Attualità

Turbine Carbon, Perrelet sceglie il Forest Green e il Midnight Blue

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Perrelet ha presentato recentemente due nuove versioni nella collezione Turbine Carbon: il Turbine Carbon Forest Green e il Turbine Carbon Midnight Blue. Rispettivamente nei colori verde bosco e blu notte che decorano il quadrante inferiore e il display dell’ora, grazie alla tecnologia Turbine, brevettata nel 2009. Una sorta di elica in cui le pale in alluminio anodizzato, ruotando, mettono in evidenza le gradazioni cromatiche scelte per il quadrante. Sotto a cinque pale si trovano dei contrappesi in tungsteno a garantirne l’equilibrio e la stabilità.

La tecnologia Turbine

Si dice spesso che il movimento meccanico, motore di esemplari a carica manuale o automatica, sia “il cuore” dell’orologio. Perché se si ferma termina la vita, proprio come nel mondo animale, ma con un’enorme differenza per il prosieguo nel tempo. Un orologio che non marcia più infatti continua a procurare sensazioni legate all’estetica, alle funzioni che lo hanno visto scandire con un continuo lavoro l’avvicendarsi delle stagioni, ai ricordi – belli o meno – che lo hanno affiancato… Altrimenti non ci si spiega il grande numero di orologi non funzionanti che i proprietari non pensano minimamente di gettare via.

Se poi alla parola motore affianchiamo il sostantivo turbina, il pensiero va al mondo della mobilità aerea, navale, terrestre – o alle industrie manifatturiere in cui la potenza del motore di un impianto è aumentata grazie alla velocità con la quale girano le pale dell’elica. In aeronautica le turbine di un motore a reazione ruotano a 180mila giri al minuto, le 12 pale degli orologi Perrelet sono invece legate alla rotazione impressa dal movimento. A differenza del Doppio Rotore – la prima tecnologia brevettata nel 1995 da Perrelet, in cui due masse oscillanti fornivano energia al movimento – la tecnologia Turbine è svincolata dal bariletto e non influisce sull’autonomia residua. Le pale degli orologi Perrelet svolgono quindi una funzione puramente estetica, anche se presentano aspetti di difficile realizzazione: sia per lo spessore e il peso, sia per la precisione micrometrica con la quale devono essere centrate sul quadrante.

Il Turbine Carbon in sintesi

Riguardo al carbonio, è un elemento d’avanguardia entrato prepotentemente anche nella produzione orologiera. Nella cassa tonda dei Turbine Carbon (44 mm di diametro, impermeabilità fino a 10 atm), le fibre di carbonio unite al policarbonato conferiscono doti di leggerezza e durezza, resistenza agli urti e ai graffi, capacità di isolamento termico, insensibilità agli sbalzi di temperatura e agli agenti chimici. Caratteristiche che garantiscono una lunga durata nel tempo. La lunetta piatta e il fondello sono invece in acciaio trattato Pvd nero opaco. La carrure presenta la tradizionale decorazione a scanalature verticali con la corona prominente, facile da maneggiare, introdotta con la linea Turbine Evo nel 2019. Il prezzo al pubblico è di 4.750 euro.

Anche se nei nuovi modelli Turbine Carbon a prevalere è l’estetica, giocata in due cromie di tendenza, merita almeno un cenno la meccanica. Il calibro a carica automatica P331-MH, di manifattura, è un movimento di nuova concezione (presentato nel 2021), che funziona a 28.800 alternanze orarie e con le consuete 42 ore di autonomia. Ma con prestazioni tali, in termini di affidabilità e costanza di marcia, da ottenere la certificazione di cronometro. Una doppia certificazione, a dire il vero, visto che ha superato sia i test del Cosc sia quelli di Chronofiable. Questi ultimi, meglio ricordarlo, mettono alla prova il movimento a cicli di invecchiamento e ne garantiscono la resistenza agli urti, all’usura, all’impermeabilità, ai campi magnetici.

Un po’ di storia

Per concludere torniamo alle origini della moderna Perrelet, nata nel 1995 dall’incontro fra due discendenti di famiglie importanti nell’imprenditoria elvetica orologiera. Flavio Audemars, quarta generazione della famiglia dalla quale nacque la Maison Audemars-Piguet, che però aveva fondato una sua impresa a Lugano Cadempino nel campo della componentistica micromeccanica; e Jean Perrelet, responsabile di un settore della Audemars Piguet. I due soci scelsero come ragione sociale dell’impresa proprio “Perrelet” in omaggio all’orologiaio Abraham-Louis Perrelet, riconosciuto (salvo qualche recriminazione francese) come il primo autore del movimento automatico negli orologi, nel 1777.

Il primo esemplare della giovane impresa fu il Dipteros, che mostrava dal quadrante la parte superiore del Doppio Rotore. La Maison nel primo decennio di vita partecipò alla Fiera di Basilea e per due anni fu presente anche al Sihh ginevrino. Nel 2004 la svolta, con la vendita a Miguel Rodríguez, l’imprenditore spagnolo fondatore del Gruppo Festina cui Perrelet tuttora appartiene. Del Gruppo fanno parte molti Marchi orologieri e sei aziende che si occupano della produzione di tutti i microcomponenti dei calibri meccanici, compresi scappamenti, bilancieri e spirali. Da citare anche Soprod, manifattura elvetica di movimenti (fondata a Sion nel 1999 e acquisita dal Gruppo Festina dal 2008), alla quale è affidato lo sviluppo dei calibri Perrelet, in totale autonomia.

Oggi, chi legge in rete la storia dei moderni Perrelet, trova il riferimento al XVIII secolo e poi passa direttamente all’attualità, sorvolando ciò che accadde fra il 1995 e il 2004. Una scelta che personalmente non condivido perché di una marca mi sembra giusto presentare ogni passaggio evolutivo, ma che ovviamente va rispettata, perché rientra nella filosofia dei proprietari. Del resto, chi ama la storia dell’orologeria la incontra spesso…