Attualità

Dietro le quinte. Watches & Wonders 2021: si è spenta la prima fiera telematica

{"autoplay":"false","autoplay_speed":"3000","speed":"300","arrows":"true","dots":"true","loop":"true","nav_slide_column":5}
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image

E siamo finalmente in dirittura d’arrivo. Watches & Wonders 2021 è finita. Dopo una lunga agonia tecnologica

Partiamo da una premessa: per molti decenni l’appuntamento principale, per l’orologeria, è stata la “fiera di Basilea”, che negli anni della sua lenta agonia aveva preso il nome di Baselworld. È morta per presunzione e avidità da parte degli organizzatori: costi mostruosamente elevati non solo per poter avere uno spazio in cui esporre, ma persino per poter dormire.

La stanza d’albergo in cui ho trascorso le ultime fiere aveva una superficie di 15 metri quadrati bagno compreso e costava 900 euro a notte. Prezzo di favore perché la prenotazione veniva fatta da un potente gruppo orologiero, cui poi pagavo la tariffa. Che, per la stessa camera, durante il resto dell’anno scendeva sotto i 100 euro a notte. Altri hanno pagato, per una camera identica, fino a 1.100 euro. È vero, le camere d’albergo costano molto di più, durante le fiere, ma non 9, 10 volte il prezzo normale. Per non parlare del costo per il cibo. Follie.

Follie, comunque, anche da parte degli espositori, con stand da milioni di euro che alla fine, a guardar bene, erano costi che finivano sugli orologi. In maniera più o meno evidente in relazione alla quantità di orologi prodotti.

La fiera è morta. Viva la fiera

Quando alla fine se ne sono andati, alla scadenza del contratto, anche Swatch Group, Rolex e Patek Philippe era chiaro che la festa stava per finire. Con Richemont (da A.Lange & Söhne a Vacheron Constantin, passando per Cartier) già trasferitasi a Ginevra da una ventina d’anni, era chiaro che Baselworld non rappresentava più in alcun modo l’orologeria svizzera. Ma solo una piccola, piccolissima parte.

A quel punto è iniziata una fase convulsa in cui:

  1. Gli organizzatori di Baselworld hanno giurato torneremo e Baselworld “sarà più bella e superba che pria” (citazione di una scenetta comica di Ettore Petrolini: vale la pena cercarla)
  2. Si è finalmente cominciato a parlare di un trasferimento a Ginevra in due posti, anzi in tre, anzi in giro per tutta la città.
  3. Gli organizzatori di Baselworld hanno di nuovo giurato di tornare, sì, ma questa volta a Losanna.
  4. Altre amenità simili, al limite della fantastoria del fantafuturo.

E poi è arrivato il Covid a scompaginare tutto.

Il Covid e gli orologi

Quali sono state le conseguenze del Covid per l’orologeria? Crollo verticale delle vendite “turistiche” ai ricchi cinesi che compravano all’estero – perché persino ad Hong Kong le tasse erano più alte di quelle che pagavano in patria sul lusso. Soprattutto in Europa questo ha significato cali pazzeschi per chi era specializzato nel “tax refund” (vieni a comprare da noi e, dal momento che non sei cittadino di uno dei nostri Paesi, ti restituiamo l’importo delle tasse). A questo si sono aggiunti i cali per la chiusura dei negozi (la media europea dovrebbe attestarsi intorno ai quattro mesi nel solo 2020); e i cali di produzione per la chiusura di molte fabbriche e/o comunque per la turnazione del personale che realizza orologi o parti d’orologi.

Un discreto casino. Per uscire dal quale qualcosa andava pur inventato, anche perché nel frattempo il mercato interno cinese è ripartito vivacemente (una crescita di oltre il 90 per cento nei primi due mesi del 2021 rispetto al 2020 – e comunque del 48 per cento rispetto al 2019), mentre quello degli Stati Uniti dopo una prima fiammata si è stabilizzato su un 15,2 per cento in più del 2019.

Watches & Wonders 2021: i commenti

L’idea, molto buona sulla carta, era quella di fare una mostra d’orologi virtuale. Sulla falsariga di quanto è stato fatto in Italia e Francia per la moda. E però mentre le sfilate virtuali sono comunque filate (quasi) lisce, Watches & Wonders 2021 è naufragata proprio sul versante tecnico. Io, che sono vecchio e cattivo, ho parlato di organizzazione ridicola. Dody Giussani, nel suo editoriale del numero della rivista L’Orologio attualmente in edicola, è più paziente: e definisce “carente” la piattaforma elettronica, lo spazio espositivo interattivo sul quale Watches & Wonders 2021 avrebbe dovuto tenersi.

In pratica, molti operatori (giornalisti e negozianti accreditati) non hanno potuto partecipare ad una lunga serie di eventi – interessanti -, a causa di problemi tecnici dai quali nessuno è riuscito a trovare la via d’uscita. E la storia è andata avanti così per tutta la durata della fiera virtuale. Che, in gran parte, si è poi trasferita su Zoom e altre applicazioni delle quali si è potuta apprezzare l’efficacia.

Dody Giussani ha poi ragione da vendere anche su un altro punto: il virtuale è una scelta d’emergenza, ma il contatto diretto con gli orologi veri è insostituibile. Nei rari casi in cui si sono organizzate sessioni locali di Touch & Feel (tocca e senti) con gli orologi fisici, si è avuta la conferma che i nostri occhi e le nostre dita sono ancora gli strumenti migliori e indispensabili per valutare davvero le qualità degli orologi. Anche per questo continuo a ripetervi di andare a verificare in negozio quel che scrivo. Non esiste miglior soluzione del confronto diretto.

E adesso che succede?

Beh, da oggi gran parte dell’orologeria (19 delle 38 marche presenti a Ginevra) si trasferisce a Shanghai per una fiera fisica. Sperando sinceramente che tutto vada bene, sperando di non ritrovarci in un dedalo di varianti sconosciute del Covid. Confido che verrà fatto davvero tutto il possibile per evitare situazioni pericolose. Ma resta pur sempre il fatto che, prima di tornare a viaggiare quasi come in passato, troppa gente deve essere vaccinata e forse rivaccinata. Potrebbero volerci ancora un paio di anni almeno, ma se non altro dovremmo risolvere le situazioni locali e quindi l’economia potrebbe ripartire. Nell’attesa bisognerà probabilmente creare le condizioni per una fiera virtuale ancor più completa.

Le 38 marche di Watches & Wonders 2021 sono troppo poche, anche se da un punto di vista economico costituiscono la maggior parte del mercato. Se tanti piccoli marchi di grande storia e prestigio non vengono messi in grado di partecipare, l’attenzione del pubblico rischia di svanire in una nebbia fatta di elettronica e poco altro. Si perderebbe il senso vero e completo dell’orologeria, che non è fatto solo di prezzi stratosferici, complicazioni meravigliose ed orologi che comunque tendono a non scendere sotto il limite dei 3mila euro. Che per troppe persone costituiscono una cifra esagerata. Perché sotto quel limite l’offerta è comunque ampia e più che dignitosa: ignorarla vorrebbe dire chiudere l’orologeria in una torre d’avorio. Quella stessa torre d’avorio che, storicamente, ha decretato la fine dell’orologeria francese ed inglese in favore proprio di quella svizzera, la prima a produrre con metodi industriali.

Una fiera molto più ampia sarebbe la soluzione giusta specialmente se seguita, poi, dagli indispensabili contatti fisici nelle filiali locali. Sarebbe, per certi versi, un ritorno al passato, quando i venditori d’orologi (e non solo loro) giravano di negozio in negozio con le loro couvette (contenitori specifici) piene di novità da vendere. Oggi non sarebbe affatto difficile fare anche di meglio, proprio come alcune marche hanno dimostrato in questi giorni e nel periodo precedente di Watches & Wonders. Prendiamo quindi questa prima edizione come un tentativo un po’ traballante di creare un futuro a cavallo fra tradizione e futuro virtuale. E speriamo in bene, soprattutto sul versante tecnico.

Ma gli orologi? Non ne vuoi proprio parlare?

Certo che ne voglio parlare. Ma senza questa lunga premessa, senza questo “dietro le quinte” sarebbe stato come nascondere qualcosa che ben lascia comprendere lo stato di disagio che pervade anche l’orologeria, come del resto quasi tutti i settori merceologici.

Abbiamo preparato una seconda vetrina con alcuni degli orologi che ci hanno maggiormente impressionato. Ovviamene scegliendoli fra le marche non presenti nella prima vetrina di Watches & Wonders 2021. Avremo bisogno ancora di qualche giorno per chiarirci le idee dopo la vera e propria ubriacatura d’orologi di questa fiera, come del resto accade sempre ad ogni fiera. In questo caso abbiamo volutamente mischiato alcuni orologi assai diversi fra loro: dal rigore del Rolex Explorer 36 mm (vuoi vedere che tornano i piccoli diametri?) all’autentico spirito artistico di Hublot; dall’essenza Bauhaus di Nomos alla stravaganza mai vista di Roger Dubuis (che farà tendenza, c’è da scommetterci). Passando per il bianco, il subacqueo e il tourbillon sferico. Un po’ barcollante, un po’ indecisa sulle strade da percorrere, ma l’orologeria svizzera è viva e vegeta. Alla faccia del Covid.