Approfondimenti

Il calibro 26-330 e le novità del Calendario settimanale di Patek Philippe

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Concludiamo il discorso sul Calendario settimanale di Patek Philippe con l’analisi del Calibro 26-330 S C J SE . Un movimento con componenti inediti e una costruzione innovativa. Che apre la strada a generazioni future di calibri

Riassunto delle puntate precedenti. La bellissima Patek Philippe scioglie le bionde trecce e si dedica ad attività poco consuete per le sue compassate abitudini. Crea un nuovo Calatrava, un bizzarro atto unico, opera stravagante per la cassa in acciaio e per una complicazione inconsueta: la possibilità di indicare, oltre alla data, e al giorno della settimana, il numero consecutivo della settimana e quindi anche il mese. Non è un calendario annuale, non è un calendario perpetuo, ma un calendario settimanale, appunto.

L’abito di scena appare dimesso: oltre alla cassa d’acciaio uno strano quadrante che sembra scritto a mano in grafia non certo da calligrafi. Sotto queste mentite spoglie l’opera è inizialmente scambiata per una qualunque segretaria di quelle da film americani anni Cinquanta, tutta occhiali e brufoli. Ma tolti gli occhiali, gli abiti dimessi e sanati i brufoli, Patek Philippe Calatrava Settimanale Ref. 5212A-001 esplode in un corpo mozzafiato. Il calibro 26-330 S C J SE.

Una stella a sette punte solidale alla ruota centrale delle ore consente all’orologio di indicare il giorno della settimana; una seconda ruota a sette bracci, di cui uno più lungo, è collegata ad una ruota a 53 ingranaggi. Il braccio più lungo fa fare – la domenica sera – un passo avanti alla ruota a 53 ingranaggi che quindi inizia ogni lunedì una nuova settimana. Il lunedì – come indicato dalla norma ISO 8601 – e non la domenica, usata in alcuni Paesi come inizio di settimana.

Questa complicazione comprende ben 92 elementi oltre quelli del normale movimento automatico; ma la cosa spettacolare è che è alloggiata in specifiche fresature ricavate sulla platina e quindi lo spessore aumenta di appena 1,52 millimetri. La cassa da 40 millimetri di diametro ha uno spessore di appena 11,18 millimetri, ossia meno di molti semplici orologi automatici. E il pezzo precedente terminava così: ma, ci si chiede a questo punto, e dove caspita sono finite le altre componenti del movimento di base?

Dall’altra parte della platina, sul dark side del movimento che sta sotto l’automatismo di ricarica, con massa oscillante centrale. Come accade di solito, si badi bene, ma con qualche variante tecnicamente squisita.

Il Patek Philippe Calatrava Settimanale monta il calibro di base 26-330, parente diretto del 324, attuale generazione di un movimento nato nel 1982 e poi gradualmente evolutosi con tutte le migliori tecnologie e i migliori brevetti di Patek Philippe. Dal bilanciere Gyromax agli elementi in silicio non manca proprio niente e anche la finitura esprime quanto di meglio Patek è in grado di offrire. E anche per questo è un movimento molto costoso.

Dal momento che il 324 è ancora in produzione e viene regolarmente montato (in particolare in modelli delle collezioni Aquanaut, Calatrava e Nautilus, ma è usato anche come base in molti “complicati”), la prima domanda è come riconoscere rapidamente il calibro 26-330 dal 324.

Patek, come al solito, gioca pulito e ha cambiato la forma della massa oscillante proprio per evitare confusioni. I più attenti noteranno che cambia anche il sistema con cui la massa oscillante è fissata al movimento: una vite nel 324, una calottina più complessa nel calibro 26-330. In realtà tutto il sistema di ricarica automatica è stato migliorato e reso più affidabile, pur se reso leggermente più complesso.

Trovo interessante che comunque i tecnici di Patek siano riusciti ad intervenire risparmiando in qualche modo dello spazio, sulla platina; che poi è quel che consente di praticare fresature, nella parte opposta della platina, utili per integrare almeno in parte complicazioni addizionali senza troppo incidere sugli spessori. Tutto questo passando dai 182 componenti su 29 rubini del calibro 324 ai 212 componenti su 30 rubini del calibro 26-330.

Molto interessante la modifica al sistema della regolazione dell’ora, che non soltanto migliora efficacia e affidabilità, ma fornisce una piccola spinta al bilanciere per aiutarlo a riprendere il proprio moto. Sono sottigliezze quasi maniacali, ma in questo modo si risparmia una certa quantità, quasi infinitesimale, di energia; e si interviene positivamente (anche qui per una entità minuscola) sulla costanza di marcia.

Sottigliezze estreme, come dicevo, ma la qualità dei movimenti meccanici attuali e quella dei Patek Philippe in particolare è tale che i miglioramenti nella maggior parte dei casi sono in un ordine di grandezze davvero minime. Se, ovviamente, si intende far compiere passi avanti all’orologeria tradizionale. E il termine “tradizionale”, si badi bene, assume comunque nuovi significati, come quella che potrei sbrigativamente definire la ruota mediana

Lo ammetto: mi sono tenuto per ultimo il boccone migliore, come un bambino a tavola. Fossi in vena di romanticherie potrei definirla “la ruota dalle lunghe ciglia”, fossi un ingegnere potrei sghignazzare “e poi venite a dirmi che la tecnologia usata per andare nello spazio non serve a niente”, ma sarei esagerato in entrambi i casi.

Fatto sta che i tecnici di Patek Philippe sembrano aver l’intenzione di mandare in pensione la classica ruota mediana – che richiedeva interventi di regolazione sul pignone per ottenere la giusta distanza di lavoro, che consentisse di ottimizzare gli attriti -, con una personale versione (brevettata) di un tipo di ruota già vista, ma non per questo uso e non in una “veste” così particolare.

In pratica se ne va la classica ruota dentata per essere sostituita da un piccolo anello centrale dal quale si diffondono lunghi e sottilissimi elementi elastici che vanno ad agganciare con la massima precisione il pignone della lancetta dei minuti; e che per giunta è montato su un rubino (quello in più rispetto ai 29 del calibro 324), tanto per ridurre ulteriormente gli attriti.

La cosa spettacolare è che questa ruota autoregolante (alla Patek Philippe la definiscono: “ruota a recupero di gioco”) deriva concettualmente dalle ruote metalliche con sospensioni interne a spirale usate per i veicoli destinati alle esplorazioni su terreni extraterrestri. Ce lo vogliamo dire? Una grandissima figata! Una grandissima figata che apre la strada per l’uso, in futuro, in alcune complicazioni di non facile regolazione.

Va bene: meglio fermarsi qui. Ma spero ora abbiate compreso perché Patek Philippe è Patek Philippe. Perché gli orologi Patek Philippe finiscano per costare tanto cari. E perché, in orologeria, non bisogna mai entusiasmarsi troppo per la parte estetica se non corrisponde ad una tecnica ancor più meritevole di attenzione.