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“Jean-Claude Biver: a Retrospective”. Passioni personali in mostra

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C’è un piccolo Constellation di Omega in oro giallo ricevuto a 8 anni per la Prima Comunione (e indossato per la prima volta a 18 anni). Ma anche un Patek Philippe 1518 in oro rosa con quadrante abbinato, incredibilmente raro e meravigliosamente ben conservato (è degli anni Quaranta). Che per molti è l’assoluto Graal dei Patek Philippe vintage (è il primo cronografo con calendario perpetuo prodotto in serie dalla manifattura). Di certo, è uno degli esemplari più accattivanti della collezione privata esposta a Londra nei prossimi giorni. Non una mostra qualunque. Lo si capisce fin dall’annuncio: “Phillips in Association with Bacs & Russo presents Jean-Claude Biver: a Retrospective. Share, Respect, Forgive”.

Specializzata in arte, design, fotografia, editoria, orologi e gioielli, la casa d’aste nel 2014 ha associato il proprio nome a quello di due noti intenditori del mondo delle lancette. Ovvero Aurel Bacs, considerato il migliore battitore d’asta nel settore (già a capo del Dipartimento internazionale di orologeria di Christie’s); e sua moglie Livia Russo, esperta di esemplari vintage (anche lei proveniente da Christie’s). Forte delle proprie conoscenze, lo staff di Phillips ha dunque organizzato questa retrospettiva sulla personale raccolta del guru dell’orologeria Jean-Claude Biver. Personaggio tra i più carismatici del settore, ha segnato (o piuttosto rivoluzionato) il destino di marche come Blancpain, Omega, Hublot, Tag Heuer e Zenith; e ha da poco lasciato il ruolo di Presidente della Divisione orologi del gruppo Lvmh.

«Dopo aver festeggiato 70 anni, di cui 45 nel settore, sono lieto di condividere con gli amanti dell’orologeria una mostra unica. Che riguarda la mia passione per quei marchi, orologi e momenti, oggi parte indimenticabile della mia carriera e della mia vita». Commenta così il manager lussemburghese ma svizzero di adozione, famoso in tutto il mondo come leader ispiratore di un’intera generazione di manager e non solo. Celebrità di un Paese che non fa celebrità – hanno detto – perché più volte ha salvato dal baratro l’industria orologiera svizzera. E le ha donato, con le sue intuizioni di marketing, nuova vita.

Dopo l’apprendistato in Audemars Piguet, Jean-Claude Biver diventò product manager di Omega; poi, rientrato nella Valleé de Joux, agli inizi degli anni ’80 acquistò i diritti di Blancpain. E ricostruì il marchio da zero attorno al motto: «Dal 1735 non c’è mai stato un orologio Blancpain al quarzo. E mai ci sarà». Aveva trasformato una minaccia (lo sviluppo degli orologi a quarzo) in un punto di forza. Attraverso operazioni di product placement con la serie di James Bond e l’ingaggio di testimonial eccellenti (Cindy Crawford, Michael Schumacher e Pierce Brosnan), guidò poi la ripresa di Omega.

Per Tag Heuer ha persino pianificato una missione su Marte. Ma non prima di aver vinto un’altra sfida in Hublot; trasformato in soli 4 anni da marchio in via di estinzione con un fatturato di 11,3 milioni di dollari in un business per il quale Lvmh ha pagato (pare) 250 milioni di dollari, nel 2008. A memoria di quell’impresa, la mostra presenta il prototipo Bigger Bang Chronograph Tourbillon, cronografo monopulsante con tourbillon appunto, a lungo all’apice della collezione Hublot. Al polso di Biver in occasione di molti lanci importanti, è «il suo orologio fortunato», uno di quelli da cui non si separerebbe mai, che fa parte di lui.

L’esemplare più importante dal punto di vista storico in mostra è invece un Patek Philippe 96HU, uno dei primi orologi da polso con le ore universali realizzato dalla maison ginevrina. Ne sono noti solo due, entrambi scoperti a un paio di mesi di distanza e successivamente venduti dalle principali case d’asta nel 2011. Ma tra i pezzi più significativi di “Jean-Claude Biver: a Retrospective” si trova anche un Audemars Piguet Royal Oak 5402 in acciaio; di rilievo nella storia umana e professionale di Biver, perché rappresenta la sua prima sfida di marketing. In mostra anche modelli realizzati da orologiai indipendenti che Biver ha incontrato e sostenuto, con cui ha stretto amicizia lungo la strada.

«Uno dei pochi visionari dell’industria orologiera svizzera che deve essere accreditato per aver apportato vera innovazione e creato migliaia di posti di lavoro. Probabilmente uno dei migliori ambasciatori che il mondo dell’orologeria abbia mai avuto». Così dice di lui l’uomo che ha venduto il Rolex più costoso di sempre (il Daytona Paul Newman, battuto all’asta nel 2017 a New York per una cifra record di 17,75 milioni di dollari), Aurel Bacs.

A proposito della mostra-tributo, proprio Bacs aveva dichiarato: «Siamo incredibilmente onorati di chiamarlo amico e di dedicargli questa selezione unica e inedita di punti salienti della sua collezione privata; che abbraccia un secolo di orologeria e molti dei marchi più rari, e delle complicazioni più affascinanti; e, soprattutto, orologi personali che hanno segnato la sua illustre carriera. Non vediamo l’ora di accogliere gli appassionati di tutto il mondo nei tre continenti in cui presenteremo la sua collezione e negli incontri a cui parteciperà Jean-Claude Biver in persona».

Così, dopo Ginevra, Hong Kong e New York, l’esposizione “Jean-Claude Biver: a Retrospective. Share, Respect, Forgive” è ora arrivata a Londra. Un evento da non perdere per farsi un’idea dei gusti e delle vicende personali di una delle figure più influenti dell’alta orologeria contemporanea. Da vedere nella sede Phillips, al 30 di Berkeley Square, da lunedì 24 a venerdì 28 febbraio (dalle 10 alle 17.30). Ingresso libero.