In quest’ultima puntata vedremo le ulteriori filiazioni del Bulova Accutron. Dopo un breve excursus sugli esemplari dedicati al pubblico femminile, ci addentreremo nel mondo del quarzo. Le versioni Accuquartz e le successive variazioni sul tema emettono ancora il tipico ronzio del diapason, ma sono governate dal cristallo di quarzo. E segnano la fine di un’era.
Occupiamoci delle signore: l’Accutron 221
Anche per Bulova si pone la questione di miniaturizzare il movimento per poterlo incassare negli orologi da donna. Il problema principale è che il movimento è pur sempre dello stesso tipo, quindi ha lo stesso assorbimento di corrente, per cui la pila non può essere molto più piccola. Alla fine si decide per metterla al centro del calibro, tra i due rebbi del diapason incurvati all’uopo.
La seconda via seguita nella miniaturizzazione passa dalla soppressione di tutte le complicazioni. Via i secondi (che poi sono il bello degli Accutron), via il datario, restano solo ore e minuti. Infine, si attacca il treno del tempo, e qui secondo me si rasenta il genio applicato alla micromeccanica. Nell’angolino in basso a sinistra, in soli 4 x 3,5 x 2 mm si stipa l’intero riduttore, con un rapporto complessivo di 840:1, partendo dai 440 Hz del diapason (maggiori dei 360 degli originali). La prima ruota ha 270 denti, al solito pressoché invisibili. Per trasmettere il moto nelle tre dimensioni nello spazio a disposizione si usano due viti senza fine. Le misure del movimento sono davvero ridotte: 19,4 x 17,4 per soli 4 mm di spessore. La pila originale non è più prodotta, occorre ricorrere a misure diverse e spaziatori. Non ci sono né secondi né datario.
L’Accutron 221 è stato prodotto a partire dal 1973. Questo calibro fu l’ultimo derivato dal progetto originale di Hetzel con le tre bobine.
L’Accutron 230
Il successivo Accutron 230 complessivamente non è più piccolo ma recupera secondi, datario e giorno della settimana. È un progetto del tutto nuovo che utilizza una sola bobina a ciambella in luogo delle precedenti 3 cilindriche, e trasmette il moto con la forza di Lorentz (che si esercita su un oggetto elettricamente carico per effetto di un campo elettromagnetico). La stessa bobina, per intenderci, utilizzata nello stesso periodo da Hetzel nel calibro Omega Megasonic. L’Accutron 230 ha avuto vita breve a causa di un’affidabilità non eccelsa: le bobine e il datario si guastano spesso.
Il diapason incontra il quarzo: l’Accuquartz 224
Siamo nel 1971 e il “quarzo” è il futuro. Bulova ha un po’ dormito sugli allori, ma ormai adottare la nuova tecnologia è indifferibile. Gli americani avevano partecipato anche al consorzio CEH (Centre Eletronique Horloger, creato nel 1962 a Neuchâtel) per il Beta 21 e avevano ricevuto la loro quota di movimenti – da loro denominati 10EACD – incassati in un massiccio parallelepipedo d’oro con corona a sinistra. Data l’esiguità dei numeri e il costo spropositato è chiaro che non poteva essere neppure una soluzione tampone.
In quattro e quattr’otto gli ingegneri americani approntano il calibro 224 “Accuquartz”, che permette di stare al passo coi tempi a costi minimi di adattamento. Un ideale ponte tra un presente invecchiato rapidamente e un futuro che è già arrivato. L’impianto resta quello del calibro 218, ma a guidare il tutto c’è un quarzo da 32.768 Hz. Il diapason ora vibra a 341,33 Hz, che corrisponde a una divisione per 96 della frequenza di oscillazione. Il suo utilizzo ora è soltanto di motore passo passo, perché ad alimentare o no le bobine ci pensa il chip di controllo Intersil. L’Accuquartz è presentato alla fiera di Basilea del 1971 e ha conosciuto le varianti 2241 e 2242 con i diversi tipi di datario.
In realtà ci fu anche un precedente esperimento nel 1964, quando alla fiera di Basilea fu portato un prototipo di 214 alimentato da due pile e con un divisore che riportava il quarzo ai soliti 360 Hz.
La fine dell’era del diapason
Nel 1977 la produzione di tutti i calibri cessò. Il quarzo aveva vinto. Bulova si era identificata a tal punto con il suo prodotto di maggior successo che il logo divenne un diapason stilizzato e che molti orologi presero il nome di Accutron pur non avendo più il diapason.
Nel 2008 la Bulova è stata completamente assorbita dal Gruppo Citizen, che con questo marchio ha realizzato orologi con quarzo ad alta frequenza (262 KHz), con il movimento continuo della lancetta secondi (da 2 a 8 Hz secondo i modelli) e alcuni esemplari con la misurazione del centesimo di secondo; il design ricorda spesso i modelli del passato. A seguito dell’acquisizione da parte dei giapponesi, i macchinari furono espressamente distrutti. Nel 2010 è uscita un’edizione celebrativa realizzata con fondi di magazzino del calibro 214 e cassa (da 41 mm) dei moderni Accutron II di forma vagamente triangolare.
Nel 2020, sempre all’interno del Gruppo Citizen, Accutron è diventato un marchio a sé. Da allora produce modelli commemorativi, simili a quelli d’epoca nell’aspetto, ma animati da movimenti meccanici di fabbricazione svizzera. Come nel caso del recente Astronaut “T”, un’edizione limitata di 300 esemplari con la cassa in acciaio (da 41 mm) e la lunetta giorno/notte ispirata alla versione del 1968, equipaggiato da un calibro automatico Sellita Sw330 con 56 ore di autonomia. Merita un cenno anche lo Spaceview 2020 che monta una nuova tecnologia elettrostatica. Ma questa storia la racconteremo un’altra volta.
Le varianti dell’Accutron Quartz
Se c’è una cosa chiara nella Svizzera orologiera del 1974 è che il futuro ha le fattezze del quarzo. Questa certezza perciò è già entrata negli uffici di Bienne della Bulova. Il problema è farle attraversare l’oceano e farla digerire al quartier generale di New York. Oltreatlantico però sono sordi: sono convinti che il diapason abbia ancora un grande avvenire davanti a sé, specie da quando hanno messo la pezza dell’Accuquartz 224: un diapason guidato dal quarzo.
Minima spesa, massima resa: e il diapason si trasforma in un semplice motore passo passo, perché il tempo lo dà il quarzo. Visto che da Manhattan non risponde nessuno, la Bulova svizzera si prende la responsabilità di sviluppare in proprio un vero calibro al quarzo. Alla fine del 1976 presenta il calibro 2420, che invero è ben riuscito: 26 x 4,5 mm, zero rubini, quarzo a barra da 32 KHz (realizzato dalla Divisione quarzo di Bulova Usa), circuito integrato realizzato da Synertec, motore con bobina fissa e rotore platino-cobalto prodotto da Bulova svizzera su licenza CEH. Consumo complessivo di 6,6 microampere e precisione di 0,2 secondi al giorno.
Le varianti realizzate di questo robusto e affidabile calibro sono:
2421.10 con lo stop dei secondi
2422.10 con la correzione veloce della data.
2423.10 con la data e i giorni della settimana.
2426.10 con funzione day-date in due lingue.
Inoltre è esistita una versione “TZ”, con la rimessa della sola ora senza muovere minuti e secondi, come l’Omega 1510 o l’Accutron 2185 (ma quest’ultimo aveva anche il secondo fuso orario). Una funzione interessante per la rimessa di precisione è accessibile tramite un pulsante incassato a ore 4: premendolo quando i secondi sono da 0 a 29 si ferma e aspetta i secondi corrispondenti, se è da 30 a 59 raddoppia la velocità per recuperare i secondi corrispondenti. Un metodo pratico per regolare i pochi secondi di scarto che possono accumularsi nel breve periodo, senza toccare ore e minuti.
Conclusioni
In conclusione, il progetto Accutron ha segnato una vera rivoluzione nell’orologeria, rappresentando il primo orologio da polso senza un bilanciere. Nel tempo si è rivelato anche un prodigio di micromeccanica molto affidabile, tanto che al giorno d’oggi non è raro trovare esemplari ancora funzionanti, sebbene abbiano 50 o 60 anni di vita.
Gli esemplari più richiesti, e quindi più costosi, sono gli Spaceview su base 214, gli Astronaut con lancetta 24 ore – sempre su base 214 – e gli Snorkel, World Time e “lobster” su base 2812. Per questi ultimi le quotazioni stanno ormai raggiungendo il migliaio di euro. Per i vari modelli più classici di 218, ancora diffusissimi, è possibile invece trovare esemplari funzionanti anche poco sopra i 100 euro.