Attualità

Baselworld, ma non dovevamo non vederci più?

Georges Feydeau (1862/1921) è stato un commediografo francese famosissimo per le sue opere comiche, ricchissime di colpi di scena apparentemente impossibili, eppure al tempo stesso di una logica che in molti hanno definito matematica. Bene: con una nuova puntata della saga “A volte ritornano” i dirigenti di Baselworld annunciano di aver trovato un accordo soddisfacente (per tutti, sembra) a proposito dei rimborsi per la manifestazione fieristica del 2020, ormai archiviata come “passiamo alla prossima, se possibile”. 

Si annuncia, anche, la cancellazione, forse, dell’edizione 2021 che avrebbe dovuto tenersi dal 28 gennaio al 2 febbraio dell’anno prossimo. Quel “forse” nasce da una formulazione non chiarissima del comunicato. In pratica, Baselworld sembra voler dire al gruppo dei transfughi (Patek Philippe, Rolex, Tudor, Chanel, Chopard, Hublot, Zenith and Tag Heuer – e non si capisce perché Bulgari non venga nemmeno citato) che provino pure a farei la fiera a Ginevra, ma loro, nel frattempo, continueranno a far progetti per tornare a rendere appetibile Baselworld.

Come avevo già detto, la lunga contesa non è affatto conclusa e l’impressione è che Baselworld conti molto sulla litigiosità – piccola o grande – che inevitabilmente si verrà a creare nei prossimi mesi. E quindi la patata bollente passa, per ora, tra le mani del nutrito gruppo di marche importanti che poche settimane fa aveva detto basta a Baselworld. Ce la faranno, i nostri eroi? Riusciranno a superare le baruffe iniziali – inevitabili, come si diceva nella fase di creazione d’una nuova manifestazione fieristica?

La logica dice che ce la faranno sì, i nostri eroi. Innanzitutto perché una solida manifestazione fieristica è assolutamente indispensabile per l’intero (e sottolineo per l’intero) settore. Ed è indispensabile presto, prestissimo, non nel 2022 o chissà quando. Poi perché un cambiamento d’idea non deporrebbe molto a favore di chi dicesse: “Vado, non vado, ma forse torno”. Sarebbe quella che viene comunemente definita “una figura da cioccolatai”.

Incidentalmente, l’espressione deriva dal fatto che grazie al suo ottimo cioccolato un imprenditore torinese pare fosse diventato così ricco da andare in giro con una vistosissima carrozza trainata da quattro cavalli. Il cioccolataio venne convocato dal re Carlo Felice che gli chiese di abbassare la cresta, salvo poi ordinare ai suoi di fargliene avere una ancor più regale. Perché: “Quando esco in carrozza non voglio fare la figura di un cioccolataio”.

E infine bisognerà capire cosa faranno orefici e gioiellieri, che hanno bisogno anch’essi di una manifestazione forte e restano invece a far la figura delle comparse. Scommetto che non è finita qui…