Approfondimenti

Carillon Tourbillon Biver, la nuova avventura di Jean-Claude e Pierre

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Jean-Claude Biver lo aveva annunciato alla Radio Télévision Suisse, nel febbraio del 2022: avrebbe creato un proprio brand, un brand con il proprio nome. E pare che due ore dopo un avvocato ginevrino ne abbia depositato il marchio e il logo. Detto-fatto. A poco più di un anno di distanza, non solo la marca JCBiver è diventata una realtà, ma ha già dato risultati concreti. Il 26 marzo scorso – il giorno precedente l’apertura di W&W, con l’orologeria che conta riunita a Ginevra –, nel nuovo atelier/fattoria in quel di Givrins, tra Ginevra e Losanna, c’è stato il lancio del Carillon Tourbillon Biver. La prima creazione presentata dal celebre manager insieme al figlio Pierre.

Alta orologeria allo stato puro, di più: altissima orologeria (ammesso che si possa dire). In pratica un ripetizione minuti con dispositivo tourbillon, il movimento sviluppato ad hoc, la cassa e il bracciale in oro rosso o in titanio (anche bicolore), il quadrante in pietra dura, le finiture maniacali. Super-esclusivo, pochissimi esemplari previsti e un prezzo base di 520mila euro. Un punto di incontro fra generazioni, perché sembra che i due Biver ci abbiano messo ognuno del suo: il primo forte di una carriera lunga 50 anni; il secondo carico dell’energia e della voglia di spaccare il mondo che solo un ventiduenne può avere. Ma è anche, secondo me, il lascito di una generazione a un’altra. E in definitiva un atto d’amore, non solo da padre a figlio, ma verso l’orologeria stessa.

Jean-Claude e Pierre

Del resto, Jean-Claude Biver lo aveva detto chiaramente, in quel programma radio. L’età della pensione non lo aveva affatto spento, anzi: era l’ennesima sfida che si apprestava ad affrontare, consapevole del proprio valore. «Il mio nome è prezioso, credibile e conosciuto… La passione non è qualcosa che se ne va con la pensione: pensione significa che la tua posizione se ne va, ma non la tua passione. Ho molto da trasmettere e voglio trasmetterlo».

E il suo curriculum non lascia dubbi: gli esordi da Audemars Piguet, i tanti anni alla guida di Blancpain con Jacques Piguet, poi le esperienze in Swatch Group e da Omega, il passaggio a LVMH, prima da Hublot e poi a capo dell’intera orologeria del Gruppo, fino al recente ruolo di consigliere del CdA di Norqain. Non per niente alla presentazione del Carillon Tourbillon Biver, Monsieur Jean-Claude ha parlato degli ultimi (in senso temporale) 5 minuti di un lungo percorso.

Molto più brevi ovviamente i trascorsi professionali di Pierre: prima la laurea in economia politica alla Hec di Losanna (Hautes Etudes Commerciales), poi la collaborazione di due anni con Perpetual, la divisione di vendita privata di orologi nella sede londinese di Phillips Auctioneers. Lì deve aver imparato a conoscere il mondo del collezionismo, cosa vogliono i grandi collezionisti e cosa cercano nelle marche indipendenti. E lì deve essere nata l’asta che ha disperso quattro pezzi rari della raccolta paterna.

Comunque il ragazzo sembra avere già le idee chiare, e parecchio da dire – a quanto si legge sulla cartella stampa del Carillon Tourbillon Biver. Dieci pagine di presentazione, con tanto di doppia intervista per spiegare – nero su bianco – intenti e valori del nuovo marchio.

Un’esperienza personale

Ricordo, tanti anni fa a Baselworld, di aver assistito a un’intervista (quella volta di persona) fatta da Augusto Veroni a Jean-Claude Biver. I due – che si conoscono da una vita e hanno trascorsi di amicizia – chiacchierarono del più e del meno per un’oretta. Ma parlarono di orologi e orologeria solo per pochi minuti. Per il resto spaziarono in lungo e in largo, e si raccontarono tutt’altro: considerazioni sulla vita, sul futuro, sui propri principi etici.

Parlarono di massimi sistemi in totale libertà, senza filtri, costringendomi a fare una specie di “surf mentale” (come l’ho sempre chiamato io), da cui uscii un po’ sconvolta e quasi commossa per le corde interiori che erano riusciti a toccare. Inutile dire che il testo poi pubblicato rispecchiava solo una minima parte di quanto si erano detti, ma risultò comunque straordinariamente profondo.

Un’anima artistica

Personaggio carismatico, autorevole e istrionico, grande affabulatore, talvolta perfino eccessivo, Jean-Claude Biver nella cartella stampa racconta di sé, del proprio marchio e del nuovo orologio con quella stessa lucidità e sincerità che ho riscontrato allora. Riporto qualche stralcio, tanto per capirci: “Quello che vorrei portare al mondo dell’orologeria è l’anima. Voglio che il mio marchio si occupi non solo della tecnica orologiera, ma anche dell’arte orologiera. L’arte orologiera, come tutta l’arte, porta in sé un’anima e quest’anima viene trasmessa all’oggetto dall’artista…».

E ancora: «Gli artisti sono quelli che lavorano con me. Sono io a decidere dove fare il fuoco e con quale legno lo faremo, ma non sarò io ad accendere il fuoco. Sceglierò una radura al riparo dal vento, senza pericolo, porterò la legna ma saranno gli altri a fare il fuoco. Il mio ruolo è più simile a quello di un direttore d’orchestra che a quello di un primo violino. Non so suonare uno strumento, ma so come armonizzare i suoni degli uni e degli altri. Da cinquant’anni, non sono mai stato altro…».

Un lavoro d’équipe

In particolare, mi ha colpito la totale trasparenza riguardo alle maestranze e a tutte le persone che hanno collaborato in qualche modo a questo progetto. Dal design al packaging, dal fabbricante dei quadranti al produttore delle fibbie, dall’ufficio stampa a chi si occupa degli eventi, ciascuno è citato senza riserve. Una specie di “date a Cesare quel che è di Cesare”, a suddividere equamente la gloria del risultato. E lo stesso Biver padre spiega: «Noi ci riforniamo dove meglio ci conviene, dove troviamo la migliore qualità». «Abbiamo voluto raggruppare i migliori e farli intervenire, ciascuno nel proprio settore di competenza, durante tutto il processo produttivo», gli fa eco Biver figlio.

Non per nulla l’impresa JCBiver è stata paragonata al sistema degli antichi établisseur – il classico modello proto-industriale in cui un imprenditore ordinava a una fitta rete di subappaltatori i vari componenti degli orologi, che poi assemblava nei propri laboratori. Così, negli atelier di Givrins, oggi lavorano due orologiai e uno specialista della decorazione sotto la guida di François Perez (Direttore di produzione), i quali sono in grado di realizzare 18 esemplari l’anno. Ovvero la tiratura limitata del Carillon Tourbillon Biver. Ma se tutto va come deve andare, l’anno prossimo la produzione dovrebbe raggiungere i 50 esemplari. Oltretutto già si pensa ai modelli futuri: un calendario perpetuo e un cronografo, con i loro significati simbolici. Ma non andiamo troppo avanti nel tempo, vedremo.

Il Carillon Tourbillon Biver

Intanto c’è questo nuovo Carillon Tourbillon Biver. La cassa, in titanio grado 5 o in oro rosso, è stata realizzata da Efteor, una società con sede a Bssecourt. A occuparsi della meccanica invece Le Cercle des Horlogers, un’azienda specializzata in movimenti basata a Hauts-Geneveyes, sempre nel Giura Valdese (mentre per i prossimi movimenti si parla di Dubois-Depraz). Il calibro JCB-001, a carica automatica, è appunto un ripetizione minuti con carillon, ovvero monta tre martelletti per percuotere i gong invece dei consueti due, così da avere sonorità più ricche. La scelta di questa complicazione rimanda alla storia dell’orologeria della Vallée de Joux, e soprattutto alla figura di Louis-Elysée Piguet (nonno di Jacques), cui Jean-Claude sembra essere particolarmente legato.

Per chi vuole saperne di più, nelle didascalie qui sopra sono elencati altri dettagli meritevoli di attenzione. Qui preferisco sottolineare il livello di finitura di tutti i componenti, visibili e invisibili, fino all’ultima vite. Proprio per dare importanza a questo aspetto tutt’altro che secondario, i Biver hanno istituito il Punzone JCB, un marchio di qualità che ha l’obiettivo di promuovere il livello più alto delle finiture nell’artigianato orologiero. Un capitolato che riempie quattro pagine di caratteristiche tecniche, dall’habillage alla meccanica. Una sorta di certificato che assicura l’esecuzione del lavoro manuale nel pieno rispetto delle tradizioni elvetiche dell’orologeria. E tre anni di garanzia per ogni esemplare.

Concludo con una nota sulla distribuzione. Il Carillon Tourbillon Biver sarà in consegna da settembre. Ma, proprio per la produzione limitatissima, la distribuzione globale avverrà attraverso un solo distributore per regione: Bucherer per l’Europa, Ahmed Seddiqi & Sons a Dubai, Yoshida in Giappone, The Hour Glass a Singapore, Material Good negli Stati Uniti. Noi comuni mortali dobbiamo accontentarci di vederlo dietro uno schermo, ma possiamo avere maggiori informazioni sul sito ufficiale. Giusto per sognare un po’.