Attualità

Première Velours di Chanel. Un racconto di Natale

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Il Première Velours di Chanel come non s’era mai visto. Immerso in atmosfere ovattate, illuminato dai riflessi dell’oro, attorniato dalle camelie. Inizia dalle suggestioni di queste immagini la favola scritta da Elena Lorusso per evocare la magia che talvolta scaturisce da un orologio. Quel certo “non so che” che fa accendere la passione: sensazioni impalpabili eppure importanti, benché pochi lo confessino. Qui tradotte nell’incanto di una fiaba dai toni poetici: un modo diverso per augurarvi Buon Natale

C’era una volta un mondo bianco, rarefatto e fragile. Un mondo intoccabile, acerbo, privato del colore e di qualsiasi sfumatura diversa dal candore. Un mondo privato del fiorire, del suo profumo, del tatto, e di qualsiasi senso.

E poi c’era un cofanetto: piccolo, compatto, morbido al tocco, sontuoso e regale, sopravvissuto chissà come a così tanto torpore. All’interno, perla tra le ostriche, un orologio unico nel suo genere, scherzo del destino e di inestimabile cura. Antitetica bellezza in un mondo pieno di candore.

Effetto velours il cinturino, laccato il quadrante e dorata la cassa, forme decise, rigorose, definite nella loro ostinata regalità. Vellutata bellezza e ovattata beltà, Première era il suo nome, Chanel il suo creatore. 

Un nome che nasconde un destino, “La prima”, quella vera. Come la raffinatezza da trasmettere per osmosi al polso che l’avrebbe indossato e posseduto per davvero, come un incastro e un’appartenenza senza tempo.

Brillerai”, gli avevano detto. “Brillerai, e illuminerai il polso di chi t’indosserà”. Ma il tempo scorreva e portava via anche le speranze di trovare la sua forma.

Invano aveva cercato polsi e corpi adatti, ma l’ossimoro era diventato solo più deciso, più definito, senza spezzare nessun incantesimo. Piccoli, ossuti, tanti ne aveva incontrati, ma il sortilegio rimaneva tale, i fiori non sbocciavano e il profumo non si sprigionava.

I giorni passavano, la bellezza di Première smaniava di esplodere, trepidante e incontinente di espandersi per raccontare tutto il proprio fascino.

Fino a quella sera. Un polso quasi anonimo, lieve, delicato. Timido a porsi, le mani titubanti nell’aprire cotanta bellezza mai violata. E poi una speranza. “E se fosse quello giusto?…”. “E se fosse quello perfetto?…”.

Un movimento, secco, quasi sicuro, inusuale per un corpo così esile.
Il cinturino fatto scivolare tra le mani, la cassa d’oro che si illumina e risalta tra il bianco dei baccelli, il velluto che si anima e rivela tutta la voluttuosa sensualità.

Poi il contatto con il polso, ergonomico, perfetto, contrapposta bellezza e contrasto illuminante. Poi ancora il profumo, inebriante, le camelie che si schiudono e il bianco che riprende forma, che fiorisce e prende vita.

Pochi attimi, densi e intensi, Première vive e rivive sul polso di lei. Nato per quel destino, attimo dopo attimo. E poi quel suono deciso, un rintocco, due, tre, quattro, fino a indicare l’ora: la mezzanotte. Una carrozza che fugge e il profumo con lei…