Protagonisti

Eberhard & Co.: dal 135° al Salone Nautico, Mario Peserico racconta

{"autoplay":"false","autoplay_speed":"3000","speed":"300","arrows":"true","dots":"true","loop":"true","nav_slide_column":5}
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image

Il 2022 è un anno di anniversari per Eberhard & Co. Il marchio di orologeria svizzera, che ha intrecciato la propria storia con quella della Marina Militare, dell’aviazione e dell’automobilismo, compie 135 anni. E celebra anche il 130° anniversario della nascita di Tazio Nuvolari, al quale fin dalla fine degli anni ‘80 ha dedicato un’omonima collezione.
Queste due ricorrenze saranno celebrate con una serie limitata, un nuovo cronografo e una novità che, dalla terra al cielo, “porterà” gli orologi Eberhard & Co. anche in acqua. O meglio, evidenzierà il legame quasi centenario della maison con il mondo marino. In che modo? Continuando a rispondere, con nuove ri-edizioni, alla richiesta di orologi vintage. E scommettendo tutto, come già annunciato a inizio anno, sulla competenza crescente dei negozianti. Con prospettive di crescita, nonostante tutto…
Parliamo di anniversari e nuovi modelli, criticità e punti di forza, previsioni e strategie con Mario Peserico, Amministratore delegato di Eberhard Italia.

135 anni è una bella età: come festeggiate?
«Il 135° anniversario è particolarmente importante per un’azienda come Eberhard & Co., fondata e gestita da due famiglie. Possiamo quindi ribadire il legame con le radici, da cui non ci siamo mai distaccati, attraverso una storia continua, priva di scossoni. È però altrettanto vero che non siamo più grandi fautori delle serie limitate: come insegna la storia dell’orologeria, un marchio si afferma quando ha prodotti che restano disponibili nel tempo. È importante celebrare i momenti importanti, ma è altrettanto importante anche avere continuità. Perciò abbiamo scelto di lanciare quest’anno una e una sola serie limitata: lo Scafograf 200 con trattamento in carbonio in 135 esemplari numerati, che sarà presentato in anteprima al Salone Nautico di Genova».

Ecco un’altra novità: quest’anno Eberhard & Co. debutta come Orologio ufficiale del Salone Nautico
«Abbiamo sempre guardato al Salone Nautico come una vetrina molto importate, in cui troviamo rappresentato uno dei valori del nostro marchio, che ha sempre avuto uno stretto legame con il mare. Ricordo ad esempio che negli anni ’30 Eberhard è stato fornitore ufficiale di orologi per la Marina Militare. E che negli anni ’50 è iniziata la storia dello Scafograf, che si affacciò nel mercato nascente dei subacquei, da allora mai abbandonato. Negli anni ’80, come uno dei primi marchi mondiali presenti all’America’s Cup, abbiamo affiancato la leggenda di Azzurra. In quegli stessi anni, abbiamo partecipato anche a diverse gare mondiali di offshore. Poi è subentrato il mondo dei motori. Ora era arrivato il momento di “rituffarci” nel mare. E, finalmente, abbiamo trovato libero il posto finora occupato nel Salone Nautico, come Official timekeeper».

A Genova celebrerete anche i 130 anni di Tazio Nuvolari…
«Sì, dedicheremo un momento all’anniversario della nascita del campione, uno dei più grandi piloti dell’automobilismo mondiale. A ottobre lanceremo un nuovo cronografo Nuvolari con quadrante e lavorazioni che richiamano le automobili storiche (in due versioni: fondello chiuso oppure a vista)».

Ancora riedizioni…
«Di collezioni ne abbiamo abbastanza. Abbiamo scelto di rafforzare quelle esistenti studiando piccole rivisitazioni che le aggiornino e le rafforzino».

Passiamo ai numeri: come si è chiuso il primo semestre 2022 per Eberhard Italia?
«Con una crescita sostenuta (+15 per cento) rispetto a giugno 2021, già in crescita rispetto al 2019. È andata bene, ma poteva andare molto meglio. Siamo contenti, ma avremmo voluto mettere più fieno in cascina».

Cosa ha frenato la crescita?
«La crescita è stata rallentata da un lato dalla carenza di materie prime e dall’altro dal collo di bottiglia che ha stretto la produzione svizzera. Mi spiego: i fornitori di componentistica orologiera non si sono ancora del tutto ripresi dai lockdown, fabbriche ancora sotto-dimensionate provocano ritardi in tutta la produzione. Questa situazione ci lascia un po’ di amaro in bocca, perché avremmo potuto essere abbondantemente più avanti sul portafoglio di ordini».

E il grande ottimismo con cui avevate chiuso il 2021?
«Oggi la situazione è più complicata. Abbiamo i contagi Covid che sono ripartiti, anche se ci comportiamo come se non ci fossero, e comunque non è detto che incidano sulle vendite di orologi. Poi ci sono la crisi energetica e l’inflazione, che sono un dato di oggettivo aumento delle spese, con cui di sicuro stanno facendo i conti i nostri acquirenti, che rientrano in una fascia di reddito medio-alta (non quella in cui un salario altissimo ammortizza le bollette più esose). La preoccupazione per la guerra si sta offuscando. Ma intanto, visto che mancava qualcosa, è arrivata anche la crisi di governo. Non possiamo dunque stare tranquilli. Comunque, prevediamo di chiudere il 2022 con una crescita del 20 per cento».

Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: nonostante le difficoltà, Eberhard & Co. tira dritto verso la ripresa. Cosa traina la crescita del vostro giro d’affari?
«C’è un elemento endogeno e uno esogeno. Da un lato c’è il successo riscontato dai modelli lanciati negli ultimi due anni e mezzo, che si sono rivelati vincenti sia dal punto di vista estetico che per il posizionamento di prezzo. Orologi come lo Scafograf o lo Scientigraf hanno infatti cavalcato la tendenza vintage. Su questa stessa linea si è collocata anche la riedizione celebrativa del ventennale del Chrono 4, che sta piacendo molto.

Dall’altro lato i consumi, in generale, sono trainati dal desiderio comune di tornare a vivere, dopo due anni di pandemia che ci ha visto chiusi in casa e ci ha fatto risparmiare. Lo slancio agli acquisti è adesso frenato dall’aumento delle bollette e dall’inflazione (come spiegavo prima); però noi stiamo continuando a beneficiarne grazie alla distribuzione capillare che ci consente di raggiungere centri apparentemente meno ricchi rispetto alle località turistiche, ma dove è molto diffuso l’acquisto di un orologio come regalo per una grande occasione (battesimo, prima comunione, cresima o matrimonio)».

Conferma il suo “No” all’e-commerce aziendale?
«Sì. E portiamo avanti anche per i prossimi anni questa scelta che sembra reazionaria, ma invece ci ha premiato: non vendiamo e non venderemo online. È giusto che i nostri concessionari lo facciano: noi li supportiamo; ma non facciamo loro concorrenza con una nostra piattaforma di e-commerce. In pieno lockdown avremmo potuto compensare su internet la mancanza di vendite in negozio; ma abbiamo detto ai nostri concessionari: “Se non vendete voi, non vendiamo nemmeno noi”. Non potevamo approfittare del momento di difficoltà vissuto dai negozianti. Loro hanno molto apprezzato e si sono fidelizzati».

Il mercato vi sta dando ragione…
«Difficile avere dati in merito; ma abbiamo evidenza di una crescita delle vendite online, per la fascia di prezzo medio-alta, nettamente inferiore alle aspettative. Questo conferma la nostra percezione: l’atipicità del prodotto richiede la necessità di avere un luogo fisico (il negozio) in cui vedere l’orologio da vicino, toccarlo e provarlo al polso. I negozianti devono essere in grado di attrarre il consumatore e trattenerlo. Noi che abbiamo scommesso sulla centralità dei negozi siamo stati premiati».

Secondo il sentiment espresso ad Augusto Veroni, nell’intervista qui pubblicata a gennaio scorso, lei è soddisfatto del livello di competenza raggiunto dai negozianti…
«La pandemia, che ha creato tanti squilibri, ha anche accelerato alcuni processi positivi. Come il ricambio generazionale e i passi in avanti su formazione e aggiornamento».

E-commerce: no; social network: sì?
«Negli ultimi due anni, in particolare, i nostri concessionari hanno investito molto sulla comunicazione social, da noi coordinata, guidata e sostenuta, arrivando in alcuni casi a gestire noi stessi gli account. Se 10 anni fa la comunicazione era al 100 per cento sulla carta stampata, oggi la situazione è quasi ribaltata: l’informazione pre-acquisto passa quasi esclusivamente attraverso internet. Non possiamo che tenerne conto».