Negli ultimi anni, Tissot ha riportato in vita alcuni orologi di culto del proprio passato. Grandi successi commerciali come il PRX e il PR516, o esemplari più di “nicchia” come il Sidéral e il Memphis, provengono tutti dai decenni ’60/’80 del secolo scorso. Periodi, anzi vere e proprie stagioni di rinnovamento dell’orologeria, segnate da una profonda evoluzione tecnico-estetica. Finora, però, mancava all’appello il “pezzo forte” della ricerca Tissot, l’orologio che forse più di ogni altro ha interpretato la capacità di innovazione della Casa di Le Locle: il RockWatch. Con la cassa scolpita nella pietra, era il risultato di un know-how avanzato nella sperimentazione materica.
Un evento in alta quota
Ora, finalmente, ecco il nuovo RockWatch. Per festeggiare il 40° anniversario dall’uscita del modello originale, Tissot lo ha realizzato in versione aggiornata. E lo ha lanciato con un evento a tema particolarmente riuscito: un viaggio fin su allo Jungfraujoch, un passo nell’Oberland bernese non a caso chiamato in gergo turistico Top of Europe. Dove il paesaggio estremamente suggestivo incontra numeri da record.
Dominato dalla struttura avveniristica dello Sphinx, che con i suoi 3571 metri di quota è l’osservatorio astronomico più alto d’Europa, si raggiunge per mezzo di una ferrovia a cremagliera elettrica, costruita fra il 1896 e il 1912. Il cui tracciato, lungo 9,3 chilometri, passa per oltre 7 all’interno dei monti Eiger e Mönch, nelle gallerie scavate all’epoca da un centinaio di minatori italiani (soprattutto lombardi e piemontesi), anche a costo della vita.
Grazie alla stazione ferroviaria posta a 3.454 metri (anche questa, la più elevata in Europa), lo Jungfraujoch oggi è diventato una celebre meta turistica. Frequentato ogni anno da un milione di persone, è un centro ricco di attrazioni, dallo Snow Fun Park (aperto solo d’estate), all’Ice Palace animato da sculture di ghiaccio, fino al Glacier Plateau, sulla cima del ghiacciaio Aletsch (ancora impressionante, anche se un po’ in sofferenza per i cambiamenti del clima)…
Si è svolta invece a 2800 metri, nelle stanze ricavate nel ventre della montagna con finestroni aperti sulla parete Nord, la presentazione del nuovo RockWatch, introdotto dal Ceo di Tissot Sylvain Dolla. Un evento che ha riunito una quarantina di blogger, videomaker e giornalisti internazionali (dall’Italia eravamo solo in due: io e il collega Michele Weiss). Abbiamo quindi potuto toccare, provare, fotografare l’orologio e parlare con i tecnici per approfondire il discorso making of. Impeccabile l’organizzazione.
Il RockWatch originale
Ma prima di raccontarvi del nuovo RockWatch, è indispensabile dire qualcosa sul modello originario. Nato da un’idea dello scultore Peter Kunz, vide la luce appunto nel 1985. Il granito della cassa proveniva in particolare dalle Alpi dei Grigioni (Andeer, Julier), del Ticino (San Fedelino), del Vallese (Collonge) e da altre aree della Svizzera (Habkern, Gottardo). La diversa zona di estrazione influiva sul tipo di minerale e sulle sfumature cromatiche della pietra.
Il RockWatch fu un progetto particolarmente impegnativo per Tissot. Richiese lo sviluppo di nuovi macchinari e utensili, realizzati appositamente per lavorare la pietra in formati ridotti. Una volta messo a punto il prototipo, poi, la fase di industrializzazione comportò notevoli investimenti. All’epoca si parlava di 5/7 milioni di franchi svizzeri, senza contare la pubblicità e il marketing (per cui si spesero 20 milioni di franchi). Per fabbricarlo, Tissot incrementò le assunzioni e creò una cinquantina di nuovi posti di lavoro.
Mentre il programma iniziale prevedeva la produzione di 50mila esemplari all’anno, nell’86 si arrivò a realizzarne 200mila. E il successo fu tale che nel ’96 si contavano più di 800mila orologi venduti, oltre ai 25mila della versione “baby”. Sì, perché il RockWatch nel tempo ha dato vita a un’intera collezione. All’inizio aveva un diametro di 30 mm ed era declinato in 10 referenze. Nel settembre 1986 uscì invece una versione più grande da 33 mm, in 5 referenze. Quindi un ulteriore formato, più piccolo, da 20 mm.
La ciliegina sulla torta, nel 1988, è stata la serie Jewels of Nature, con la cassa intagliata in altre pietre dure: agata Blue Lace, diaspro del deserto del Kalahari, basalto di Scandinavia, sodalite del Brasile, avventurina, quarzo rosa, rodonite rosa, perfino corallo clamophyllia pietrificato, eredità del Giura preistorico. Alcuni modelli avevano anche il bracciale in pietra, mentre un pezzo unico era stato fatto interamente in giada. Va detto che la struttura e la venatura dei diversi minerali donavano a ciascun esemplare un aspetto unico e irripetibile.
Il RockWatch del 2025
Del resto questa caratteristica di unicità del singolo esemplare si riscontra anche nel nuovo RockWatch, nonostante il granito con cui è fatta la cassa provenga interamente dallo Jungfrau. In quanto partner della locale società ferroviaria, Tissot ha infatti potuto mettere le mani sui blocchi di roccia estratti dalla montagna durante i lavori di risistemazione dei tunnel dello Jungfraubahn. Oggi come ieri, la lavorazione della pietra comporta una serie di passaggi e accorgimenti, ma l’esperienza accumulata “sul campo” da Tissot facilita le cose.
Tant’è che i laboratori della manifattura utilizzano ancora gli stessi artigiani e gli stessi macchinari di 40 anni fa (ovviamente forniti di nuovi utensili). Fresati in cilindri più piccoli, poi tagliati a “fette” più sottili, i pezzi di roccia vengono così molati e modellati fino a ottenere i 38 mm di diametro della cassa attuale. Quindi scavati per ospitare il movimento al quarzo, che a sua volta è racchiuso fra il vetro zaffiro lato quadrante e il fondello in acciaio. Se date un’occhiata alla gallery in alto, potete vedere le principali fasi di lavorazione.
Qui è importante sottolineare che la cassa monoblocco è realizzata con tolleranze micrometriche, per poter alloggiare il movimento e mantenere la consueta impermeabilità fino a 3 atmosfere. E che il sistema delle anse centrali è stato studiato ex novo, così da mantenere più saldo e sicuro l’aggancio del cinturino in morbida pelle. A proposito del quale aggiungo che rispecchia quello dell’orologio originale. E deve essere stato scelto dai progettisti proprio per coerenza e fedeltà storica, rispetto ad alternative più moderne e accattivanti – come magari il caucciù o il tessuto tecnico. Al di là dei gusti personali…
Da sapere
Concludo, come al solito, con le necessarie informazioni pratiche. Il RockWatch è già in vendita a un prezzo 1.095 euro, incluse le tasse. Il che mi sembra – di nuovo – coerente con il passato, se si pensa che appena uscito, 40 anni fa, costava 300 franchi svizzeri. Comunque, chi fosse interessato farebbe bene a darsi una mossa e a organizzarsi per l’acquisto. Perché il RockWatch è prodotto in un’edizione limitata di 999 esemplari per tutto il mondo, ed è disponibile soltanto in selezionati monomarca. In Italia, lo si trova esclusivamente nelle boutique di Roma e Milano. Non c’è neppure nell’e-commerce ufficiale: online potete solo leggere dove comprarlo.