Ritorniamo sull’argomento. Le fiere di orologi. Tu mi dirai: ma quanto caspita sono importanti? E perché, visto che in tanti continuate a parlarne? Beh, per spiegare comincio da un esempio.
La LVMH Watch Week
La fiera del Gruppo LVMH a Dubai, inizio 2019, ultima in ordine di tempo ad essere stata “in presenza”, aveva visto fra i protagonisti Zenith. Era stato presentato un prototipo del Defy, piaciuto a molti giornalisti e commercianti. Per quanto mi riguarda, avevo solo notato che forse per quel tipo d’orologio sarebbe stato meglio aggiungere la corona a vite, benché l’impermeabilità fosse comunque buona. La corona a vite aiuta a sentirsi sicuri. E qualche sicurezza, specie di questi tempi, fa bene a tutti.
Nei giorni scorsi, alla stessa fiera di orologi – ma tutta telematica, questa volta -, Zenith ha presentato una versione definitiva del Defy con corona a vite. Un gran bell’orologio da “yacht club”: elegante, sportivo e per giunta con un movimento El Primero solo tempo che consente la presenza di un contatore dei decimi di secondo. Potrei dire che mi hanno ascoltato, ma sarebbe una stupida presunzione. Chi ha presentato l’orologio è stato gentile a ricordare il mio suggerimento e farmelo notare, ma sono certo che anche altri giornalisti e negozianti abbiano detto la stessa cosa.
Perché durante le fiere di orologi c’è un continuo scambio di idee, di valutazioni e suggerimenti che i produttori tengono spesso in considerazione, come in questo caso. È uno dei grandi vantaggi delle fiere di orologi “in presenza”. Nel caso delle fiere di orologi telematiche l’itinerario è più lento: di solito c’è una presentazione basata su collegamenti più o meno interattivi, seguita quasi sempre, dopo un po’ di tempo, da incontri veri, durante i quali si passa ad un esame diretto delle novità. Incidentalmente, durante queste presentazioni i giornalisti danno spesso voce alle prime reazioni dei propri lettori, che entrano quindi come parte attiva per orientare le scelte dei produttori.
Per quanto le fiere telematiche abbiano dimostrato, nella situazione attuale, di avere comunque una buona efficacia, nulla ancora può sostituire le fiere di orologi “in presenza”. Ma la scelta di effettuare “webinair” alla LVMH Watch Week è stata la migliore possibile, in questi frangenti. Grazie, quindi, per questa dimostrazione di rispetto, comunque la si pensi sull’argomento Covid.
Watches and Wonders. E le incertezze sul da farsi
A fine marzo (più precisamente, dal 30 marzo al 5 aprile 2022) dovrebbe svolgersi a Ginevra Watches and Wonders, fiera di orologi finora prevista “in presenza” e come tale organizzata. Dal momento, però, che W&W è in mano a gente eccezionalmente capace, esiste ovviamente un Piano B. Telematico, come è stato lo scorso anno. A parte qualche noioso problema tecnico iniziale, alla fine quella fiera è stata soddisfacente per tutti e – seguita poi da incontri locali “in presenza” – ha contribuito alla robusta ripresa del mercato dell’orologeria svizzera. E quest’anno?
Vale la pena parlarne perché l’argomento non riguarda solo il settore orologiero. Anzi, a ben vedere ha fortissime similitudini con le scelte che (molto più in grande, ovviamente) devono affrontare gli stessi Governi. In bilico fra buon senso, ottimismo, prudenza, necessità di non bloccare l’economia e tante, tante altre considerazioni. Scelte che in definitiva dipendono da eventi quasi impossibili da prevedere, come l’arrivo di varianti del virus e il loro grado di pericolosità. È sempre facile – dopo – dire cosa ciascuno avrebbe dovuto fare. Ma prima – prima – tendenzialmente bisognerebbe allinearsi alle ipotesi peggiori, sempre però cercando di attutire le conseguenze negative di queste scelte.
Faccio quindi una piccola analisi di cosa potrebbe accadere. E lo faccio su base – sia ben chiaro – strettamente personale. Ognuno di noi ha o non ha paure diverse, diverse consapevolezze, diverse sensibilità (quasi) tutte legittime – se si tiene conto che i diritti dell’uno devono essere valutati in relazione alle paure dell’altro. Che hanno pari dignità, quando in buona fede.
Watches and Wonders. Cosa è e cosa sarà
Watches and Wonders è una fiera dell’orologeria che cerca di sostituire il tradizionale appuntamento di Basilea. Non mi dilungo perché ne abbiamo già parlato qui. Watches and Wonders è l’erede del SIHH, organizzato a partire da una iniziativa del Gruppo Richemont. Una manifestazione fieristica su invito, molto esclusiva. Sarebbe un grave errore pretendere che gli organizzatori perpetuassero questa tradizione, ora che si sono aggiunti grandi nomi come Rolex, Patek Philippe, Chopard e molti altri ancora. Di fatto sarà impossibile la continuazione del solido, efficiente schema tipico del SIHH. Watches and Wonders è una fiera molto più “inclusiva”, come si usa dire oggi, e ancor di più dovrà esserlo in futuro. Perché non di solo lusso può vivere l’orologeria svizzera. Sono quindi necessari schemi più aperti, più o meno come accadeva con la fiera di Basilea. Bei tempi…
Ciò vuol dire che questa volta sarà importante tenere conto che non tutte le responsabilità possono essere scaricate sugli organizzatori. Al contrario, le responsabilità devono essere ben distinte fra quella della Città di Ginevra, quelle dei proprietari degli edifici, quelle degli organizzatori e quelle delle singole marche partecipanti. E non è mica facile coordinare tutto se non sei uno dei tanti specialisti nelle “previsioni” del giorno dopo. Tento di capire con voi (sperando ricordiate sempre che condivido questo ragionamento anche come metafora generale) un esempio basato sui fatti da affrontare.
I problemi pratici delle fiere di orologi “in presenza”
A Ginevra posso andare in automobile o in treno. In entrambi i casi le regole da seguire sono moderatamente chiare e le precauzioni da prendere non eccessive. Almeno per chi ha scelto la vaccinazione e il green pass, che presumibilmente la Svizzera dovrebbe chiedere anche nel caso la norma dovesse essere by-passata nei trasferimenti fra Paesi della Comunità europea.
Arrivo in albergo e faccio le pratiche per avere la camera prenotata. Spero non ci siano file né assembramenti, ma nel caso attendo a debita distanza. È responsabilità dell’albergo e voglio fidarmi che tutto venga gestito come meglio possibile. Eviterei, la mattina dopo, di scendere a far colazione nella sala comune, dove saranno presenti persone provenienti da mezzo mondo: meglio il servizio in camera, pur se più costoso. La salute prima di tutto. Scendo e… Già: come vado in fiera? Negli anni pre-Covid la Città di Ginevra aveva organizzato un buon servizio di mezzi pubblici. Pieni però come uova. E quest’anno? Non so. Ho cercato informazioni, ma per ora non le ho trovate.
Il sito di Watches & Wonders offre esaurienti informazioni su come entrare in Svizzera, sulle regole imposte (attualmente, ma il Ministero Svizzero della Salute ha ovviamente facoltà di modificarle) per entrare negli spazi del Palaexpo, dove si svolge W&W, e una chiara dichiarazione di scarico di responsabilità nel caso qualcuno non seguisse la procedura. Ma se qualcosa va male con chi me la prendo? Devo cercarlo io, il birbaccione irresponsabile? Per ora, comunque, non è chiaro come percorrere il tragitto dall’albergo alla fiera e viceversa. E non parliamo di taxi: se qualcuno pensa siano cari in Italia potrebbe ricredersi. Oltretutto da noi le tariffe dei taxi sono imposte e controllate dai Comuni. In Svizzera, mi si dice siano libere di lievitare in base alle richieste.
Diciamo che trovo la soluzione e arrivo in fiera. Negli scorsi anni c’erano ogni giorno assembramenti pazzeschi per la verifica dei documenti e per i necessari controlli di sicurezza: siamo in un posto chiuso nel quale dagli orologi ai gioielli ci sono oggetti di valore enorme, enorme davvero. Quest’anno dovranno necessariamente aggiungersi i tempi per i controlli dei green pass obbligatori (e ogni tanto collegare il web svizzero a quello di altri Paesi richiede lunghe acrobazie tecnologiche) e l’altrettanto obbligatorio lavaggio delle mani. Dopodiché gli organizzatori hanno intelligentemente limitato gli accessi (non saranno presenti, ad esempio, persone provenienti dalla Cina e dagli Stati Uniti), ma non è che in Europa siano in vigore regole uguali per tutti. Chi dirime le questioni che verranno inevitabilmente poste? In quanto tempo?
Diciamo che alla fine riesco ad entrare e soprattutto riesco ad entrare in sicurezza. Dopo le infinite code al guardaroba e al gate d’ingresso, s’intende. Del resto a W&W potrebbero gravitare complessivamente 10mila persone (ipotizzando la metà dei partecipanti rispetto al SIHH del 2018, dove erano state 20mila). Spalmate in una settimana, sono circa 1500 persone al giorno. Alla faccia della paura degli assembramenti. Ma diciamo che penso di potermi sentire sicuro anche all’interno, visto che viene garantito un adeguato sistema di aereazione con aria esterna, non riciclata. Tanto di cappello: è uno sforzo immane, visto che l’area espositiva è immensa. Ma dovrò comunque tenere tutto il giorno la mascherina FFP2: pesante, fastidiosa, a lungo andare mi fa venire il mal di testa. Però è meglio l’emicrania del virus, no?
Gli espositori
39 marche espongono a Watches and Wonders. Alcune fanno capo ad un gruppo, altre sono indipendenti. Ciascuno ha elaborato un proprio sistema di incontri. In un caso, ad esempio, sono previste dieci sessioni di mezz’ora a ciascuna delle quali parteciperanno dieci persone. Le prime che, una volta aperti i cancelli telematici delle prenotazioni, troveranno posto. Una scelta da accogliere positivamente o no? Non lo so bene. Ma so che se trovo posto sarò in un gruppo di dieci persone che ha solo mezz’ora per vedere e toccare tutti gli orologi. Subito sanificati? Non credo proprio. Più probabile si debba procedere al continuo cambio, di stand in stand, di guanti (in lattice? In tessuto? Chissà…). Altri tempi morti.
E comunque il gruppo è composto da dieci persone provenienti da Paesi diversi con regole diverse. Non so voi, ma io faccio fatica a capire le regole italiane e la loro evoluzione. E allora cosa ne so di come si comportano altri Paesi, più o meno “liberi” di lasciare ciascuno “libero” di fare come meglio gli aggrada? Se vedo un comportamento che mi sembra pericoloso cosa devo fare? Scatenare una rissa, chiamare la Polizia o correre in infermeria?
E per ora di pranzo? Si mangia solo seduti e questa sembra essere una buona regola. Ma la pausa pranzo è sempre stata un problema, in tutte le fiere di orologi “in presenza”. Assembramenti inevitabili. Mi devo far preparare dei panini in albergo e vado a mangiarli in bagno, se non ci fossero altri posti a sedere? O scambio un articolo sul Giornale degli Orologi per un pranzo seduto?
E infine l’uscita: come viene cadenzata? Chi ferma i soliti furbi? Tralascio il ritorno in albergo, stanco dopo una giornata di fiera, con il solito dubbio fra autobus e taxi, e poi la preferenza per mangiare in camera con un servizio al piano che però sarà rallentato dalle richieste. Tutto questo per quattro o cinque giorni, il minimo per le fiere di orologi “in presenza”.
L’impegno degli organizzatori
Nel momento in cui scrivo in realtà non è stata presa alcuna decisione definitiva. Lo ripeto. Gli organizzatori – che ammiro e non invidio nemmeno un poco – stanno procedendo con l’ipotesi della manifestazione “in presenza”, tenendo però a portata di mano il piano B telematico. È una scelta giusta e condivisibile anche perché io stesso, con tutte le mie personali paure, penso che alla fine di marzo la situazione Covid potrebbe essere migliorata, i rischi potrebbero ridursi.
Ma io devo scegliere entro pochi giorni e ci sono alcune incognite che mi inquietano. Se migliora, la situazione migliora per tutti i Paesi contemporaneamente? Ne dubito. E, se salta fuori un’altra variante, conviene rischiare o evitare? Non foss’altro per ritrovarci in un altro passo indietro, piccolo o grande che sia, forse no. E se non ostante tutto alla fine risulto positivo? Devo rimanere un certo periodo di tempo in Svizzera, chiuso in un albergo a mie spese?
Per queste ragioni ho deciso di rimanere a casa, di fare tutte le sessioni telematiche possibili e sperare, poi, in incontri di touch & feel qui in Italia. Anche se non ho alcuna garanzia perché, a pensarci bene, non è detto che tutte le Case li facciano. Né che possano mostrare tutti gli orologi presentati in fiera. Ma certamente mi sento più sicuro di correre meno rischi. Non voglio infettare nessuno, nemmeno quelli che mi stanno sullo stomaco. A quelli posso fare molte pernacchie, ma rigorosamente ad almeno due metri di distanza.