Qualcuno si è divertito a calcolare che l’orologio al quarzo sia stato inventato 8 volte in 3 continenti diversi. Una di queste invenzioni porta la firma di Longines e risale al fatidico anno 1970: il calibro 6512, più noto come Longines Ultra-Quartz.
Longines era tra i membri del consorzio CEH, che abbiamo conosciuto nelle scorse puntate, e il suo Direttore tecnico, Aurèle Mairie, faceva parte del Consiglio di amministrazione. Mentre il Beta 21 era ancora in fase di gestazione, Monsieur Mairie si rese conto che quel movimento sarebbe risultato molto costoso da produrre, principalmente a causa del chip integrato con il divisore di frequenze. All’epoca il mondo della microelettronica era ancora in fase embrionale e le aziende non erano certo rientrate dagli investimenti. Fu così che Longines decise di produrre in casa un proprio movimento, più economico.
Già dagli anni ’50, la Casa della Clessidra alata collaborava con la Golay. Nel corso del decennio successivo, insieme riuscirono a produrre un prototipo di orologio elettromeccanico a bilanciere con contatto elettrico, il calibro 400, del tutto simile a quelli della concorrenza – ad eccezione dell’Accutron. Nel 1965 la sinergia Longines/Golay realizzò un orologio nautico con un quarzo da 12.000 Hz, 25 transistor e tre pile: il calibro 800, che nello stesso anno stabilì un nuovo record di precisione dell’Osservatorio di Neuchâtel. Per la cronaca, Longines si aggiudicò di nuovo il primo premio nel 1966 e 1968 con degli orologi da tasca.
L’isola del Diavolo
Il nuovo progetto prese vita nel 1963 nei laboratori di ricerca Longines chiamati Ile du Diable (Isola del Diavolo): che, a dispetto del nome sinistro, non si trovavano su un’isola e non avevano nulla a che fare con qualsivoglia entità maligna. Golay aveva disegnato un circuito elettronico del tutto originale, che sarebbe rimasto un unicum nella storia dell’orologeria, anche successivamente. Era composto da 14 transistor, 19 resistenze e 7 condensatori, non integrati in un chip ma saldati a mano, singolarmente. Il quarzo, come per tutti all’epoca, era a forma di grossa barra (26x6x3 mm) e aveva una frequenza di 9350 Hz. Non c’era alcun circuito divisore: esistevano invece due circuiti oscillatori separati, il primo dei quali eccitava il quarzo a 9350 Hz e il secondo lavorava sul motore a 170,66 Hz. Il rapporto era quindi di 48/1: in caso di errore generava un segnale di correzione della frequenza del motore.
Dal punto di vista concettuale, il motore è uguale a quello del Beta 21: un risonatore con bobina mobile e magneti permanenti fissi. La bobina non ha alcun tipo di protezione e i fili corrono liberi sul braccio del risonatore, il che lo rende estremamente delicato (uso il tempo presente perché, mentre scrivo, ho un Longines Ultra-Quartz proprio davanti a me, che mi fa venire i brividi ogni volta che lo apro). Al braccio del risonatore è solidale un cricchetto con rubino, che spinge una ruota a 170 denti da 0,024 mm, in posizione verticale (cioè a 90° rispetto alle altre). Il moto si trasmette al resto del treno per mezzo di una vite senza fine. I tecnici Longines misero a punto un olio speciale, meno viscoso, appositamente per questa ruota – che oltretutto esiste anche nel Bulova 221, un calibro di dimensioni sorprendentemente ridotte destinato agli orologi da donna.
Il Longines Ultra-Quartz sul mercato
Il design molto simile al Beta 21 provocò una discussone con il CEH, ma Longines riuscì a dimostrare – non si sa come, a dire il vero – che i due movimenti non avevano praticamente nulla in comune. Sta di fatto che nel 1970 il calibro 6512 non era ancora pronto. Per avere qualcosa da mostrare al pubblico, Longines acquistò 600 movimenti Beta 21 e li incassò in un esemplare chiamato Quartz-Chron. Un orologio piuttosto grosso e non proprio aggraziatissimo, perché il movimento rettangolare era stato infilato in una cassa circolare. Solo l’anno dopo Longines riuscì finalmente a presentare il calibro 6512 – il cosiddetto Longines Ultra-Quartz: lo tenne in produzione dal 1971 al ’73 e ne realizzò 2000 esemplari.
Il Longines Ultra-Quartz ha dato vita a due modelli di cassa, tipicamente anni Settanta: una rettangolare, che ospita il movimento – pure “di forma” – in orizzontale; l’altra tonneau, che dissimula la forma rettangolare del calibro inserito in verticale. L’aspetto, vincolato dalle dimensioni del movimento, è in entrambi i casi elegantemente massiccio. La corona si trova sul fondello e la cassa è composta da due pezzi, serrati da due mollette poste tra le anse. Sollevando e girando la corona si regola l’ora; ruotandola in senso antiorario da abbassata si imposta la data.
Per concludere
Dal punto di vista costruttivo, il Longines Ultra-Quartz è rimasto lettera morta: nessuno dei suoi princìpi di funzionamento alla fine avrà un futuro. Ma ha certo lasciato il segno nella storia dell’orologeria. Con la sua estetica sperimentale, radicalmente diversa sia da quello che c’era stato prima sia da ciò che è venuto dopo, rappresenta un’epoca di marcata e continua evoluzione.
Nelle prossime puntate vedremo come altre maison abbiano cercato la propria strada verso la precisione del quarzo.