«Tutte le cose sono nell’aria, conta solo chi le realizza», disse una volta il grande Andy Warhol. Una frase che mi è venuta alla mente quando ho visto le immagini del nuovo Piaget Polo Skeleton. E non ho pensato a Warhol per caso: tra il genio di Pittsburgh e Piaget vi è infatti un legame stretto. Un rapporto che, nel caso del Polo, è richiamato anche da un numero: 1979. In quell’anno nacque l’orologio sportivo che sarebbe diventato un simbolo del marchio. E Warhol incontrò per la prima volta a New York Yves G. Piaget, quarta generazione della famiglia titolare della Maison. Un legame che avrebbe segnato l’amore dell’artista per gli orologi Piaget.
Piaget Polo Skeleton: c’era da aspettarselo…
Bene, mi direte voi: e dunque? Volevi solo fare il figo con una citazione, o la frase di Warhol c’entra qualcosa con il Piaget Polo Skeleton? C’entra, perché la Manifattura ha realizzato una versione scheletrata del suo sportivo, che era nell’aria per diversi motivi.
Intanto perché le referenze scheletrate dell’Altiplano hanno aperto la strada all’estensione di questa lavorazione nel Polo. Poi, perché la tendenza a creare versioni skeleton degli orologi sportivi, oltre che di quelli eleganti, è ormai più che consolidata. Lo dimostrano i casi di Zenith, Bell & Ross, Roger Dubuis, Ulysse Nardin, per tacer degli altri.
Non poteva dunque mancare il Piaget Polo Skeleton, erede di una tradizione che ha visto i primi orologi squelette della Maison realizzati negli anni ’70; pezzi capaci di conquistare personaggi come Miles Davis e di anticipare la tendenza attuale, antica quanto l’orologeria stessa, come ricordiamo qui.
Scheletri nell’armadio del tempo
A Parigi, nel ’700, il maestro orologiaio André Charles Caron ebbe infatti la trovata di togliere il quadrante ai suoi orologi per consentire ai clienti di osservare le meccaniche in azione. Clienti per i quali poteva anche creare pezzi da tasca sempre più sottili, eliminando elementi non necessari. Come il quadrante, appunto.
La differenza tra gli scheletrati di un tempo e quelli attuali sta nel fatto che i primi erano lavorati “dal pieno”, con il maestro scheletratore che toglieva da un movimento esistente tutte le parti non funzionali.
Ora, invece, i movimenti sono concepiti scheletrati già in fase di progettazione. Chiedere per conferma a Carole Forestier-Kasapi, ex responsabile della creazione dei movimenti di Cartier, che per il brand ha creato calibri scheletrati innovativi. Oggi come allora rimane un tratto comune: la scheletratura è prerogativa di orologi di alta gamma. In linea di massima, perché già appaiono le prime eccezioni.
Piaget fino al midollo
Ricordata fulmineamente l’origine di questa scelta estetica (ci vorrebbero pagine e pagine per esaurire l’argomento), arrivo finalmente a ciò per cui vi siete presi la briga di aprire questo link del sito. Ossia il Piaget Polo Skeleton.
Tanto per cominciare, è un Piaget e quindi fa dello spessore ridotto una delle proprie caratteristiche più evidenti. Maestra nella creazione di meccanismi di eccezionale sottigliezza, la Maison ha coniugato quest’ultima con la scheletratura e con gli elementi che distinguono la collezione Polo: il quadrante coussin e la cassa curva, sormontata dalla lunetta rotonda.
La cassa è la classica in acciaio da 42 mm (47 mm da ansa ad ansa). Ma ciò che fa la differenza è lo spessore di 6,5 mm, più sottile di circa il 30 per cento rispetto a quello delle casse degli altri Polo. Merito del calibro automatico scheletrato Piaget 1200S1, con una linea snella da 2,4 mm da fare invidia al girovita di Olivia Oyl. Sì, proprio quella di Braccio di Ferro…
Caratteristica estetica e funzionale del calibro è il micro-rotore decentrato, che ha consentito ai tecnici di Piaget di alleggerirne ulteriormente lo spessore. Senza però sacrificarne la bellezza (personalmente, la soluzione del micro-rotore mi fa impazzire) né le prestazioni, viste le più che dignitose 44 ore di autonomia e le 21.600 alternanze/ora.
La bellezza è valorizzata dalla scelta di lasciare il movimento visibile su entrambi i lati della cassa, per ottenere una profondità che pare andare oltre i 2,4 mm effettivi. Il vetro zaffiro sul fondello, insieme a quello posto sul quadrante, lascia in evidenza le finiture di colore sui ponti e sulla minuteria che caratterizzano le due referenze del Piaget Polo Skeleton: Blu Piaget o grigio ardesia.
Che ore sono?
L’insieme dell’orologio è quindi più che gradevole ed estremamente leggero, proprio per la progressiva e continua opera di sottrazione che la scheletratura impone ai maestri orologiai. Su questo punto, però, ho una riserva che conto di sciogliere solo nel momento in cui potrò vedere e toccare dal vivo il Piaget Polo Skeleton: la facilità di lettura dell’ora.
Le precauzioni anti-Covid non mi permettono ancora di avere gli orologi tra le mani e mi devo accontentare delle immagini, dalle quali percepisco una certa difficoltà nel capire a colpo d’occhio che ore sono. Anche le lancette di ore e minuti sono infatti scheletrate come il movimento, e pare che “anneghino” all’interno di esso, specialmente nella versione grigio ardesia.
Rischio anche di altri scheletrati, va detto a onor del vero; e infatti, alla prova del polso, mi è capitato più volte di dovermi ricredere e di imputare l’impressione iniziale alla eccessiva bidimensionalità delle fotografie, anche di quelle più dettagliate.
Giudizio d’insieme e prezzo
Sospendo dunque il giudizio su questo dettaglio non secondario, nell’attesa di palpeggiare l’orologio in boutique appena possibile (poi vi dirò…)*. Nel frattempo, promuovo nel complesso il Piaget Polo Skeleton, per il combinato disposto di quanto scritto sopra: estetica affascinante, meccanica superba di manifattura, spessore ridotto che evita il litigio con il polsino della camicia.
Infine, una notazione sul costo. È vero che è un Piaget, è vero che è scheletrato, è vero che il calibro è di manifattura (ma non creato ex novo, bensì un’evoluzione del 1200S)… Ma forse 29.900 euro è un prezzo che avrebbe potuto essere limato. Non in senso assoluto, ma in rapporto al price range del marchio, visto che un Polo solo tempo in acciaio con cinturino costa il 65 per cento in meno e con bracciale circa il 40 per cento in meno, con un calibro che offre prestazioni migliori.
Come si spiega? Speculazione? Tutt’altro. Il prezzo è dettato proprio dal movimento, che di fatto è stato interamente riprogettato. Ed è prodotto da un marchio che ha una produzione rarefatta, così rarefatta da non consentire economia di scala. È anche una questione di rarità, oltre che di fascino. Del resto i Piaget sono sempre stati orologi per pochi. In genere grandi artisti. Andy docet.
*p.s. 11 marzo 2021
Carissimi, vi ricordate che avevo espresso una riserva e sospeso il giudizio sulla leggibilità delle ore, che dalle immagini mi pareva difficoltosa? Ebbene, riserva sciolta. Stamattina ho toccato con mano e messo al polso il Piaget Polo Skeleton (libidine, avrebbe detto il grande Jerry Calà), grazie al gradito invito dell’ufficio stampa del marchio. Le ore si leggono bene e la scheletratura delle lancette non fa a pugni con quella del movimento. Impressione iniziale rettificata, dunque, a dimostrazione di quanto conti nella vita l’esperienza diretta. Sempre.