In orologeria come in altri settori merceologici, non sono pochi i marchi che si fanno prendere la mano dal cosiddetto storytelling. Se vogliono spingere un prodotto non particolarmente forte, ci costruiscono intorno un bel racconto e provano a vendere una storia prima che un oggetto. Per fortuna esiste un orologio come l’Universal Genève Polerouter che una storia vera e bella ce l’ha, eccome. Una storia che oggi il glorioso Marchio svizzero – in via di rinascita dopo anni di oblio, grazie all’acquisizione da parte delle società di investimenti privati Partners Group e CVC Capital Partners nel 2023 – rilancia con orgoglio. Sì, ma qual è questa storia?
Polo d’attrazione
Essa intreccia i destini dell’Universal Genève Polerouter con quelli del vettore scandinavo SAS, nato nel 1946 dalla fusione dei vettori nazionali danese, svedese e norvegese. Qualche anno dopo, SAS fu la prima compagnia al mondo a collegare l’Europa e la costa pacifica degli Usa, sorvolando l’Artico. Il 15 novembre 1954 un DC-6B SAS decollò da Copenhagen, fece scalo in Groenlandia, poi in Canada, per atterrare a Los Angeles il 16 novembre, risparmiando dieci ore di viaggio rispetto alla normale rotta via New York. Fu il primo volo commerciale a seguire la Rotta Polare.
Tutti gli equipaggi di quei voli dovettero partecipare a un addestramento speciale alla SAS’s Arctic Flight School, poiché sorvolare il Polo Nord significava tenere conto di fattori critici per gli aeromobili, legati sia alle bassissime temperature dovute a quota e latitudine, sia al forte campo magnetico presente al Polo. Campo magnetico che, come sappiamo, influenza negativamente anche i movimenti degli orologi meccanici. Ecco perché Universal Genève fornì agli equipaggi orologi da polso resistenti al forte magnetismo presente nella regione polare. Nacquero così i Polerouter (originariamente Polarouter, “quelli che viaggiano sulla rotta polare”), divenuti poi i cronometri ufficiali SAS.
Per sperimentare le nuove rotte attraverso il Polo Nord e definire le tecniche di navigazione, tra il 1952 e il 1954, furono utilizzati i voli di consegna (da Long Beach, in California) dei quattordici aerei Douglas DC-6B destinati alla SAS. Durante il 1957, SAS fu poi la prima compagnia a collegare, attraverso il Polo, Copenaghen a Tokyo via Anchorage, in Alaska. Sempre con piloti equipaggiati dall’Universal Genève Polerouter. Il collegamento attraverso l’Alaska era necessario poiché l’Urss non avrebbe permesso alla compagnia, come agli altri vettori occidentali, di volare attraverso la Siberia. Ricordiamo che si era in piena Guerra Fredda e che anche lo spazio aereo cinese era chiuso.
Breve storia dell’Universal Genève Polerouter
Questo è il lato bello della storia dell’Universal Genève Polerouter legato all’aviazione. C’è poi quello legato all’orologeria che è altrettanto affascinante, perché coinvolge il nome mitico di Gérald Genta. Questo modello fu infatti uno dei primi disegnati dal “padre” del Royal Oak e del Nautilus, che all’epoca aveva poco più di vent’anni.
Proprio nella sua forma al servizio della funzione (non solo tenere il tempo ma proteggere il calibro dai campi magnetici) si espresse da subito il fascino del Polerouter. Il quadrante era infatti caratterizzato da un forte effetto tridimensionale derivante dalla combinazione di due parti: un anello di tensione con gli indici delle ore fissati al vetro e un quadrante ricurvo a protezione del movimento automatico. Calibro che all’inizio fu il 138 SS con sistema di ricarica cosiddetto “bumper”, in cui il rotore tornava alla posizione originaria dopo aver ruotato di 180 gradi e aver urtato una serie di molle, anziché compiere una rotazione completa di 360 gradi come avviene di solito nei movimenti automatici di oggi. La cassa era da 34,5 mm con anse bombate.
Nel 1955 fu sostituito dal calibro 215, che presentava una complicazione della data e un sistema di ricarica a microrotore decentrato, un piccolo rotore incorporato nel movimento sullo stesso piano del bilanciere e dello scappamento. In questo modo si conservavano i vantaggi della carica automatica, mantenendo il movimento sottile. C’è una controversia su chi abbia sviluppato per primo questa tecnologia: Universal Genève rilasciò i movimenti “Microtor” con la scritta “Patent Rights Pending” dal 1955, anche se la Buren Watch Company (in seguito acquisita dalla Hamilton Watch Company) aveva brevettato il sistema nel 1954.
Intorno al 1962, l’Universal Genève Polerouter fu equipaggiato con il calibro 69, che introdusse miglioramenti nel sistema del rotore per ottimizzare l’efficienza della carica e ridurre gli intervalli di manutenzione.
L’Universal Genève Polerouter oggi
Tutto questo è il passato, in cui l’orologio fu creato anche in versione “Calatrava”, poi in chiave subacquea, quindi con lancette “Broad arrow” e persino a batteria. Che cosa c’è, invece, nel presente dell’Universal Genève Polerouter? Modelli celebrativi. Se nelle scorse settimane il brand aveva lanciato il nuovo sito ufficiale, annunciando l’uscita dei primi modelli per il 2026, di fronte al 70° anniversario del primo volo transpolare, celebrato il 15 novembre scorso, non ha potuto far finta di nulla.
In quella data ha presentato a Copenhagen 3 orologi, ciascuno un pezzo unico, che sono un tributo al Polerouter delle origini e al suo rapporto con SAS. Sono riproduzioni pressoché esatte dei modelli degli anni ’50 e ’60 e hanno tutti le stesse dimensioni d’antan: 35 mm di diametro per 9,95 mm di spessore e un notevole 45,4 mm da ansa ad ansa, misura dovuta alla classica forma allungata delle anse dell’Universal Genève Polerouter. A questi modelli il Brand ha riservato una particolare lavorazione a guilloché dei réhaut per renderli brillanti, a contrasto con la satinatura del quadrante, mantenendo il design che ha reso celebre il Polerouter, aggiornato però alla contemporaneità.
Pezzi unici e sartorialità
Nel trio di orologi, uno si distingue per la lavorazione, tanto da richiamare l’idea di Universal Genève come “Le Couturier de la Montre” – più o meno “lo stilista dell’orologio” – con la quale era noto negli anni ’60. Ha la cassa e il bracciale in oro bianco, quest’ultimo creato da Laurent Jolliet, l’ultimo artigiano chaîniste, catenista orafo, in Svizzera, su design tradizionale di Universal Genève. Il quadrante blu, caratteristico di SAS, reca il nuovo logo di Universal Genève è i loghi SAS storico e contemporaneo. L’orologio sarà battuto da Phillips in Association with Bacs & Russo a maggio 2025 a favore del CFP Arts di Ginevra, il centro di formazione di arti applicate che promuove la conoscenza del savoir-faire orologiero per le generazioni future.
A differenza del Polerouter SAS che sarà messo all’asta da Phillips, gli altri due modelli-tributo Polerouter entreranno a far parte del patrimonio Universal Genève. Uno di questi ha la cassa, la lunetta interna e lancette in oro rosso 18 carati, abbinate a un quadrante nero. L’altro ha la cassa, la lunetta interna, le lancette e il quadrante in acciaio. Su entrambi i quadranti si trovano sia il logo Universal Genève sia quello storico di SAS in oro rosso a contrasto. Nessun bracciale ma un cinturino in pelle di vitello con fibbia ad ardiglione.
Naturalmente la medesima cura riservata all’estetica caratterizza il movimento. Per equipaggiare questi nuovi Universal Genève Polerouter, il Brand ha scelto un calibro originale Microtor 1-69 degli anni Sessanta da 18.000 alternanze/ora e circa 57 ore di riserva di carica. Fedele fino in fondo all’originale, tanto dentro quanto fuori.
Identità da non tradire
Personalmente ho sempre trovato il Polerouter originale un bellissimo orologio, in virtù del suo look essenziale, bilanciato ma estremamente elegante, specialmente nelle versioni senza datario, quelle del Gérald Genta duro e puro. Per cui penso sia un peccato che, almeno al momento, il Brand si sia limitato a dei pezzi unici. Ovvio che ci sono ragioni di tipo industriale con una pianificazione dei lanci di prodotto nei prossimi anni che non poteva essere forzata, anche solo per un anniversario importante come quello della Rotta Polare.
Tuttavia, come si suol dire, se il buongiorno si vede dal mattino, credo che varrà la pena attendere un paio d’anni per vedere che cosa uscità dagli atelier di Universal Gèneve. Del resto, la testa pensante (e i soldi…) è la medesima che sta dietro a Breitling, quel Georges Kern che ha dimostrato di saper lavorare con i marchi di grande tradizione rispettandola senza stravolgerla. La manifattura di Meyrin è una di queste realtà e mi auguro che Kern mantenga questo approccio ragionato. I tre Polerouter one-of-a-kind promettono bene.