Annunci, affiches, ritagli di giornale. Esposti al museo di La Chaux-de-Fonds, illustrano la storia dell’orologeria dalla fine del XIX secolo agli anni ’80. E raccontano l’evoluzione della società
2.500 documenti pubblicitari, 230 locandine originali: queste le cifre della mostra “L’ora per tutti, un orologio per ciascuno – Un secolo di pubblicità orologiera” aperta fino al 13 ottobre al Musée International d’Horlogerie di La Chaux-de-Fonds. «L’esposizione è il risultato di un lavoro di ricerca e di valorizzazione delle collezioni iconografiche del Museo», racconta Régis Huguenin, Curatore e Direttore del Mih. «E sottolinea la necessità di rinnovare la storiografia in ambito orologiero attraverso la domanda più che attraverso l’offerta: dallo studio dei consumatori piuttosto che dei fabbricanti».
Sviluppata all’interno della partnership con l’Istituto di Storia dell’Università di Neuchâtel, è completata da un catalogo (pubblicato dalle Editions Alphil) ricco di approfondimenti da parte di diversi autori. Che analizzano i tanti aspetti del fenomeno a 360°, con prospettive grafiche, economiche, tecniche, sociali e culturali. Ne emerge uno specchio quanto più reale dell’ultimo secolo, attraverso la mutazione dei gusti, dei personaggi ed eroi di riferimento, dei linguaggi testuali e iconografici.
La pubblicità come portavoce di un sentore collettivo, insomma. Perché slogan e cartelloni non si esauriscono con il mero fine commerciale: a insegnarcelo è stata anche una delle serie tv più celebri degli ultimi dieci anni, “Mad Men”. Che ha puntato i riflettori sull’importanza della figura dei creativi come megafoni del respiro di un’intera epoca, al di là dell’azienda che intendevano promuovere. In questo caso, un secolo di pubblicità in orologeria riflette tutto il conformismo e l’originalità, i cambiamenti e le tradizioni di una società in evoluzione.
«In un mercato orologiero sempre più concorrenziale», continua Monsieur Huguenin, «negli anni le case orologiere si sono completamente affidate alla pubblicità per fissare al meglio i propri valori. E veicolarli al cliente finale, applicando codici culturali che si sono evoluti col tempo», conclude. Non sorprende quindi che tra le locandine spuntino anche veri e propri “manifesti” culturali (in tutti i sensi). Per esempio le affiches dedicate alla lotta di genere, come quella di Bulova del 1974. O i messaggi più concettuali, come l’idea della fugacità del tempo rappresentata da Moeris nel 1948 per mezzo di un vaso di fiori appassiti.
Tra i tanti i nomi illustrati da questa mostra al Mih, spuntano anche Eberhard & Co, Zenith, Omega. Ma ciò che emerge soprattutto, attraverso le pubblicità, è il racconto non solo della storia del singolo brand, ma anche quella dell’orologio. Segnata da due grandi rivoluzioni: il passaggio dal taschino al polso e l’avvento del quarzo. Che ne hanno cambiato del tutto l’essenza, e lo hanno trasformato da strumento per la misura del tempo a vero e proprio accessorio di stile.