Approfondimenti

Il magnetismo, la precisione e i sogni di gloria

Partiamo chiedendoci ancora una volta cosa si debba intendere per precisione. Ne ho già parlato più volte, altrove, ma è necessario tornare sull’argomento per poter affrontare un altro discorso, come abbiamo visto strettamente collegato: quello sul magnetismo. Ma andiamo con ordine. Sulla precisione pensiamo di avere tutti le idee chiare: è preciso l’orologio che ha lo scarto minimo rispetto ad un orologio di riferimento. Sembra facile…

Per quanto tempo lo scarto deve essere “minimo”? Quanto è lo scarto accettabile e come possiamo calcolarlo? Perché la precisione dipende anche dal tempo. Se parlo di un orologio che perde dieci minuti devo dire se in un giorno, un mese o un anno. Dieci minuti in un giorno sono un’enormità, in un mese corrispondono a circa venti secondi al giorno (con nove secondi al giorno di scarto medio si ottiene dal Cosc il certificato di cronometro); mentre in un anno dieci minuti sono un sogno (circa un secondo e mezzo al giorno) che nemmeno un “quarzo” riesce a rendere reale.

A meno che non sia radiocontrollato, ossia in grado di collegarsi con un orologio atomico che emette un segnale, captato dal nostro orologio che corregge automaticamente gli scarti “congeniti”. Ecco: se siete fanatici della precisione la prima cosa da fare è avere per casa un orologio radiocontrollato, da usare come orario campione per verificare gli scarti degli altri orologi. Perché se il campione non è sempre lo stesso, se il campione non è costante, allora all’errore proprio di un orologio si aggiungono quelli di orologi di riferimento non coordinati.

E non guardate il computer: non basta nemmeno quello. Non a caso in quasi tutti i sistemi operativi, nelle impostazioni relative a data e ora, c’è la possibilità di scegliere il proprio riferimento. Cercate in internet: scoprirete che molti enti emettono un segnale orario utilizzabile proprio come riferimento. E talvolta si può anche decidere quante volte al giorno effettuare la sincronizzazione. Sembrava una faccenda semplice, vero? E non è nemmeno finita.

La precisione di un orologio non è una costante. Lo è quella degli orologi atomici di riferimento. Ma solo per noi: nell’uso astronomico, ad esempio, si cerca di migliorarli per poter gestire con maggior esattezza gli anni luce. Comunque, immaginate la precisione degli orologi atomici come una bella linea verticale, una retta (quasi) perfetta. Se altrettanto fosse per l’orologio che portiamo al polso la faccenda sarebbe semplice. Dovrei solo regolare il mio orologio per far sì che la sua linea retta di precisione si sovrapponga con quella dell’orologio atomico di riferimento.

Ma l’orologio atomico di riferimento lavora in una stanza ad umidità, temperatura e pressione controllate. In “condizioni di laboratorio”. Il nostro orologio da polso no. Si prende, ad esempio in estate, sbalzi di temperatura, urti, variazioni di questo e quello, tali da rendere la sua linea di precisione non più una retta, ma piuttosto un incostante serpentello capriccioso. Una danza delle curve che solo di rado coinciderà con la retta di riferimento.

A questo punto l’unico riferimento serio e coerente rimane non tanto la nostra empirica osservazione, quanto uno strumento molto usato in orologeria: il cronocomparatore. Che fornisce una serie di dati da cui un bravo tecnico riesce ad elaborare strategie per migliorare la regolazione dell’orologio. Saper davvero interpretare i dati forniti da un cronocomparatore è qualcosa che somiglia all’arte di un direttore di orchestra, più che all’esperienza di un tecnico. Ma a questo punto il cane si è morso la coda e noi siamo tornati al punto di partenza. Cosa caspita è la precisione, come si calcolano gli scarti e come si fa a ridurne l’entità?

Occhei, con un’atletica capriola cambiamo punto di vista.
L’energia necessaria al funzionamento degli orologi meccanici viene fornita da una molla contenuta in un basso cilindro: il bariletto. L’energia viene immagazzinata avvolgendo la molla sul proprio asse – tramite la corona di carica e, se presente, il sistema automatico di ricarica. Dal momento che la molla è realizzata con un materiale che tende a riprendere la propria forma originaria (altrimenti che caspita di molla è?), “aprirà” le proprie spire cedendo in tal modo una certa quantità di energia.

Stiamo parlando, è chiaro, di quantità minime di energia. Il che, incidentalmente, vuol dire che bastano fenomeni altrettanto minimi per variare in modo indesiderato e dannoso la costanza (indispensabile) con cui l’energia è ceduta all’orologio. Due le principali cause di malfunzionamenti: le variazioni di temperatura, che allungano o accorciano la lunghezza della molla; e i campi magnetici, che possono arrivare a incollare l’una all’altra le spire della molla trasformandola in un inutile blocchetto di metallo. Il magnetismo è una brutta bestia.

Ma c’è di più. Fra le componenti che ricevono energia dal bariletto c’è il bilanciere, un anello di metallo spinto da tale energia a ruotare intorno al proprio asse. Per far ruotare il bilanciere in senso contrario (altrimenti non potrebbe comportarsi come un pendolo, avanti e indietro) all’interno dell’anello è montata una seconda molla: la spirale. Ancora più piccola e quindi con un “contenuto energetico” ancora minore rispetto a quella del bariletto, serve a far tornare in posizione il bilanciere.

Le rotazioni in senso orario e antiorario (le cosiddette alternanze) del bilanciere sono poi trasmesse allo scappamento, che ha il compito di trasformare le alternanze in un moto unidirezionale, che è infine  trasmesso alle lancette. La spirale ha gli stessi nemici della molla del bariletto: variazioni di temperatura e magnetismo.

Le due molle devono quindi essere realizzate in una lega metallica dotata di grande elasticità, insensibilità alle variazioni di temperatura e, possibilmente, insensibilità al magnetismo, o meglio all’influsso negativo dei campi magnetici. Quasi impossibile, dal momento che si tratta di una lega ferrosa e quindi soggetta a magnetizzarsi. La magnetizzazione delle molle (ma anche quella di molte altre componenti) causa perturbazioni di notevole entità, che possono portare anche all’arresto dell’orologio. Ma come fa il magnetismo ad avere tanta influenza tanto sugli orologi? Cioè, dove vanno a prenderli, gli orologi, i campi magnetici?

L’elenco dei birbaccioni è incredibilmente lungo: dagli altoparlanti (e gli auricolari) del cellulare alle chiusure magnetiche di borse, frigoriferi e cassetti; da molti elettrodomestici (quelli con il motore non ben schermato) agli apparecchi elettromedicali; dalle calamite d’ogni tipo a molti giocattoli, dai lettori di carte di credito a quelli di tessere magnetiche. E poi astucci portaocchiali, portafogli, apparecchiature per ufficio, bracciali antireumatici, altoparlanti, telefoni fissi, televisori, computer e tablet, computer portatili, sistemi audiovisivi, Mp3, forni a microonde, asciugacapelli, apparecchiature ad alta fedeltà, elettrodomestici e persino piani di cottura a induzione…

L’assedio dei campi magnetici è pressoché impossibile da evitare. E tanto per comprendere l’ordine di grandezze in gioco, teniamo presente che un orologio normale può magnetizzarsi già se immerso in campi di circa 30 oersted (ricordo che l’oersted è una delle unità di misura riferite al magnetismo, insieme al tesla, al gauss e all’ampere/metro); mentre un piccolo altoparlante supera i 100 e persino gli auricolari per i cellulari superano i 40. Ma non è raro trovarsi in campi magnetici di centinaia di oersted. Un vero disastro, perché la magnetizzazione è permanente, come pure i danni che crea, visto che continuano a sommarsi, giorno dopo giorno.

Immaginate di fare una bella passeggiata. Camminate spediti, ma dopo un po’ qualcuno vi aggiunge sulle spalle un peso da cinque chili, e poi ancora cinque chili, e ancora, ancora… Presto farete fatica a camminare, proprio come un orologio meccanico. E non è che i movimenti al quarzo siano immuni al magnetismo: anche loro si magnetizzano, ma di solito non permanentemente. La marcia si altera spesso fino all’arresto dell’orologio, che però poi riprende tranquillamente il proprio moto senza ulteriori conseguenze. Ma il danno alla precisione ormai è fatto.

Come si capisce se il proprio orologio è magnetizzato? Se escludiamo l’uso delle sofisticate apparecchiature presenti in alcuni laboratori di riparazione, c’è un trucco abbastanza semplice e poco costoso: basta procurarsi una bussola e avvicinarla all’orologio. O il contrario. Se l’ago devia dal nord precedentemente indicato, allora l’orologio è magnetizzato e certamente la sua marcia non è regolare come potrebbe essere e come vorremmo.

E infine: cosa fare per evitare che i campi magnetici influenzino negativamente il nostro orologio? Non è una cattiva idea controllarlo periodicamente con l’aiuto di una bussola, come si diceva; oppure con un apparecchio elettronico amatoriale reperibile abbastanza facilmente su internet. Meglio, comunque, ricorrere a un buon laboratorio d’assistenza, che certamente possiede attrezzature di qualità professionale per smagnetizzare gli orologi.

Però la soluzione migliore resta quella di scegliere un orologio in grado di superare indenne campi magnetici di forte intensità. In base alle nostre esigenze la cosa migliore è scegliere le marche e i modelli la cui resistenza al magnetismo sia esplicitamente dichiarata con valori facilmente controllabili in laboratorio. Valori sui quali nessuno mentirebbe se non altro per il timore d’essere sbugiardato da marchi concorrenti.

Come al solito abbiamo cercato di fare un’informazione sostanzialmente corretta, ma scientificamente “alleggerita” per non annoiare più di tanto. Dopodiché ci siamo spinti ad un esperimento pratico sul magnetismo, con l’aiuto dei pazientissimi tecnici di Pisa Orologeria. Un esperimento di cui vi daremo conto nella seconda parte di questo articolo. E ci saranno sorprese interessanti, lo prometto.