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Gucci 25H: la conferma dell’automatico

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Giuro che non tornerò a farvi lo zuppone sugli orologi “di moda”. A proposito di Gucci l’ho già fatto qui, e credo basti. Oggi vorrei solo soffermarmi sul Gucci 25H, ricordando a me stesso e a voi – nel caso fosse utile – che un orologio, qualunque orologio, dovrebbe essere valutato per le sue qualità tecniche in rapporto al prezzo. L’ho fatto, ovviamente, e altrettanto ovviamente sono convinto che il Gucci 25H sia un buon acquisto perché ha un corretto rapporto fra prezzo e qualità. Molto corretto. Altrimenti non starei qui a scriverne.

Movimento di famiglia, sottile, meccanico a carica automatica

Sono impressionato, lo ammetto. Il Calibro Gucci GG727.25 è un movimento meccanico a carica automatica di spessore molto contenuto, tant’è che la cassa misura circa 7 millimetri. Per contenere lo spessore si è fatto ricorso – come hanno del resto fatto altri produttori che volevano realizzare orologi sottili – ad un micro-rotore di carica. Non ostante il ridotto spessore, il Calibro Gucci GG727.25 appare progettato per offrire la massima affidabilità: i grandi ponti visibili attraverso il fondello in vetro zaffiro sono dimensionati per eliminare ogni sospetto di quella fragilità che spesso è inevitabile nei movimenti ultrapiatti.

Ma chi lo produce? È possibile che Gucci abbia deciso di aprire una propria manifattura per produrre una quantità tutto sommato contenuta di orologi? No, la cosa farebbe a pugni con il prezzo (il Gucci 25H costa 8.200 euro), che deve essere considerato – lo ripeto – molto corretto.

Per capire meglio l’origine del movimento, la prova – più che l’indizio – sta nell’osservazione del bilanciere, che proviene senza dubbio da Ulysse Nardin. Una marca appartenente al Gruppo Kering, come del resto la stessa Gucci e Girard-Perregaux. E allora? Allora viene in aiuto una domanda che ho fatto qualche tempo fa, durante un’intervista, a Patrick Pruniaux, Presidente e Ceo di Ulysse Nardin e Girard-Perregaux. Sì, Ulysse Nardin c’entra eccome, “ma abbiamo sviluppato uno specifico movimento per Gucci”.

Un movimento che nasce proprio per essere modulare. Perché il solido ponte su cui è montato il bilanciere può trasformarsi – con qualche altra non secondaria modifica, ovviamente – nel ponte che sostiene il tourbillon. Complicazione infatti entrata a far parte del catalogo dell’alta orologeria Gucci. Ah, le modifiche, sempre guardando il movimento dal fondello, riguardano la sostituzione del ponte del bilanciere con un ponte pieno, e la riduzione del ponte centrale. Nello spazio così ottenuto viene montato un altro ponte pieno, sotto il quale sono montati i ruotismi di “connessione” alle lancette.

Modifiche – appunto – non secondarie, ma frutto di un progetto tecnico ben articolato e di una strategia che, scommetto, porterà nel futuro ad altre sorprese. Tanto di cappello. La descrizione deve infine essere completata dall’uso di viti blu (un eventuale errore nell’uso del cacciaviti diventerebbe immediatamente evidente) e da una finitura personalizzata, di ottimo livello qualitativo.

Il Gucci 25H: la cassa e il bracciale

Partiamo da quest’ultimo, che è più facile. Un buon bracciale a cinque elementi per ogni articolazione. Un bracciale rastremato, ossia che va restringendosi verso la parte centrale, verso l’interno del polso, grazie all’adozione di maglie laterali di diverse dimensioni. Una caratteristica tecnica dei migliori bracciali. Se le maglie fossero tutte uguali, in un bracciale di larghezza costante, il costo sarebbe sensibilmente inferiore.

E passiamo alla cassa. Osservando frontalmente il Gucci 25H l’impressione è quella di vedere una lunetta di forma sì particolarmente complessa, ma tutto sommato non poi così difficile da realizzare. In realtà vi sono due lunette sovrapposte. Una ottagonale, ma con quattro lati più ampi e altri quattro (curvi come i precedenti) più corti, ed una seconda lunetta riconoscibile per la finitura lucida. E perché mai farla così complicata?

Perché osservando il fondello si notano quattro viti. Che però non servono semplicemente a tenere in sede – appunto – il fondello. Sono quattro viti passanti che attraversano la cassa tenendo salda la prima lunetta sulla quale è poi montata la seconda, quella più esterna. Anche in questo caso viene da chiedersi il perché. La risposta sta nella necessità di facilitare l’adozione di lunette esterne con pietre preziose o realizzate in materiali diversi. Sulla forma della parte posteriore non mi pronuncio perché eccede le mie capacità di definizione geometrica. È una forma di notevole complessità. Guardate le foto. E me la cavo così, spero.

Un ultimo dettaglio qualificante è la corona, ottagonale e montata a scomparsa, in una nicchia nella parte laterale della cassa. Osservando frontalmente il Gucci 25H è di fatto invisibile, protetta dagli urti. Contemporaneamente questa scelta riduce al minimo l’interferenza con la pelle del polso. Anche in questo caso un “ben fatto” ci sta tutto.

Detto questo evito, come sempre, ogni giudizio sull’estetica “pura”. Primo perché non credo di essere all’altezza del compito, ma soprattutto perché i gusti son gusti e non tocca a me discuterli. Noto soltanto che l’orologio (nella versione da 40 millimetri di diametro, che ho potuto provare qualche mese fa) è molto confortevole al polso. Potremmo forse discutere della facilità di lettura, ma qui entriamo nelle competenze di chi conosce bene le regole della moda. Un territorio che – confesso – non ho mai avuto il coraggio di esplorare.