Quel genio di Roland Barthes definì la fotografia “un orologio per vedere”. Certo non a caso: fotografia e orologeria hanno in comune la meccanica di precisione. E i suoi ingranaggi: molle e leve, contatori e raccordi millimetrici. Entrambe le tecniche si basano sul controllo e sulla misurazione del tempo. Letteralmente e simbolicamente, mettono il tempo in una scatola. Questi legami, sorprendentemente ignorati fino a poco fa, sono messi in evidenza dalla mostra Fotografia e orologeria, aperta in questi mesi al Museo della fotografia di Vevey, sul lago di Ginevra.
Non è casuale neppure la location dell’esposizione, la Svizzera degli orologi. Perché le aziende elvetiche, di fronte alla crisi economica che si abbatté tra le due guerre mondiali, decisero di diversificare la produzione applicando il proprio know-how alle macchine fotografiche. Dalla Vallée de Joux all’Aargau, le case orologiere iniziarono a produrre fotocamere di alta gamma.
Reperti storici…
Tanti gli esempi esposti allo Swiss Camera Museum. A cominciare dalla “fotocamera da piccione” brevettata da Adrian Michel, che gestiva una ditta di orologeria a Walde. Inventiva, esperienza e conoscenza gli permisero di ideare, nel 1936, un dispositivo “di ritardo meccanico” ispirato agli orologi, dotato di molla, ingranaggio e sistema di scappamento. Il suo progetto riprendeva la macchina fotografica automatica per piccioni viaggiatori presentata nel 1909 dal tedesco Julius Neubronner, pensata per la sorveglianza privata e militare. E in effetti l’esercito svizzero utilizzò il meccanismo di Michel, che consentiva riprese aeree per missioni di ricognizione al suolo. Michel aveva insomma posto le basi per l’invenzione del drone.
Nel 1937, nello stabilimento di LeCoultre & Cie – oggi Jaeger-LeCoultre – si realizzò la macchina fotografica Compass, un capolavoro di tecnologia miniaturizzata disegnato da un inventore britannico. Grande come un pacchetto di sigarette, Compass aveva un obiettivo da 35 mm e un telemetro per la messa a fuoco, filtri incorporati, un esposimetro, due mirini (di cui uno ad angolo retto), un mirino in vetro smerigliato, una livella e dispositivi per riprese panoramiche e stereoscopiche. La sua produzione – promossa dall’agenzia pubblicitaria di Losanna Trio, partner della manifattura di Le Sentier – fu bloccata dallo scoppio della guerra. Gli appena 5mila esemplari sono oggi ricercatissimi dai collezionisti.
… e curiosità in mostra
Un grande successo internazionale del Dopoguerra fu l’Alpa de Pignons (1944), lanciata dallo slogan “la macchina fotografica degli orologiai svizzeri”. L’azienda di orologeria Pignons – con sede a Ballaigues, nella regione del Vaud – commercializzò la fotocamera inventata da Jacques Bogopolsky (che aveva doppio mirino telemetrico e reflex) puntando sulla precisione tecnica e sull’affidabilità svizzera.
Così compatto da poter essere portato al polso come un orologio, Tessina di Siegrist (1960) è stato uno dei dispositivi preferiti dello spionaggio durante la Guerra Fredda. L’ingegnere tedesco Rudolf Steineck, trasferitosi in Ticino, aveva commissionato la fabbricazione e l’assemblaggio dei piccoli componenti di Tessina alla fabbrica di orologi Siegrist di Grenchen. La sua notorietà fu trainata da Alfred Hitchcock, che la inserì nel film Topaz, una spy-story del 1969.
Fotografia e orologeria nello sport
In quegli stessi anni, Omega, Longines e Swiss Timing sviluppano il fotofinish, capace di mostrare lo scorrere del tempo nelle sue entità più minute attraverso una registrazione fotografica continua. Il fotofinish trasforma quindi la fotografia in un vero e proprio orologio visivo, presto utilizzato per determinare il vincitore delle competizioni sportive, a cominciare dal cavallo da corsa. Su una lunga striscia di pellicola è possibile distinguere il momento preciso in cui ogni concorrente transita nell’area prescelta. In altre parole, non si misura una distanza, ma un intervallo di tempo. Il passaggio dall’analogico al digitale modifica il sistema del fotofinish: una rivoluzione che interessa parallelamente fotografia e orologeria.
Ecco quindi un’altra analogia tra i due mondi, che hanno creato tantissime innovazioni. Un esempio per tutti: oggi Swiss Timing, società fondata da Omega e Longines nel 1972, poi entrata nel Gruppo Swatch, produce la fotocamera digitale Scan’O’Vision, capace di registrare fino a 10mila immagini al secondo di ciascun concorrente che taglia un traguardo sportivo. D’altronde già nel XVIII secolo, automi e carillon avevano messo l’orologeria meccanica al servizio della produzione automatizzata di immagini e suoni. Nel XX secolo, diverse aziende svizzere hanno perpetuato questa tradizione producendo macchine fotografiche, giradischi o registratori.
Questa storia parallela viene raccontata nella mostra Fotografia e Orologeria. Realizzata a termine di un progetto di ricerca curato dall’Università di Losanna, è accompagnata da una ricca pubblicazione a cura di Edizioni Infolio. Sfogliandola, troverete casi di studio, saggi tematici e un approfondimento sul rapporto tra fotografia e orologeria. Avete tempo per visitare la mostra fino al 21 agosto: l’indirizzo è Grande Place 99 – 1800 Vevey. Trovate maggiori informazioni online, sul sito del Museo.