Arriva nelle sale il quarto capitolo della saga sugli agenti anti-alieni. La cui divisa d’ordinanza, insieme a giacca-e-cravatta, occhiali neri e neuralizzatore, prevede anche l’Hamilton Ventura
Arriva domani in prima visione nelle principali sale cinematografiche italiane “Men in Black: International”, sequel della saga sull’organizzazione segreta che controlla il flusso degli extraterrestri sulla Terra. Pellicola che chi scrive ha potuto vedere in anteprima a Milano, il 18 luglio al cinema Gloria, su invito di Hamilton. Sì, perché la rigorosa uniforme nera dei protagonisti è completata, anche questa volta e per la quarta consecutiva, da un orologio del marchio americano – oggi parte di Swatch Group.
Ma andiamo con ordine. Girato da Felix Gary Gray, lo spin-off della trilogia “Men in Black”, iniziata nel 1997 e conclusasi nel 2012, non è più interpretato dalla coppia Will Smith/Tommy Lee Jones. Fa brillare invece due stelle in ascesa nel firmamento hollywoodiano: Chris Hemsworth e Tessa Thompson. Più che credibili nei panni rispettivamente dell’agente H e dell’agente M, forse per i trascorsi nella fantascienza Marvel con i ruoli di Thor e Valkyrie (nei film “Thor: Ragnarok” e “Avengers: Endgame”). Da citare anche la presenza nel cast di Emma Thompson (agente O) e Liam Neeson (High T).
Qui però non vogliamo svelare nulla sulle (dis)avventure dei paladini della difesa del nostro pianeta dalle minacce aliene. In fondo altro non è che un blockbuster ricco di effetti speciali, conforme come una copia ai precedenti. Tra sequenze d’azione e battute da commedia. Con un unico aggiornamento: il punto di vista femminile. Introdotto dalla nuova eroina che rivendica il diritto delle donne di entrare a far parte dei Men in Black, rendendo superato lo stesso titolo. E di imbracciare enormi fucili per fare piazza pulita dei cattivi, diventando un’eccellente giustiziere. Ma la trama non va oltre.
Piacevole comunque vedere la peregrinazione degli “uomini in nero” ai quattro angoli del globo. Da New York a Londra, da Parigi a Marrakech, passando anche per l’Italia. Alcune scene infatti si svolgono all’isola d’Ischia: più precisamente, tra Ischia Ponte e Sant’Angelo. Dove l’agente H ha sfrecciato sulle onde a bordo di un luccicante Riva d’epoca attorno al Castello aragonese; e, insieme alla collega M, ha passeggiato nel porticciolo del piccolo borgo marinaro, fra i turisti e la gente comune, i fruttivendoli e i pescatori. Breve parentesi personale: per chi conosce bene l’Isola Verde, rivederla sul grande schermo regala sempre una certa emozione.
D’obbligo poi una nota tecnica sugli orologi Hamilton apparsi nei diversi capitoli di “Men in Black”. In tutti i casi si tratta di modelli della collezione Ventura. Scelti, probabilmente, per la forma futuristica della cassa. A scudo, è subito riconoscibile e ben si accorda con le atmosfere sci-fi e le scenografie a tema high-tech dei film. In quest’ultimo episodio, in particolare, si tratta di un Ventura Quartz per l’agente M e di un Ventura Automatic per l’agente H. Il primo ha un movimento elettronico e il quadrante con il flash dell’elettricità, del tutto simile all’originale, uscito nel 1957.
A proposito del Ventura, va ricordato che lo stesso esemplare era stato indossato anche da Elvis Presley nel film “Blue Hawaii” del 1961. Del resto, il marchio fondato a Lancaster, Pennsylvania, nel 1892, da sempre ha un rapporto privilegiato con il cinema. Iniziato un’ottantina di anni fa, ha all’attivo la partecipazione in circa 500 pellicole, con una certa predilezione per la fantascienza. Sempre negli anni ’60, il grande Stanley Kubrick aveva chiesto a Hamilton di studiare un prototipo da mettere al polso dei cosmonauti nel celebre “2001: Odissea nello Spazio”. Mentre in tempi più recenti merita almeno un cenno “Interstellar”, in cui l’Hamilton Khaki svolge un ruolo di assoluto rilievo. E “The Martian”, con un Hamilton BeLOWZERO che la dice lunga sulla sopravvivenza in ambienti estremi.
Senza dimenticare che lo storico legame del marchio americano con la settima arte si esprime anche attraverso i Behind the Camera Awards. Una serie di premi prestigiosi nati nel 2006 e rivolti alle professionalità che lavorano sui set, dietro l’obiettivo delle telecamere. “Nel cuore del cinema”, appunto. In Italia, dal 2013, Hamilton li affianca ai Nastri d’Argento, con l’intento di gratificare chi si è distinto dietro la macchina da presa. Lo scorso giugno, per esempio, l’ultima edizione ha visto premiare Stefano Sollima nella magica cornice dell’antico Teatro Greco. Proprio in quell’occasione, abbiamo avuto l’opportunità di passare del tempo conversando con Matteo Sovera, Brand manager per l’Italia. Che ci ha ricordato come in passato abbiano ricevuto lo stesso riconoscimento anche Luca Zingaretti, Alessandro Gassmann o Gabriele Muccino.