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Fridays for Future: Morgan Bourc’his e Tudor sulle tracce della natura

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«Mi chiamo Morgan Bourc’his e sono campione del mondo di apnea. Ma di quale mondo sono il campione?». È la domanda, profonda, che l’apneista francese pone a se stesso e a quanti guardano il film documentario La Quête du Sauvage (Sulle tracce della natura). Nel quale, con il Tudor Pelagos al polso, Morgan Bourc’his si immerge nelle acque più settentrionali della Norvegia per nuotare con orche e balene.

Nelle gelide acque artiche

Il documentario, una co-produzione Bluearth Production – Whipped Sea – Ushuaïa TV, mette al centro diverse riflessioni: il rapporto tra uomo e natura, la sostenibilità, l’impatto delle attività umane sull’ambiente. E il ruolo stesso dell’uomo sul pianeta, né signore né dominatore degli esseri viventi ma piccola parte di un unico, grande mondo comune.

Tutte tematiche molto care a Bourc’his e a Tudor. Il campione francese, come amico del marchio, le ha portate nel documentario filtrandole attraverso la propria visione durante le numerose immersioni nelle acque dei fiordi; punti focali unici per orche, balene e aringhe nel cuore del territorio dei Sami, l’ultimo popolo indigeno d’Europa.

Macchina fotografica alla mano, Morgan Bourc’his ha trascorso diverse stagioni a contatto con osservatori di balene, scienziati e Sami; si è immerso nei fiordi e nei differenti universi con i quali è entrato ha condiviso esperienze e momenti di vita comune, per comprendere i loro legami con il mondo selvaggio.

Per raggiungere il suo obiettivo, Morgan Bourc’his è stato messo alla prova dalla natura del grande Nord. Ma le giornate gelide e le numerose frustrazioni sono state compensate dall’immersione a contatto con le più possenti creature dell’oceano.

L’avventura (umana e scientifica) di Morgan Bourc’his

L’esperienza per Morgan Bourc’his si è trasformata in un moderno romanzo di formazione. Da atleta di livello mondiale e stuntman, è diventato documentarista attento, attraverso la riflessione su temi che aveva sempre guardato con occhi diversi. «Incontrare queste creature per me è stato una sfida», ha raccontato l’apneista. «Il mare fa parte di me. Ma da piccolo mi hanno inculcato anche l’idea che sia un ambiente minaccioso, pieno di creature misteriose e a volte pericolose, come nel film Lo squalo. Insomma ho dovuto affrontare le mie paure».

La Quête du Sauvage è stata per Bourc’his un’esperienza che lo ha portato a maturare come uomo, da lui stesso definita «un’avventura tecnica e umana in collaborazione con la natura e soggetta ai suoi desideri». Un’avventura con un messaggio forte, che l’atleta, l’intera squadra di produzione e Tudor stessa hanno voluto condividere con quanti hanno a cuore il destino del Pianeta. Che è messo sotto pressione dall’uomo e dalle sue attività anche in un ambiente marino come quello artico, il cui equilibrio è sottile.

Sottile come il passare del tempo, la cui percezione è stata il trait d’union tra Morgan Bourc’his e Tudor. «Trascorrere del tempo in un luogo lontano, anche se dotato di tutti i comfort moderni, ci ha obbligato a riesaminare il nostro rapporto con il tempo e la civiltà», ha spiegato Bourc’his. «Ci trovavamo in una terra dalla cultura occidentale, eppure così remota, dove ogni aspetto logistico della vita deve essere organizzato in anticipo, che si tratti di rifornimenti, trasporti o energia».

Il Tudor Pelagos, compagno di immersione

Il Pelagos con lunetta e quadrante blu ha accompagnato Morgan Bourc’his durante le lunghe giornate di immersioni. Non sono casuali le scelte del modello e del colore. In primo luogo, perché il blu si accompagna da sempre agli sportivi di Tudor, specialmente ai modelli subacquei. Ne è una prova il Black Bay Fifty-Eight Navy Blue presentato lo scorso anno, diventato in breve una delle referenze più ricercate, grazie alla combinazione di movimento di manifattura, dimensioni contenute (è un 39 mm) e un punto di blu decisamente seducente.

Poi, perché il Pelagos è lo strumento subacqueo per eccellenza di Tudor. Certo, non è un gigante come buona parte dei diver professionali (la cassa è da 42 mm); ma ha indici e lancette che, grazie alle loro dimensioni importanti e all’utilizzo generoso di materiale fotoluminescente, offrono una visibilità eccezionale anche in condizioni di scarsa visibilità.

La versione indossata da Morgan Bourc’his ha il cinturino in caucciù in tinta con lunetta e quadrante; una scelta dettata dal fatto che si è immerso a profondità relativamente contenute. Per le discese più estreme invece sarebbe stato utile il bracciale in titanio, autoregolante: si contrae quando la muta è compressa a elevate profondità e si espande quando la pressione diminuisce in fase di risalita.

«Avere il coraggio di incontrare la natura, significa avere il coraggio di incontrare se stessi»: questo è il messaggio che Bourc’his lascia allo spettatore con il film documentario. Una lezione che egli per primo ha imparato nuotando con i grandi cetacei e che passa per una presa di coscienza: il fatto che l’uomo, la Terra e le sue risorse sono un’unica realtà, destinata vivere o a soccombere insieme. Dipende solo da noi.