Vent’anni di noi raccontati all’asta. Due decenni di orologi e di eventi che han cambiato il mondo e il nostro modo di viverlo: dagli choc – le Torri Gemelle, la crisi dei subprime e la presenza, ancora non debellata, del Covid – alle rivoluzioni socio-economiche con un’industria 4.0 che già parla di Intelligenza artificiale. Due decadi di crisi e ispirazioni come raccontano nell’introduzione dell’asta organizzata dall’inglese Phillips, che si svolgerà a Ginevra 8 novembre 2020 e ha per titolo Retrospective: 2000-2020. Un concetto evocativo di questi forti cambiamenti illustrati anche dai 95 orologi in vendita. Tra questi, immancabili i pezzi firmati da blasonate maison come Patek Philippe, Audemars Piguet, A. Lange & Söhne e decine di altre.
Retrospective: 2000-2020, una nuova prospettiva
Ma questi vent’anni hanno trasformato anche l’orologeria, permanentemente in bilico tra calcolata perfezione tecnologica e passione collezionistica. «Per me in questo periodo il collezionismo è cambiato», scrive l’imprenditore di Hong Kong Tk Mak, grande appassionato di orologi, nell’introduzione all’asta Retrospective: 2000-2020. «È passato dall’essere una ricerca altamente intellettuale a qualcosa che comprende maggiormente gli aspetti emotivi e creativi dell’ingegno umano». L’attenzione si sposta quindi dall’oggetto all’autore, dal risultato alla mano dell’orologiaio. «L’artista, che lavora faticosamente nel suo studio o al banco di lavoro, racconta chiaramente dell’interazione tra l’umano e l’oggetto tangibile», prosegue.
«È questa relazione ad essere molto più gratificante e divertente rispetto a guardare alla scala microscopica dell’oggetto stesso». afferma ancora. Non stupisce così che in Retrospective: 2000-2020 i pezzi dei colossi mondiali si trovino a competere con alcuni marchi indipendenti di alto livello. Come attori e attrici che sul tappeto rosso si contendono i flash dei fotografi. Ecco quindi i nomi di Philippe Dufour, Vianney Halter, Voutilainen, Romain Gaulthier, Ludovic Ballouard, e ancora Urwerk, F.P. Journe, MB&F, Laurent Ferrier, HYT… Che finalmente conquistano una meritata attenzione e finiscono sotto il martelletto.
Focus su Urwerk…
Come non soffermarsi su alcuni orologi che “esulano” dalla tradizione, che affascinano e incuriosiscono? Ne sono un esempio i pezzi a tiratura limitata pensati da Felix Baumgartner e Martin Frei, orologiaio il primo e designer il secondo, co-fondatori di Urwerk. Una coppia esemplare del nuovo modo di vivere l’orologeria, col cervello e col cuore. Capace di creare orologi che fondono tradizione e visione futuristica. Il nome del marchio, fondato nel 1997, deriva dalla sintesi fra Ur (città dell’antica Mesopotamia nel sud dell’attuale Iraq), e la parola tedesca “werk” (significa “lavoro”). E intrinsecamente porta con sé i concetti di creazione e di innovazione contaminati dalle emozioni.
Lo dimostra la referenza Ur.111C, in cui è perfettamente riconoscibile la firma della coppia. Basta leggere la descrizione per farsene un’idea precisa: «Un nuovo display del tempo lineare in cui ore e minuti sono indicati tramite coni rotanti. Sul lato sinistro sono indicate le ore, il palco centrale è riservato ai minuti: un cilindro con un indice giallo risale la traccia dei minuti e, raggiunto l’indicatore rosso dei 60 minuti, salta di nuovo a zero facendo girare il cilindro delle ore su quella successiva. Sulla parte superiore della cassa c’è l’indicazione dei secondi».
…MB&F…
Altra eccezione è il mondo “infantile-adolescenziale” di Maximilian Büsser and Friends (MB&F). Un mondo fatto di automobili, robot, personaggi e oggetti delle saghe tv, come quella di Star Wars, o cartoni animati anni Ottanta che si trasformano in macchine orologiere. Sogno, realtà, concretezza tecnica e visione fantastica si mescolano in un continuum per dar vita a creazioni fuori dai canoni della tradizione.
Dalla collaborazione di MB&F con L’Épée 1839 nasce per esempio Octopod, un orologio da tavolo che ricorda un polpo dalle gambe articolate e dal corpo che contiene il cervello meccanico, ben visibile all’interno della testa dalla forma sferica in vetro. È un’edizione limitata in acciaio inossidabile, nichel e ottone placcato palladio, e ha un’autonomia di 8 giorni. In asta anche esemplari più “tradizionali” (si fa per dire), come l’Horological Machine X, il cui design si rifà al mondo automobilistico degli anni ’50 e all’Alfa Disco Volante. Un oggetto prezioso prodotto in numero limitato di 80 pezzi divisi in quattro colori: rosso, blu, nero e verde.
…F.P. Journe
Figlie di un dio creativo anche le opere di François-Paul Journe, personalità irriverente capace di spezzare i canoni “sacri” dell’orologeria. Lo dice la sua storia di irrequieto giovane marsigliese poco rispettoso dell’autorità. Tanto che il suo primo contatto col mondo delle lancette si è concluso con l’espulsione dalla scuola di orologeria di Marsiglia e la raccomandazione di rinunciare al sogno di orologiaio. Il secondo tentativo fu a Parigi dove lo zio Michel lo portò per farlo iscrivere alla Scuola di orologeria Pierre Girard e per insegnargli l’arte del restauro. Da lì in poi è un crescendo contraddistinto dall’irrequietezza creativa e dalla perenne evoluzione (ad ogni innovazione ritira le collezioni precedenti).
Una vita fatta anche di decisioni di “pancia”: come quando ha deciso che non avrebbe più fatto orologi da 38 mm, per poi produrre 38 set commemorativi di cinque orologi da 38 mm con cassa in acciaio. Ciascuno con una delle sue costruzioni distintive: Tourbillon Souverain, Chronomètre Résonance, Octa Automatique, Chronomètre Souverain e Octa Calendrier. E una di queste rarità è battuta in Retrospective: 2000-2020. È il numero di serie 31/38: si tratta di un calendario annuale con data retrograda, dalla cassa in acciaio e il movimento in oro rosa.