Approfondimenti

Breguet 5395, Classique Tourbillon Extra-Plat Squelette

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Scheletrato, extra-piatto e con tourbillon: un concentrato di complicazioni in cui le difficoltà si sommano in modo esponenziale. Un rebus risolto dai tecnici della Casa con eleganza. E caratteristiche costruttive degne di nota

La scelta dell’orologio di cui parlare – quando un giornalista ha questa libertà – varia secondo parecchi parametri. La sua rappresentatività nella storia del marchio o, al contrario, l’innovazione portata. Innovazione che può essere tecnica o solo estetica. La sua effettiva presenza nei negozi: mi hanno un po’ rotto le “anteprime” a tutti i costi. A parte che sono “anteprime autorizzate” di dominio comune al massimo nel giro di una settimana. Ma poi che senso ha parlare di un orologio di cui però il lettore non può verificare di persona se quanto detto da chi scrive è un copia/incolla della cartella stampa o è farina del suo sacco?

Nel caso di Breguet, questo Classique Tourbillon Extra-Plat Squelette 5395 – presentato qualche mese fa e solo ora in arrivo nei negozi – riassume in sé quasi tutti i parametri cui mi riferivo. La cassa e l’importazione estetica in generale si riallacciano alla tradizione del marchio, ma il movimento – pur partendo dall’illustre storia di Abraham-Louis Breguet, si proietta con grande gioia verso il futuro. Il consiglio, come sempre, è quello di munirsi di una lente e cercare un concessionario nel quale poterlo vedere.

L’acquisto è riservato a pochissimi fortunati. Vi dico subito che del Breguet 5395 vengono prodotti pochi esemplari a prezzi da brivido: 222.700 euro per la versione con cassa in oro rosa e 237.800 per quella con cassa in platino. Non solo: i pochi esemplari in arrivo nei negozi sono destinati ad uscirne presto, perché sembra che le richieste siano superiori all’offerta. Ma, proprio per questo, consiglio di cercare in qualche modo il Breguet 5395 per esaminarlo, perché è un orologio che fa cultura. Indipendentemente dal prezzo, da chi lo comprerà e da perché lo comprerà.

A dominare è il movimento, il Calibro 581SQ, che in realtà avevamo già visto un paio d’anni fa (non scheletrato) nel 5377 con cassa in platino. Casse così preziose vengono sempre riservate a movimenti superlativi, che nessuno sarebbe in grado di produrre in ampia scala. Poi c’è stato il 5367, versione in oro rosa con quadrante in smalto Grand Feu. Oggi arriva, in più, la scheletratura. Dico subito di sentirmi un po’ tiepido di fronte alle scheletrature non funzionali. Mi piacciono poco i salti mortali senza rete.

La scheletratura consiste nel traforare come un merletto ponti e platine, togliendo quanto più materiale è possibile. Un esercizio di bravura che somiglia appunto a un salto mortale senza rete, proprio perché la bravura del tecnico specialista in scheletratura sta proprio nello spingersi vicino ai limiti, oltre i quali il ponte o la platina si spacca, per eccesso d’intervento. A quel punto il tecnico osserva dove si è verificata la rottura e fa un piccolo passo indietro per restituire un po’ di robustezza alla parte eccessivamente traforata.

Resta comunque chiaro che ogni orologio scheletrato è intrinsecamente meno robusto e affidabile di uno che non lo è. La scheletratura è – e vuole essere, si badi bene – una esasperazione che somiglia a quella di certe automobili. Se uno vuol fare il fuoristrada con una Bugatti e la Bugatti di rompe, la colpa è di chi ha usato impropriamente la vettura, non della vettura. E così la scheletratura è destinata ad orologi da collezione; o comunque “da sera”, da indossare in occasioni “calme”, ben lontane da qualunque attività sportiva.

Nel caso di questo Breguet 5395 c’è comunque da dire che, osservando con attenzione il movimento, si nota una coerenza estetica che serve anche a limitare l’intrinseca fragilità. Perché si è individuato lo spessore “di sicurezza” per la parte più debole e lo si è applicato all’intera operazione di scheletratura. In questo modo c’è una specie di tratto sempre uguale, sempre coerente, che diventa un motivo grafico; ma che, al contempo, conferisce una resistenza anch’essa coerente all’intero movimento. Lo si noterà, in particolare, in corrispondenza delle viti e dei rubini, che vengono montati a pressione e sono quindi punti relativamente deboli; mentre sul bariletto finisce per assumere un ruolo preponderante di motivo estetico.

Un altro motivo di grande interesse tecnico è (ed era già nel precedente modello) il montaggio della gabbia del tourbillon, che fa a meno di un tradizionale pignone ingombrante in senso verticale. Eliminato (come in pochissimi altri tourbillon ultrasottili) per ridurre lo spessore. Il fatto è che ciò costringe ad un maggior uso di ingranaggi “lunghi” che assorbono molta energia. Il problema è stato risolto con l’adozione, nel bariletto, di una molla maggiorata in grado di garantire una autonomia di ben 80 ore.

Di solito, però, la scelta di eliminare il pignone e usare una molla maggiorata impedisce di inserire il dispositivo per la ricarica automatica, che occupa uno spazio verticale insopportabile per un orologio ultrasottile. Né si può far ricorso alla soluzione di un piccolo rotore di carica decentrato: mal si concilia con una molla maggiorata e quindi più “dura” da caricare. Ma anche in questo caso i tecnici Breguet hanno trovato la soluzione: una massa oscillante periferica, già vista negli scorsi anni in alcuni orologi (Audemars Piguet, Vacheron Constantin, ad esempio) quasi sperimentali.

Quella del rotore periferico è una gran bella tecnologia perché non nasconde mai alcuna parte del movimento e perché è in grado appunto di ricaricare anche molle di grande “capienza”. Ma ha il difetto di essere una tecnologia ancora relativamente giovane. Sì, nel passato in molti hanno cercato di imboccare questa via, ma si sono sempre scontrati con problemi di efficienza e di affidabilità: una massa periferica può reagire male a fronte di urti come, ad esempio, un semplice applauso.

Ancora una volta i tecnici Breguet sembrano aver trovato una soluzione. Che forse potrebbe non essere ancora definitiva, ma che di certo costituisce un notevole passo avanti rispetto a quanto tentato da altri marchi. Cioè cinque minuscoli cuscinetti a sfera, quattro dei quali destinati ad aumentare l’efficienza e la robustezza del dispositivo; mentre il quinto rende più facile il trasferimento di energia alla molla. Con il risultato di diminuire lo spessore (che non è né vuol essere da record) e aumentare l’efficienza. Davvero ben fatto. Ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma alcune delle soluzioni escogitate dai tecnici Breguet saranno un giorno “di serie”. O quasi…

Spettacolare, come sempre, la costruzione e la realizzazione della cassa; da applausi a scena aperta il “quadrante” in vetro zaffiro opalino. E da standing ovation la decorazione di quel che resta dei ponti. Un inchino deferente all’equilibrio tecnico ed estetico di Breguet.