nei negozi il nuovo cronografo IWC Portoghese, anzi (come lo chiamano ora) Portugieser Chronograph. Il che vuol dire che è possibile andare ad esaminarlo nei negozi.
Esteticamente non cambia nulla: cassa e quadrante sono pressoché identici alle precedenti versioni. Quel che cambia davvero è il movimento, il Calibro IWC 69355, di manifattura, già visto due anni fa sulla serie speciale per celebrare il 150° anniversario del marchio. Il movimento è meccanico a carica automatica, con innesto delle funzioni crono tramite una ruota a colonne ben visibile attraverso il fondello con oblò. Una ruota a colonne dalla forma insolita: colonne non molto alte, ma di forma internamente curva per garantire innesti più “dolci” in ogni situazione.
La frequenza di funzionamento è di 28.800 alternanze/ora e il bilanciere è di ampie dimensioni. Forse anche per questo si è optato per un anello esterno senza masse di regolazione. Per calibrare l’anticipo e il ritardo, quindi, si interviene su un tradizionale porta pitone. Tradizionale anche il dispositivo di ricarica automatica, che agisce su un bariletto che consente una autonomia complessiva di 46 ore, quasi due giorni.
Una piccola parentesi per ricordare per quale ragione parlo spesso di questo dato apparentemente trascurabile. Semplificando al massimo il discorso è questo: il bilanciere riceve energia dal bariletto e compie una semioscillazione, un mezzo giro, un tic. Chiamatelo come volete. Questo movimento “carica” la molla a spirale montata coassialmente all’interno del bilanciere che, scaricandosi, fa compiere un’altra semioscillazione in senso opposto, mezzo giro o tac; continuate a chiamarla come preferite.
Il problema sta nel fatto che la spinta ricevuta dal bariletto è massima quando il bariletto è carico e minima quando la molla “ivi contenuta” è scarica. Manda quindi un impulso un po’ fiacco, mentre quello della spirale sempre quello è: non varia. A questo punto il bilanciere comincia ad avere reazioni strane che sostanzialmente mutano l’amplitudine (ossia l’angolo percorso in una semioscillazione) e, in ultima analisi, le proprietà d’isocronismo, ossia la precisione. L’effetto comincia quando la autonomia residua è più o meno inferiore ad un terzo di quella complessiva. In pratica, parlando del nostro Portoghese, in assenza di ricarica dopo 30/35 ore il bilanciere comincia a dare i numeri.
E chissenefrega, direte voi: io lo porto al polso ed è sempre carico. Vero, ma non sempre: ad esempio un fine settimana di pigrizia, l’orologio che riposa anche lui sul comodino… Ecco allora che cominciamo a lamentarci dell’imprecisione di questo caspita d’orologio, che è però di una innocenza in odore di santità. 46 ore è un buon dato perché consente di affrontare quasi senza conseguenza un week end di accidia, spalmati da qualche parte.
E torniamo ad IWC e al nostro Portugieser Chronograph. Noto che il movimento è montato su un congruo numero di rubini (27), che garantiscono maggiore “scorrevolezza”, minori attriti e quindi minori richieste d’energia. Due soli i totalizzatori, come nella tradizione del Portugieser Chronograph. Secondi crono al centro, minuti (fino a 30) al 12 e piccoli secondi al 6.
Va ricordato che il Portugieser nasce come cronografo “da passeggio”, senza alcuna velleità sportiva sia per quanto riguarda l’impermeabilità che la presenza di scale tachimetriche o simili. In compenso mi sembra che la robustezza sia a tutta prova, candidando questo movimento ad equipaggiare anche orologi per uomini tosti davvero.
Per quanto riguarda la parte esterna, come dicevo all’inizio, siamo nella tradizione: l’IWC Portugieser Chronograph ha ormai raggiunto un tale equilibrio estetico da rendere molto difficili le “variazioni sul tema”. Noto però che il cinturino è particolarmente morbido e confortevole. È chiaro che dev’essere intervenuto il Direttore di IWC Italia, Beppe Ambrosini, che in un lontano passato aveva portato alla ribalta i cinturini Camille Fournet.
Quello del Portugieser Chronograph (nelle versioni in oro) è fornito dall’italiana Santoni, il marchio di scarpe sopraffine creato da Andrea Santoni nel 1975 e assurto a notorietà internazionale con il buon contributo del figlio Giuseppe. Dettagli raffinati, insomma, che vale la pena di verificare da sé in una boutique del marchio o presso un concessionario. Toccare un orologio, saggiarne i pesi, la finitura, l’equilibrio generale è una proceduta molto soggettiva che nemmeno la foto più bella del mondo potrà mai sostituire.