Protagonisti

Giorgio Grimoldi: ritratto (privato) di un creativo. E della sua famiglia

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Il modellino Burago della Ferrari 250 Gto è sempre a portata di sguardo. In camera da letto, sotto alla specchio, sopra al lavandino. «Quella macchinina rappresenta il mio sogno di ragazzino. Mi segue da molti anni. Le mie figlie sanno che non possono toccarla se non con “il papi”». Tenendo tra le mani quel modellino, Giorgio Grimoldi ha avuto il guizzo per il nuovo orologio di famiglia: il G.T.O. Gran Tipo Ovale. Una via di mezzo tra il Borgonovo, il primo ovale che ha portato al successo internazionale Grimoldi Milano anche come produttore di orologi, e la Ferrari 250 Gto.

«Quando progetto un orologio non penso mai a un orologio. Seguo l’istinto che nasce da un particolare che mi ha colpito… Poi sviluppo e modifico a seconda delle esigenze tecniche», spiega Giorgio Grimoldi. «La visione cubista e futurista che ho, mi permette di decostruire e riassemblare, in modo ordinatamente disordinato, i particolari tecnici». Orologio e macchina si fondono. Un grande arco raccorda il lunotto posteriore dell’auto alla fanaliera anteriore, formando la cupola del vetro, come se fosse una leggera bolla di sapone. Il “bocchettone” anteriore per la presa dell’aria della macchina diventa la sede del cinturino. I “siluri” delle fiancate della macchina la carrure dell’orologio. Lo specchietto retrovisore il fondello. Il guscio esterno ha preso forma, morbido come una scultura di Henry Moore uscita dalla galleria del vento di Maranello. 

L’inserimento di brillanti (per il modello da donna), un utilizzo diverso del Super-LumiNova, diversi trattamenti sulla cassa, giochi di colori e materiali tra quadranti e cinturini danno tante varianti del medesimo orologio. Che può poi diventare cronografo o subacqueo professionale. Resta confermata la forma ovale del quadrante del primo orologio disegnato da Giorgio Grimoldi, ispirato da una pietra di corallo cabochon. «Ho disegnato il Borgonovo alla fine degli anni Novanta pensando di venderlo nei nostri negozi. Dalle vetrine di piazza Duomo a Milano è arrivato in tutto il mondo. Un successo internazionale che ci ha portato grandissime soddisfazioni».

Più di tutte ricorda le parole dell’orologiaio svizzero Franck Muller: «Giorgio, tu hai creato una forma che in orologeria non esisteva. Tutti fanno gli orologi rotondi, quadrati, o rettangolari. Abbinare una forma a un concetto non è da tutti. Lascia stare le altre forme. Tu hai l’ovale, che è l’immagine di Grimoldi. Stai lì».

Già papà Anselmo aveva disegnato orologi, da vendere nella bottega milanese, dove negli anni Ottanta gli orologi rappresentavano un decimo delle vendite. «Garzone a soli 14 anni, poi apprendista orafo», racconta Giorgio, «papà riparava anche sveglie per permettersi la maglietta o la camicia “buona”. Un autodidatta». Velocità di apprendimento e abilità manuale portarono Anselmo a lavorare per i grandi laboratori orafi milanesi. Ad esempio, per Cartier realizzò gemelli da uomo con pietre preziose; per Piaget l’anello cuscinetto. Poi aprì un suo laboratorio orafo in via Piatti. È di quegli anni una scultura dedicata alla primavera: un nido di rondine in oro, smalto, pietre preziose e quarzo rosa scavato dal pieno a forma di cuore. Premiata come opera di grande maestranza orafa con il trofeo milanese Il crogiolo d’argento.

Nel 1964 la svolta imprenditoriale: il primo negozio con insegna “Orafo Anselmo Grimoldi” acquistato assieme alla moglie Rosanna a Paderno d’Adda. Dove vendeva anche orologi Piaget e Vacheron Constantin. Nel 1986 il trasferimento a Milano, subentrando nella gestione della bottega dell’artigiano orafo argentiere Casartelli, in piazza Duomo 21. «Aveva di fronte i negozi storici di Milano. Fu difficile partire», ammette Giorgio Grimoldi. «Papà iniziò allora a prendere marchi che altri snobbavano. E che poi avrebbero rivelato un ruolo importante nell’orologeria». Come Breitling. O Panerai. «Noi siamo stati i primi», sottolinea, «a vendere i vecchi orologi militari Panerai. Quando la Marina militare chiese una campionatura più ampia, Panerai propose a papà di essere il primo concessionario della marca».

Anselmo è stato sempre un apripista. Anche con Swatch. «Prima che arrivassero in Italia, papà andava a comprare gli Swatch in Svizzera, nei distributori di benzina. Più tardi», riferisce Giorgio, «arrivò la moda dei paninari, e il marchio sempre più popolare diventò un fenomeno». Anselmo Grimoldi ha sempre visto lontano. «Ha sempre creduto in Franck Muller, che da ragazzo (non ricco) commercializzava orologi d’epoca e poi iniziò a produrre modelli suoi, firmati Franck Genève. Papà li comprava, riconoscendogli gusto estetico, padronanza della meccanica e conoscenza della storia dell’orologeria».

Quadrante bianco effetto smalto, numeri arabi, corona cabochon in finto zaffiro, con firma Grimoldi: è il regalo per la prima Comunione il primo orologio nella memoria di Giorgio Grimoldi. Cresciuto in azienda, come i due fratelli e la sorella. «Abitavamo sopra alla bottega. Ne abbiamo sempre respirato l’aria. E nel periodo natalizio», racconta, «andavamo tutti a dare una mano: pulire gli argenti, fare pacchetti regalo, aprire la porta». Entro i 20 anni, sono diventati operativi tutti e quattro. Una scelta? Oppure un obbligo morale? «Ci ha spinti la passione», risponde. «Fin da piccolini, ci ha sempre appartenuto il mondo delle pietre, dei gioielli e dell’antiquariato».

Abilità artistica, studi di architettura al Politecnico di Milano, Giorgio è la mente creativa. Roberto, che ha studiato al Technicum (la scuola di orologeria di La Chaux-de-Fonds) e per oltre vent’anni ha fatto ricerche ed esperienza nel campo dell’orologeria d’epoca, segue lo sviluppo dei prototipi e trova le soluzioni tecniche dei nuovi progetti Grimoldi. Cesare, costante presenza nei vari punti vendita (sin dai 14 anni) e conoscenza diretta del mercato, è l’anima commerciale. Pamela ha l’amministrazione dell’azienda e la gestione del punto vendita di Piazza Duomo 21, ed è assieme a Giorgio la referente per la gioielleria firmata Grimoldi Milano. «Come tutte famiglie che si rispettino, ci scambiamo opinioni e consigli. E qualche volta ci mandiamo a quel paese», sorride Giorgio.

Team leader resta papà Anselmo, 84 anni e sempre super-operativo. Il più grande insegnamento ai suoi figli? «Onora il padre e la madre. C’era scritto sulla medaglia che mi regalò per la Cresima», confida Giorgio. «Ed è un pensiero profondo. Perché quando impari a rispettare le persone che ti hanno generato, impari il rispetto per gli altri». Giorgio Grimoldi però non osa definirsi come papà. Non ha invece esitazioni a definire le sue figlie: «Uniche». Unici anche i loro nomi: Athena Vittoria e Sole Rosallegra. «Athena piaceva alla mamma. Vittoria era il secondo nome di mia madre, che si chiamava Rosanna ma io chiamavo Rosi. Era sempre felice. E così Sole ha come secondo nome Rosallegra», spiega.

Dieci e sette anni, amano già orologi e gioielli. E amano disegnare e dipingere. «Spesso lavoriamo insieme. Mi danno grandissimi aiuti. A loro ho dedicato un gioiello. Raccontavo sempre la fiaba di un unicorno. Una mattina Athena mi disse: “Papà, perché non fai un anello con un unicorno?”. È nato un anello di dimensioni importanti, rivoluzionario per la tecnica costruttiva. Che ho venduto. Da Sole Rosallegra, che ha la libertà dei piccoli nell’uso dei colori, ricevo continue ispirazioni cromatiche».

Papà Giorgio ha condiviso con le due figlie il periodo del lockdown a Portofino. «Mi ero spostato qui alla chiusura delle scuole per Carnevale, pensando di preparare l’apertura estiva della nostra boutique ligure. E poi siamo rimasti qui. La ripresa è cauta. Gli italiani hanno poca voglia di spendere. Ma quando abbiamo riaperto a Milano, sembrava Natale. Molti clienti ci hanno detto: “Abbiamo voglia di farci un regalo. Non abbiamo comprato su internet, aspettavamo che riaprisse”. Una signora è tornata ad acquistare per sé un secondo orologio dipinto a mano: una bella soddisfazione. Tanti giovani hanno comprato orologi Maurice Lacroix ispirati a Audemars Piguet», riferisce.

Gli orologi Grimoldi con gli scudetti del Milan o dell’Inter sono un’ulteriore conferma della lungimiranza di Anselmo Grimoldi, che ha siglato negli anni molte sponsorizzazioni sportive. Una leva per far conoscere Grimoldi Milano in tutto il mondo. Portando tutto il mondo da Grimoldi Milano. «Indimenticabile per me», rivela Giorgio, «resta l’incontro con Dustin Hoffman. Quando entra in negozio uno di questi personaggi ti si tappa il cuore. Il mio inglese, poi, all’epoca era stentato. Lui comprò un orologio per sé e uno per la figlia. Poi la ragazza che lo accompagnava gli disse: “Mr. Hoffman, ora dobbiamo andare”. E lui le rispose: “Aspetta un attimo, non vedi che sto parlando con il mio amico Giorgio?”. Al momento dei saluti, mi disse “Facciamolo all’italiana”. E ci abbracciammo».

Ha lasciato il segno anche Belén Rodriguez. «Un personaggio incredibile. Molto appariscente in tv. Di persona è molto in gamba, intelligente, alla mano. Ha un modo di fare che ti mette a tuo agio. E un non so che di energetico», confessa. Al pubblico femminile, Grimoldi ha dedicato un Gto con brillanti. Di formato standard. «Lo stiamo lanciando anche sui mercati asiatici. Ci hanno detto che va bene così», conclude. «Speriamo».