Concludiamo il Watch Update Christmas Edition con alcune riflessioni. Che riguardano questo Natale anomalo e la situazione contingente. Per trovare una nuova normalità, più consapevole e responsabile
Come altri ottimisti ad oltranza, all’inizio pensavo anch’io che la tragedia del Covid ci avrebbe migliorato tutti. Era falso. In realtà è accaduta una cosa diversa e comunque interessante: chi era cattivo, stupido e invidioso, oggi è ancora più cattivo, più stupido e più invidioso di prima. Ma al tempo stesso le persone per bene oggi sono più gentili, solidali e accoglienti di quanto già non fossero prima della pandemia. Il Covid ha ucciso e fatto soffrire molte persone, ma ci ha anche fatti tornare ben saldi sui nostri piedi e su una realtà che – se sapremo coglierla – ha molti aspetti positivi.
Primo fra tutti la maggiore consapevolezza che dobbiamo smetterla con gli sperperi. Dobbiamo smetterla di sprecare soldi perché soldi ce ne sono di meno (la ricchezza mondiale si sposta sempre più verso Oriente), dobbiamo smetterla di consumare in modo spensierato perché le risorse sono sempre meno e dobbiamo salvaguardare la nostra casa, il nostro pianeta. I cattivi e gli stupidi sono arrabbiatissimi e vogliono tornare ad essere come prima. Gli altri cominciano a pensare seriamente sul da farsi per trovare un equilibrio nuovo e non troppo penalizzante. Grazie del pistolotto di cui non avevo bisogno, mi dirai. Ma cosa c’entra con gli orologi?
Oggetti di virtù e vanità
Come ho già detto molte volte – ma è bene ricordarlo, quando serve – l’acquisto di un orologio è già da un pezzo “non necessario”. Non direi superfluo, questo no, ma certamente l’orologio non è più indispensabile come una volta. Almeno per quanto riguarda il conoscere l’ora. Dal cellulare a tanti elettrodomestici, per sapere che ora è possiamo rivolgere lo sguardo quasi dappertutto. No, l’orologio è diventato quello che già da secoli viene definito un “oggetto di virtù” od “oggetto di vanità”. Quest’ultima espressione viene usata soprattutto dal Rinascimento in poi. In entrambi i casi il significato non è negativo.
I dipinti sacri, ad esempio, sono “oggetti di virtù” nei quali il costo del grande pittore è usato “a maggior gloria del Signore”. E in questo stesso senso vanno considerati tanti oggetti ricchissimi che nei secoli si sono trasformati in un vero e proprio tesoro sacro. Lo stesso “oggetto di vanità” non viene inteso, nel Rinascimento, come una semplice dimostrazione di ricchezza materiale; quanto come una ricchezza morale e culturale che porta certe persone a “dare lustro alla Casata”, ma anche a sostenere economicamente pittori, scultori, poeti e altri artisti che altrimenti non avrebbero potuto né esercitare né far progredire la propria arte.
Il committente, quindi, non deve semplicemente essere animato dal desiderio di comprare l’oggetto più costoso, ma quello più rappresentativo del proprio mecenatismo. Il che implica la conoscenza, la competenza. Se sei in grado di permetterti di commissionare un dipinto a Michelangelo piuttosto che a Raffaello, non è solo perché costa caro (la grande richiesta che faceva già lievitare i prezzi); ma perché vuoi spingere Michelangelo e Raffaello a superare sé stessi, creando arte di virtù sempre maggiori. E legate al tuo nome in veste di mecenate.
Questo è l’orologio, oggi. Una forma d’arte. E la stessa cosa vale per abiti, mobili e così via. Oggi come ieri. Se devi solo ripararti dal freddo non hai bisogno di un abito “bello” realizzato con una “bella” stoffa. Ti basta una pelle di montone. Ma quella stessa pelle può essere trattata per essere più o meno morbida, più o meno calda, per impedirti o facilitarti i movimenti. Questa sarebbe l’essenza della moda. È nata secoli fa e può essere “buona” o “cattiva” in relazione ad una serie di parametri che non sto qui a considerare. Ma più o meno li conoscete, perché molti di quelli che leggono Il Giornale degli Orologi sono già o saranno compratori consapevoli e competenti.
Ma è solo roba per ricchi?
E poi ci sono le “fasce di prezzo”. Era un’opera d’arte al vertice un dipinto di Raffaello, ma se costava troppo per le mie possibilità c’erano pur sempre i suoi allievi. Bravi e in divenire. E sostenere i suoi allievi era un’opera altrettanto meritevole, pur se meno costosa. E hai visto mai che l’allievo superasse il Maestro, come talvolta avveniva.
Vedete bene che l’acquisto di un orologio, in particolare oggi, ma già da qualche secolo, non è far proprio un oggetto tecnico di prima necessità in molti campi come pure nella vita quotidiana, ma piuttosto una specifica dimostrazione di competenza. Scelgo un certo orologio non solo perché mi piace esteticamente, ma anche e soprattutto perché ne riconosco la qualità in relazione alla cifra che posso permettermi di spendere. Questa stratificazione del mercato non aumenta solo la qualità degli orologi Raffaello, ma anche quella degli orologi Scuola di Raffaello. È il progresso, bellezza, ieri come oggi. E spendere bene i propri soldi è sempre stato un buon obiettivo, fossero tanti o pochi.
Cosa serve – oggi – per centrare l’obiettivo? Beh, innanzitutto il Raffaello dell’orologeria e la sua Scuola. E questo lo abbiamo. Per giunta in una serie di varianti incredibilmente ricca. Così ricca che per orientarsi serve maggiore competenza. Ma la competenza deriva dalla cultura. E la cultura deriva dall’informazione. Il nostro obiettivo, come quello di molte altre persone specializzate in orologi, non è quello di fare i fighi sbandierando la propria competenza, ma quello di condividerla per consentire a chi normalmente si occupa d’altro di comprare un oggetto con consapevole competenza, appunto. È un buon lavoro, se svolto onestamente.
Poi serve quello che una volta veniva chiamato il “mediatore” – che, in estrema analisi, oggi potremmo definire la rete commerciale. Una persona o una azienda che rappresenti l’artista, una persona o una azienda che consenta di trovarne l’opera in determinati luoghi. I negozi concessionari, ad esempio. Non basta. Il buon nome di una marca va oltre il momento della vendita. Si gioca anche sulla capacità di riparare e accudire gli orologi e persino di gestire in maniera trasparente l’usato. Leonardo era fantastico, era un genio, certo, ma i suoi affreschi si dissolvevano rapidamente, i suoi quadri non venivano quasi mai completati e allora non è che fossero poi in tanti ad ordinargli quadri e affreschi. C’è da capirli.
Spendere per il piacere dell’oggi
Abbiamo vissuto un lungo periodo di edonismo. Una figura filosofica per cui il fine ultimo dell’uomo è il piacere. Il bene dell’uomo sta nel piacere che prova (Aristippo, della scuola socratica) momento per momento. Perché “del doman non v’è certezza” come cantava, un paio di millenni dopo, Lorenzo il Magnifico. Brutta storia, perché ci vuol poco a trasformare questa ipotesi filosofica nella certezza di rendere peggiore la vita ad altri solo per il proprio piacere personale, per soddisfare i propri desideri.
I miei genitori, pur appartenendo alla buona borghesia, sapevano bene che i soldi non devono mai essere sprecati. Ogni acquisto era una lunga cerimonia fatta di valutazioni, considerazioni, informazioni e discussioni. Ogni oggetto veniva soppesato sulla base di una lunga serie di caratteristiche. Si partiva da “quanto intende spendere?” per arrivare a “questo le durerà una vita”. Saggio e persino ecologicamente corretto. Poi è arrivata la ricchezza della pace, il neo-edonismo (quello reaganiano: spendere fa bene a tutti perché tutti si arricchiscono) e oggi la guerra del Covid. Che ci rende molto più poveri, che ci costringerà a scendere d’un gradino. Anzi, molti hanno già dovuto scenderne più d’uno.
È finito tutto? Siamo destinati ad una povertà francescana imposta dalla pestilenza Covid? Beh, un po’ sì e chi ci illude del contrario è un imbroglione. Non tornerà tutto come prima e in fin dei conti è un bene. Dovremo sapere dove e cosa comprare. Dovremo pensare molto, prima di comprare. E di questo parleremo molto, nel futuro. Ma la cosa sarà resa meno pesante dall’informazione, quella corretta, e soprattutto dai consigli di quei grandi esperti che sono i negozianti. Non sto facendo l’apologia del Santo Negoziante, no. Sto solo ricordando che il cliente buono, per lui, è quello che torna e torna nel tempo: una solida base economica, assolutamente indispensabile. E il Buon Negoziante è quello che sa come trasformare un Compratore Casuale in Cliente Abituale.
I negozianti vengono spesso trascinati (beh, venivano, prima del Covid) ad assistere a corsi d’aggiornamento professionale nei quali venivano loro mostrate le fabbriche, le tecniche di lavorazione, i punti di forza di quella o quell’altra marca. Marche, ovviamente, basate su un Buon Nome (Reputazione) conquistata nel tempo. Conquistata come? Non dando fregature, non facendoti credere che il fango sia cioccolata e così via.
Era così, una volta. I miei genitori compravano così e i vostri pure. Dobbiamo ricordarlo.
Watch Update Christmas Edition
Natale 2020, l’orribile anno del Covid. Un anno che ha reso peggiori i peggiori, ma che potrebbe rendere migliori i migliori.
Natale 2020. Prima di andare a dormire pensiamo – bastano cinque minuti – a come possiamo adattarci alla situazione. Con un sorriso. Tornando a godere non per il piacere immediato di un acquisto che domani ci annoierà, ma per il piacere duraturo di un oggetto – un orologio, certo, ma vale per ogni acquisto – che ameremo a lungo.
È questo il mio augurio di Buon Natale per quest’anno. Il 2020 è e rimarrà un anno orribile, ma forse i morti e le sofferenze non saranno state invano se impareremo che con pazienza, competenza e consapevolezza possiamo uscirne.
Spero che Babbo Natale mi porti comunque un regalo, magari più piccolo rispetto a quello dello scorso anno. Ma condito da un buon allenamento neuronale per smetterla di credere nei complotti, nel mettere la testa sotto la sabbia per non vedere, nel tutto si aggiusterà da sé. E altrettanto auguro anche a voi.
Grazie.