Approfondimenti

RM UP-01 Ferrari: l’ultrapiatto secondo Richard Mille

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In Richard Mille non la fanno semplice, decisamente. Prendete la partnership con Ferrari, comunicata a febbraio 2021. Pochi mesi dopo l’annuncio, qualsiasi altro marchio avrebbe sfornato un orologio dedicato. Loro invece ci hanno messo più di un anno prima di presentare l’RM UP-01 Ferrari. Perché questo non è un marchio qualsiasi. E come c’era da aspettarsi, il risultato non è un orologio qualsiasi: è una vera bomba.

Un orologio sorprendente, un Richard Mille che non sembra un Richard Mille e che sui social network e sui forum di appassionati ha generato, al momento dell’uscita, più perplessità che entusiasmo. Ma è sempre così: il genio è spesso nemico della prima impressione, va studiato con calma per poterlo capire e giudicare. Dopodiché ciascuno è libero di avere la propria idea, purché sia un’idea informata. Vediamo se, insieme, riusciamo a farcela questa idea.

I numeri dell’RM UP-01 Ferrari

Perché ho scritto che l’RM UP-01 Ferrari è un Richard Mille in incognito? Proprio perché ho utilizzato l’approccio da “prima impressione”. Si era mai visto, prima d’ora, un orologio simile? No. E per provare a capire di che cosa si tratta, parto dai numeri.

Nonostante al liceo fossi una capra tibetana in matematica, ciò che mi hanno insegnato e di cui rimango convinto è che i numeri si analizzano ma non si interpretano. E i numeri dell’RM UP-01 Ferrari sono inequivocabili. Cassa da 51 x 39 mm, sottile 1,75. Movimento a carica manuale spesso 1,18 mm, pesante 2,82 grammi, capace di resistere ad accelerazioni di oltre 5mila g. Autonomia di 45 ore; 6mila ore di sviluppo e prove in laboratorio.

Basterebbero lo spessore della cassa e quello del movimento per capire che con questo orologio i tecnici di Richard Mille hanno dovuto trovare soluzioni straordinarie a problemi straordinari. Problemi dettati dalle tolleranze al decimo di millimetro che la cassa e il movimento dell’RM UP-01 Ferrari hanno messo di fronte agli ingegneri del brand.

Richard Mille alla prova dell’ultrapiatto

La soluzione trovata è straordinaria nel risultato più che nell’idea. Una soluzione da economia domestica, mi viene da dire. Se ho tante T-shirt da infilare in un cassetto poco profondo, non le impilo ma le distribuisco sull’intera superficie del cassetto; ce le faccio stare tutte, diminuendo lo spessore del malloppo. Allo stesso modo, Richard Mille ha distribuito su una superficie più ampia tutto ciò che poteva non essere impilato, creando una simbiosi tra il movimento e la cassa. In questo modo, ciascun componente garantisce la necessaria rigidità dell’altro. Facile a dirsi, ma provate a farlo in una cassa così…

Inoltre, l’idea era che l’orologio mantenesse un’architettura tradizionale in cui le componenti del movimento fossero montate all’interno della cassa. In altri recenti ultrapiatti invece sono integrate nel fondello, che ha funzione di platina e garantisce maggiore resistenza agli urti. Ecco perché la cassa dell’RM UP-01 Ferrari è stata lavorata nel reparto movimenti del brand anziché in ProArt, fabbrica satellite di Richard Mille destinata alla produzione delle casse.

L’RM UP-01 Ferrari dentro e fuori

Fatta questa lunga ma necessaria premessa, vediamo che cosa c’è dentro e fuori l’orologio. Intanto, il titanio grado 5 è l’elemento che accomuna la cassa, il treno del tempo, la platina e i ponti scheletrati. All’interno della cassa, la nuova architettura del movimento ha portato Richard Mille a sviluppare diversi brevetti, tra cui un bariletto e uno scappamento ultrapiatti.

Senza entrare troppo in tecnicismi come la curva di rilascio della forza della molla, segnalo che è stata ridisegnata l’intera architettura dello scappamento: sono stati tolti i due elementi che controllano il moto dell’àncora durante la fase libera dell’oscillazione, ossia il disco di sicurezza e il dardo. Per supplire a questa mancanza, la forcella è stata allungata e dotata di nuovi corni. Sparita anche la racchetta di regolazione, sostituita da un bilanciere in titanio a spirale libera e inerzia variabile. In cui sei pesi consentono una calibrazione fine della frequenza.

Un’architettura anomala

Tutto molto bello, direbbe Bruno Pizzul, ma alla fine chi acquista un orologio vuole lasciarsi sedurre anche dall’estetica. E l’estetica ci parla di una cassa dalla forma tonneau che si sviluppa in orizzontale anziché in verticale, come nella tradizione di Richard Mille, e sulla quale si trovano quattro aperture. Se volessimo immaginarla come una cassa tradizionale, potremmo dire che sono posizionate a ore 12, tra ore 1 e 2, tra ore 7 e 8 e tra ore 10 e 11.

A ore 12 si trova l’indicazione di ore e minuti, con le lancette fissate direttamente sulle ruote del treno del tempo. Tra ore 1 e 2 fa bella mostra di sé il bilanciere. Continuando in senso orario, troviamo prima la corona per caricare l’orologio o correggere l’ora; e poi quella del selettore, che consente di impostare sull’altra corona la funzione di ricarica (W) o quella di rimessa all’ora (H). Entrambe le corone sono integrate orizzontalmente nello spessore della cassa, parallelamente alle ruote del movimento, e sono in acciaio con trattamento superficiale Dlc.

Un’architettura che si è resa necessaria perché, per alimentare un orologio così sottile, si è dovuto ripensare completamente sia il meccanismo di ricarica, sia quello di rimessa all’ora. È stato infatti eliminato l’asse di carica, perché il suo diametro minimo di 1,5 millimetri non consentiva di infilarlo in uno spazio così angusto.

Il prezzo dell’eccellenza

Julien Boillat, Direttore tecnico per le casse di Richard Mille, ha detto che «per un progetto del genere, era necessario mettere da parte tutte le conoscenze accumulate in anni di pratica e ogni possibile standard di orologeria». Infatti, mi dicono le mie fonti, il progetto era in studio da anni e praticamente già pronto: serviva trovare il partner giusto per portarlo dalla carta al polso.

Ovvio che un orologio così, frutto di oltre 6mila ore di sviluppo e che ha comportato la collaborazione del team di Richard Mille con i laboratori di Audemars Piguet Le Locle, sia prodotto in edizione limitata di 150 esemplari. Ciascuno in vendita al prezzo non indifferente di 1,7 milioni di franchi svizzeri, tasse escluse.

Una cifra che, come sempre quando si parla di questo marchio, da un lato scandalizza i neo-pauperisti un po’ rosiconi. Dall’altro fa i titoloni sui giornali se qualcuno ha la sventura di farsi scippare l’orologio. Ma è una cifra che nasce da quanto scritto finora: materiali, tecnologie, investimenti in macchinari, anni di studio e di progetti, anni di stipendi pagati a chi ha studiato e progettato quelle tecnologie e quei materiali che hanno permesso di creare l’orologio.

Badate, non scrivo questo perché ho interesse a difendere il signor Richard Mille o invogliarlo a comprare la pubblicità sul sito. Lo scrivo perché – come ho detto all’inizio – ciascuno ha il dovere di avere un’opinione e il diritto di esprimerla, purché sia informata. Anche questi argomenti servono a costruirsela. A ciascuno poi la libertà di considerare l’RM UP-01 Ferrari un capolavoro di alta orologeria o un costoso giocattolo dall’estetica discutibile.