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Draghi, dragoni & Co. «Drakarys!»: l’orologeria si dà al fantasy

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È vero, lo ammetto. Nel preparare questa pagina sono stata influenzata dal Trono di Spade, che ho (ri)visto in una maratona tv durante il lockdown di Natale. (Il Mario convocato al Quirinale in queste ore, invece, non c’entra). Poi comunque non ho fatto alcuna fatica a reperire il materiale, visto che negli orologi, ultimamente, se ne incontrano più che nella serie Hbo. Anche se qui non c’è nessuna Khaleesi a ordinare con un «Drakarys!» la mortale emissione di fuoco e fiamme al figlio Drogon (o ai suoi fratelli, Raegal e Viserion), di draghi in orologeria ce ne sono in abbondanza.

Certo, gli orologi con i draghi sono destinati soprattutto al pubblico dell’Estremo Oriente. In Cina, si sa, il dragone (Long) è l’incarnazione del principio di yang – il potente spirito creatore, maschile, che ha come controparte femminile la fenice, yin. Non solo: è il simbolo dell’imperatore e, nella storia, dell’intero popolo dell’impero – tant’è che alcuni cinesi si definiscono tuttora “discendenti del drago”. E anche se la favolosa creatura è caduta un po’ in disuso come emblema della Cina moderna, in compenso è rimasta a rappresentare Hong Kong.

Del resto, i draghi in orologeria hanno proprio le sembianze attribuite loro dal folklore cinese: corpo di serpente, zampe di tigre, testa di coccodrillo, corna di cervo, criniera di leone, scaglie di carpa, baffi di pesce gatto. Con qualche variazione sul tema dovuta ai canoni dello zodiaco cinese, che vede nel drago l’unione degli altri segni e lo presenta come un mix di attributi tipici delle altre 11 bestie (baffi del topo, corna del bue, barba della capra e così via). E se la tradizione vuole che per riprodursi possano fecondare una perla, ecco che la gemma (spesso nera) ritorna anche negli orologi.

Ma in effetti i draghi non appartengono solo alla cultura del Celeste Impero. Li si incontra a tutte le latitudini e in tutte le epoche, nelle saghe nordiche come nel pantheon induista, nei miti greci (Ladone ed Eracle) e nelle favole di Fedro (La volpe e il drago) come nell’agiografia cattolica (San Giorgio e il drago). Con una differenza sostanziale: mentre in Cina sono esseri benefici, portatori di pioggia e di prosperità, in Occidente hanno di solito una valenza negativa, sono personificazioni del male, latori di morte e distruzione. Diversamente dai cugini orientali, qui da noi volano in alto con enormi ali di pipistrello e sputano fiamme.

Sono diffusi nell’araldica medievale, dal Biscione di Milano alla Viverna di Terni fino al Ddraig Goch del Galles. Sopravvivono nelle leggende di ogni parte d’Italia e d’Europa con nomi diversi: Scultone in Sardegna, Coca in Portogallo, Dragua in Albania. Perfino una cittadina come Crema ha il suo bel drago, Tarantasio, che si dice abitasse nel fantomatico Lago Gerundo: distruggeva le barche che attraversavano la palude, si nutriva di bambini e ammorbava l’aria col fiato pestilenziale. Le sue costole, tramandate come reliquie, sono disseminate in diverse chiese nei paesi del circondario – anche se studi scientifici le hanno poi attribuite a mammuth. E la sua figura ha ispirato il cane a sei zampe creato da Luigi Broggini, come logo dell’Agip prima e dell’Eni poi.

Per non parlare della letteratura fantasy, popolata di draghi tanto quanto la trasposizione cinematografica delle opere del genere. Lo Hobbit e la trilogia del Signore degli Anelli di J.R.R. Talkien; Harry Potter e il calice di fuoco della Rowling (e tanti altri suoi romanzi); Eragon, Eldest & Co. di Paolini; o ancora La storia infinita di Ende e Come addestrare un drago della Cowell, tanto per citarne alcuni. Senza dimenticare i cartoni animati – Dragon Trainer in testa, ma anche l’italianissimo Grisù – e innumerevoli video giochi come Spyro the Dragon.

Insomma, i draghi non sono solo animali mitologici per eccellenza: fanno parte della nostra cultura. Forse per il desiderio di evasione dalla routine quotidiana, reso ancora più forte in questo periodo così difficile. A me piace pensare che l’orologeria, in quanto manifestazione del sapere e del saper fare, ne sia ricca proprio per questo. Anche perché, nella maggioranza dei casi, per illustrare i draghi ricorre ad antichi o comunque preziosi mestieri d’arte. Lo si vede nella gallery qui sopra, in cui si trovano tanti esemplari con draghi scolpiti in 3D nell’oro e in materiali nobili, dipinti con smalti Grand Feu, riprodotti con tecniche rare come l’intarsio di legni pregiati.

Nel mondo delle lancette quindi i draghi danno vita a pezzi unici o tutt’al più a tirature limitate, fatte di piccole serie. Che di conseguenza raggiungono prezzi notevoli, cifre che solo in pochi si possono permettere. Ma se vi piace il soggetto, non disperate: sul mercato si trovano anche esemplari accessibili un po’ per tutte le tasche. Perché un drago sul quadrante, oggi, non si nega a nessuno.