Attualità

Il cronografo Jumbostar: Wyler Vetta guarda ai giovani

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È un argomento scottante, per quanto mi riguarda. Non avrò 125 anni come Wyler Vetta, ma sono comunque lontano dal poter essere definito “giovane”. Ed è per questo che non cercherò di far finta di niente. Non intendo dire che Wyler Vetta è un marchio giovane (125 anni non sono pochi nemmeno per un marchio d’orologeria), né che sa perfettamente come si parla ai giovani. Mi limiterò davvero a pochissime considerazioni estetiche, riguardo al cronografo Jumbostar. Che è l’ambasciatore di questa nuova operazione di rilancio del marchio fondato da Paul e Alfred Wyler nel 1896. Anzi: come si suol dire nel “lontano” 1896. Ma allora perché sostenere nel titolo che Wyler Vetta guarda ai giovani?

Due parole sulla storia di Wyler Vetta

Nel 1930 Innocente Binda – nonno di Marcello, attuale Ad del gruppo Binda insieme al fratello Simone – fa il colpaccio, aggiudicandosi la distribuzione di Wyler. Aggiungendo il nome Vetta, di fantasia, perché all’epoca era vietato per legge l’uso di nomi stranieri.

Ci sono due considerazioni da fare, per capire perché parlo di “colpaccio”. A quei tempi l’orologio da polso era ancora relativamente poco diffuso. Solo qualche anno più tardi la vendita di orologi da polso supererà quella dei “tasca”. E perché gli orologi da polso erano poco diffusi? Perché la miniaturizzazione dei movimenti si stava rivelando più difficile del previsto. La costanza di marcia degli esemplari da polso era notevolmente inferiore a quella dei modelli da tasca, che ormai avevano raggiunto livelli davvero notevoli di precisione. Anche un “tasca” relativamente economico riusciva, se ben regolato, a rimanere entro i pochi secondi al giorno.

Ma il vero problema era un altro: l’affidabilità. Spostati dalla comoda, calda, protetta e costante posizione verticale, gli orologi da polso dovevano affrontare urti, sbalzi di temperatura, umidità e mille altre disavventure che per giunta si scontravano con l’inesperienza della giovinezza, relativamente alla miniaturizzazione. Tenete presente che a quei tempi era considerato di buona qualità un orologio che avesse bisogno di tre o quattro interventi di manutenzione all’anno. Il più frequente era anche il più delicato: rottura del bilanciere in seguito a un urto o una caduta.

Quelli della Wyler fecero una pensata geniale: crearono un bilanciere che in luogo dei soliti tre o quattro bracci rigidi ne aveva due a forma di spirale, ottenendo quindi un’ottima elasticità che prometteva un’ottima resistenza agli urti. Era il 1927 e la robustezza era a quei tempi un argomento di vendita formidabile. E Innocente Binda seppe usarlo in maniera leggendaria: mise gli orologi al polso della Nazionale Italiana di calcio, che li indossava anche durante le partite.

Non solo: novant’anni fa, nel 1931, un orologio Wyler venne lanciato dall’alto della torre Eiffel, con tanto di notaio che, a terra, ne verificava l’effettivo funzionamento. Un volo di circa trecento metri. Il successo fu travolgente anche perché il prezzo degli orologi Wyler Vetta era tutt’altro che stratosferico, contribuendo in tal modo alla diffusione degli orologi da polso. In tempi nei quali, pochi lo ricordano, le moto, le automobili e gli autobus vibravano come martelli pneumatici. E facevano strage di orologi meno affidabili.

Già, mi dirai, e cosa c’entra questo con l’attualità? Perché oggi un giovane dovrebbe comprare un orologio e buttarlo giù dalla torre Eiffel? Beh, parliamone.

Il cronografo Jumbostar, il restyling

Bene. Resistenza ai maltrattamenti e prezzo accessibile. Molti giovani di oggi, come quelli di ieri, cercano queste caratteristiche.
Il cronografo Wyler Vetta Jumbostar viene prodotto in una edizione commemorativa di 125 esemplari, come gli anni che compie il marchio. Movimento meccanico a carica automatica – movimento svizzero, beninteso –, costa 1.995 euro ed è anche impermeabile fino alla pressione di 10 atmosfere. Resistenza ai maltrattamenti e prezzo accessibile, appunto.

Esteticamente il cronografo Jumbostar riprende l’impostazione di un modello presentato nel 1968, ma dopo un serio lifting fatto da uno dei nostri migliori designer: Fulvio Locci. Che ha curato anche la collezione Dynawind, un vero e proprio best buy, sia nella versione con il movimento al quarzo che in quella con movimento meccanico a carica automatica; e la Heritage, adatta per chi preferisce l’orologio classico.

E poi c’è la tradizione del gruppo Binda, una tradizione che non invecchia mai: la volontà e la capacità di realizzare orologi di qualità eccellente in relazione al prezzo. Per rendersi conto della qualità delle finiture e dell’attenzione ai dettagli del cronografo Jumbostar, il consiglio – ancora una volta – è quello di andare da un concessionario per verificare se vi dico sciocchezze, se sto cercando di indorare la pillola. Sono convinto che, al contrario, avrete una bella sorpresa, perché le tradizioni, quelle buone, non invecchiano mai.