Fateci caso: se prendete due lunette di un Audemars Piguet Royal Oak e le unite fra loro, magari con uno spessore in mezzo, succede una cosa strana. Come per magia vi ritrovate fra le mani la parte mediana della cassa di un Code 11.59 by Audemars Piguet. È questo il legame fra i due orologi, il filo rosso che unisce la storia dell’orologeria ad un futuro che (come sempre accade) alcuni contestano. Perché del futuro hanno paura in tanti: perché il futuro “è brutto”, mentre il passato è un bel ricordo. Ma i bei ricordi sono spesso bugiardi.
E poi questo sandwich di lunette viene inserito in una struttura a ponte “alleggerito”, che ai lati comprende le anse cave e sotto un fondello con cinque viti per tenere ben saldo il tutto. E in alto? In alto c’è uno straordinario vetro zaffiro curvo da nord a sud; superficialmente piano, però internamente è bombato, per offrire effetti ottici che i fotografi di Audemars Piguet stanno ancora studiando come rendere bene. So solo che ne dicono di tutti i colori – sottovoce, ovviamente – contro François-Henry Bennahmias, Ceo di Audemars Piguet. Che questo orologio ha voluto a tutti i costi e a tutti i costi con questo vetro.
Della cassa del Code 11.59 by Audemars Piguet ho già detto in passato tutto il bene che penso. Qui mi limito a ribadire che quest’orologio, nelle tante versioni, vale la fatica di trovare una boutique Audemars Piguet – la collezione è appunto riservata in esclusiva alle boutique. Perché, indipendentemente dai gusti personali, è uno dei rari esempi di qualità totale (aggiungerei nel piatto la collezione Twenty-4 Automatic di Patek Philippe) che segna il benchmark di riferimento per ogni altro produttore.
Dopodiché entriamo nello specifico del movimento cronografico, il Calibro AP 4401. Nuovo. È meccanico a carica automatica e gli appassionati lo attendevano da un po’ di tempo. La leggenda racconta che François-Henry Bennahmias, poco dopo essersi insediato come Ceo del marchio, abbia radunato i tecnici AP nella sua stanza; e ha detto che da lì non sarebbe uscito nessuno fin quando non si fossero stabilite le caratteristiche di massima di un nuovo calibro cronografico.
Un calibro cronografico integrato, porca miseria! Perché Audemars Piguet ha (quasi) sempre usato, per i cronografi, movimenti composti da una base solo tempo (il proprio AP 3120) su cui veniva innestato un modulo cronografico Dubois-Depraz. Oppure movimenti cronografici integrati, sì, ma di origine Frederic Piguet. Ricordo che basta dare un’occhiata al datario – tanto piazzato in fondo da aver bisogno della lente – per rendersi conto della presenza di un modulo cronografico aggiunto.
La conferma poi arriva dall’osservazione del profilo, lato corona: i pulsanti e appunto la corona non sono posizionati sullo stesso piano. Sia ben chiaro: i movimenti integrati sono più pregevoli (fra l’altro perché è possibile gestire meglio le richieste energetiche e quindi ottenere maggiore autonomia); ma non è che quelli compositi siano da disprezzare. È divertente osservare che la maggior parte dei (troppi, troppissimi) falsi Royal Oak Offshore montano un movimento integrato e siano quindi subito distinguibili come immonde patacche.
Alla fine sono arrivati il 4400 (cronografo) e il 4401 (cronografo con funzione flyback). Un movimento moderno, efficiente, un movimento di fascia altissima, il movimento che tutti aspettavano di trovare nei cronografi Audemars Piguet. Va ricordato che la funzione flyback nasce per registrare la durata di una sequenza di eventi che si susseguono rapidamente, come potrebbe essere il decollo di uno stormo di aerei.
La normale sequenza costringerebbe a premere prima due volte il pulsante di avvio (all’inizio e alla fine di ciascun evento); poi il pulsante di azzeramento; quindi di nuovo il pulsante di avvio, fin quando non è finita la sequenza di eventi. È pressoché impossibile non sbagliare, se la sequenza è lunga. Con la funzione flyback si preme solo il pulsante d’avvio una prima volta per iniziare la successione dei rilevamenti; dopodiché si preme il pulsante di azzeramento (quante volte è necessario) e il rilevamento si azzera, appunto, fin quando le rilevazioni non sono finite. Per fermarlo definitivamente si preme il pulsante a ore 2 e poi si azzera con quello a ore 4.
Alcuni numeri del Calibro AP 4401: 387 componenti, 70 ore di autonomia, 28.800 alternanze/ora, 40 rubini. Per quanto riguarda la notevole autonomia – quasi 3 giorni – nel bariletto è contenuta una molla maggiorata alla cui ricarica provvede un sistema bidirezionale con due invertitori su cuscinetti a sfere. Il bilanciere, di dimensioni insolitamente ampie, ha 3 bracci e la regolazione del momento d’inerzia tramite 6 piccole masse asimmetriche poste perifericamente.
La gestione delle funzioni cronografiche è affidata ad una ruota a colonne con innesto verticale di forma specifica per la funzione flyback. La frizione deve azionare una sola leva (quella d’innesto) e non le abituali tre (innesto, freno, martello per la rimessa a zero delle lancette). Si tratta di una soluzione ormai comune (sia pure con preziose varianti di marca in marca) a tutti i moderni movimenti cronografici di qualità più elevata.
Di non facile realizzazione (e regolazione), la frizione verticale consente avviamenti e arresti assolutamente precisi. Si tratta di un dispositivo concettualmente simile alla frizione delle automobili; che interviene per liberare o arrestare il dispositivo cronografico senza la necessità di innestare o disinnestare due ruote dentate, con il rischio che il moto faccia fare un salto alla lancetta dei secondi se i denti non sono perfettamente allineati al momento di incastrarsi l’uno nell’altro.
Per dimostrare, infine, la cura maniacale già in fase di progetto, è interessante come i tecnici di Audemars Piguet abbiano concepito il sistema di regolazione tramite corona. Apparentemente è tutto nella norma: in prima posizione si esegue la ricarica manuale; estraendo la corona possiamo regolare il datario; mentre in posizione tutta fuori la corona consente la sincronizzazione dell’ora. La differenza sta in quel che avviene dentro. Semplificando al massimo il discorso, quando si estrae la corona un pignone dentato oscillante si inclina per innestarsi con la ruota dentata che collega alla correzione delle data o alla sincronizzazione dell’ora.
Qual è il vantaggio di questo sistema, di questa originale architettura meccanica? Evitare che spingendo la corona verso la cassa, dopo la sincronizzazione, ci sia un contraccolpo dovuto al non preciso innesto degli ingranaggi; perché non sempre il dente di una ruota si posiziona esattamente nello spazio fra due denti dell’altro ingranaggio. Quindi serve appunto per evitare che spingendo in dentro la corona possa esserci il sia pur minimo contraccolpo sulla lancetta dei minuti.
Il prezzo del cronografo Code 11.59 by Audemars Piguet – 43.800 euro – non è certo alla portata di tutti. Ma la cosa positiva è che Audemars Piguet non ruba un centesimo di quei soldi, come del resto fanno quasi tutte le marche tradizionali d’Alta Orologeria. C’è sempre sostanza, dietro certi orologi d’eccezione.