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Mario Peserico: l’orologeria richiede competenza

Già, la competenza. Facile parlarne, ma poi… La competenza in orologeria è realmente fondamentale. Ci sono competenze specifiche nel lunghissimo percorso che conduce all’orologio finito. L’orologeria vuole competenze di meccanica, di fisica, di metallurgia, di cinematica, di… L’elenco è lungo e magari un giorno lo faremo. L’orologeria richiede competenza. Non che non serva ovunque, sia ben chiaro. In un’epoca in cui ciascuno di noi è convinto di essere il miglior allenatore di calcio, virologo, presidente del consiglio, il miglior ______ (scrivete voi nello spazio la parola preferita), è chiaro che la competenza specifica viene spesso messa in disparte. Eppure qualcosa sta cambiando. Ne parliamo con Mario Peserico, sia in veste di Amministratore delegato di Eberhard Italia, sia in quella di Presidente di Assorologi.

Come al solito, più che una vera intervista, questa è una chiacchierata da “dietro le quinte” per aiutare a comprendere come l’orologeria non sia soltanto produzione e commercializzazione, ma qualcosa di più. Qualcosa che, come sottolinea Peserico, richiede competenza. La chiave di volta del passato, che sarà fondamentale anche per il futuro dell’orologeria.

Mario Peserico: E la cosa riguarda anche voi giornalisti, sia ben chiaro. La competenza di chi scrive è determinante, molto più della “passione per gli orologi” sbandierata più o meno da tutti. È la competenza il punto. E anche noi operatori del settore dobbiamo prenderne atto. Per quanto mi riguarda faccio scelte precise, quando è possibile. Perché sento che i compratori questa differenza la avvertono. Quando c’è una forzatura, i compratori capiscono perfettamente che è una forzatura. E si fidano di meno, giustamente. Ormai l’informazione è parte integrante del settore. A voi il compito di fare la buona informazione, a noi quello di fare buoni orologi.

Trovo interessante quel che dici perché il tuo discorso implica una vicinanza, in qualche modo, con il compratore.

Mario Peserico: È inutile girarci intorno: le strutture relativamente piccole come la nostra hanno proprio questo vantaggio. Fra chi produce e il compratore il percorso è più corto, comprende un numero minore di figure professionali. E una catena più corta ha meno probabilità di incappare in un anello difettoso che faccia saltare tutto. E poi ti consente reazioni più rapide. Se un negozio è sprovvisto di un orologio che gli è stato richiesto, noi di solito possiamo farlo arrivare in tempi relativamente rapidi. O comunque in tempi certi, sui quali il compratore può contare. Nel passato era sempre così, ma vale anche per il presente e il futuro. Pensa ai sistemi di vendita telematica e a quanto sia importante avere tempi di consegna in cui si possa aver fiducia. Anche queste sono competenze fondamentali sia per oggi che per il futuro. Ma vengono dal passato.

Eppure è in atto un colossale cambio generazionale, nel corso del quale non sempre le competenze sono al primo posto.

Mario Peserico: È vero. Molte aziende, specialmente le più grandi, conoscono solo la legge del massimo profitto subito. Stanno bruciando una generazione di giovani lavoratori solo per risparmiare sui loro stipendi. Non dico che non si debba risparmiare, ma… Vedi, l’orologeria richiede competenza. Questo non vuol dire evitare il ricambio generazionale. Anche in tempo di Covid l’orologeria si è tenuta stretta personale anziano e personale giovane, promettente. Intensificando un passaggio di consegne che richiede tempo. Il meno giovane istruisce il più giovane, gli insegna i trucchi del mestiere.

Non ostante un 2020 da cancellare totalmente (e infatti tutti i riferimenti sono al 2019), i licenziamenti sono stati pochissimi. E non parliamo certo di un settore commerciale votato alla beneficenza. Ma l’orologeria sa benissimo che senza la competenza rischia di compromettere la qualità e quindi la fiducia del compratore finale, senza la quale non ha speranze di futuro. E allora i produttori hanno utilizzato le proprie riserve economiche per continuare questa opera di lento, graduale, intelligente ricambio generazionale che definirei “naturale”. Altri (e non solo nell’orologeria) ne hanno approfittato per un ricambio brutale, mandando via persone esperte e quindi costose in favore di persone inesperte, ma pronte a farsi pagar poco. Il risultato si rivelerà problematico.

Sembri pessimista.

Mario Peserico: No, non lo sono. Almeno non in generale. In orologeria, ad esempio, vedo crescere bene la competenza dei negozianti. Proprio perché i genitori, le vecchie generazioni, hanno quasi sempre fatto un ottimo lavoro sui figli, le nuove generazioni. È anche per questo che il mercato interno, basato più sui negozianti “tradizionali” che sui “funzionari di vendita” delle boutique monomarca per turisti, sembra essere in buona salute.

Non abbiamo ancora dati definitivi, ma le vendite non vanno male. Certo, siamo ancora sotto di un buon 10 per cento rispetto al 2019, ma se le vendite ai turisti rappresentavano almeno un 15 per cento del totale, allora il mercato interno è risalito. Come del resto abbiamo fatto notare altre volte. Ma rimango comunque perplesso per la perdita di persone competenti in alcuni anelli della catena commerciale. Competenze perse il cui know-how potrà forse essere riscostruito, sì, ma in tempi non brevi. E parlo di una situazione che, bada bene, non coinvolge solo l’Italia, ma il mondo intero.

Ma ci sono isole felici.

Mario Peserico: Sì. Piccole isole felici. Per noi non è stato facile conservare la rete distributiva, tenendo presente che anche i negozianti (in Italia come altrove) hanno dovuto affrontare forti difficoltà durante la pandemia. Ma abbiamo cercato di conservare la nostra capacità distributiva, capillare, eventualmente integrandola con la capacità di far arrivare nei negozi i modelli richiesti dai compratori, di farli arrivare in tempi ragionevolmente brevi e certi. Con le inevitabili eccezioni, certo, ma Eberhard ha davvero cercato di conservare rapporti “brevi” con negozianti e compratori. Complessivamente – e in relazione ai tempi – possiamo dirci soddisfatti del risultato.

Certo, rispetto a 15 anni fa la distribuzione è stata totalmente rivoluzionata, dimenticando il discorso delle competenze. Anche in questo senso, però, trovo che le cose stiano cambiando e non solo in Italia. Forse i grandi gruppi stanno cominciando a capire che le competenze specifiche sono importanti, agendo di conseguenza. L’importante è che i gruppi finanziari sappiano essere meno “egoisti”. Intendo dire che non puoi pensare che l’orologeria svizzera sia solo quella più costosa. I segmenti di prezzo medio o basso fanno ottimi prodotti, sempre migliori, ma soffrono la concorrenza dei dispositivi elettronici da polso. Non è una cosa positiva. Bisogna tornare a fare squadra a tutti i livelli. Un buon orologio è un buon orologio, nel proprio ambito, indipendentemente dal prezzo.

Anche in fascia “bassa”?

Mario Peserico: Sì, certo. Vedi, l’orologio di fascia medio-alta comunque ha ancora un grande appeal nei confronti del compratore finale. Lo dicono i numeri: a livello mondiale non aumentano solo i prezzi, ma anche la richiesta. Quindi l’appeal dell’orologio è fuori discussione. Ma bisogna lavorare molto per cercare di ampliare questo bacino, e invece si sono persi un po’ di treni per le misure da adottare relativamente ai danni che gli orologi connessi hanno fatto a una fascia di prezzo d’entrata. Andava probabilmente presidiata in maniera diversa. Però io sono fiducioso che l’orologio sia un bene, in un certo senso, non sostituibile.

Penso anche al concetto di sostenibilità: cosa c’è di più sostenibile d’un orologio che non conosce, quasi, il “fine vita”? Chi butta via un orologio? Perché anche nelle fasce meno costose si seguono criteri di produzione di assoluta qualità, materiali di assoluta qualità, attenzione alla provenienza di alcuni materiali, perché questa è una caratteristica della Svizzera in sé e dello “Swiss made”. La sostenibilità è fuori discussione e l’orologio, anche il meno costoso, è un prodotto che davvero si concilia perfettamente con questi nuovi orizzonti. Ha tutte le caratteristiche per avere un grande futuro. Ma bisogna capire che l’orologeria va considerata, difesa, raccontata nella sua totalità. Indipendentemente dal prezzo e limitando al massimo gli egoismi del “prima il mio fatturato”. Valorizzando, contemporaneamente al proprio prodotto, il terreno comune, l’orologeria tutta, in tutte le sue fasce di prezzo. Non posso non pensarla così.