Approfondimenti

Omega Speedmaster 321 Canopus: perché costa tanto?

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Un orologio molto costoso e apparentemente fuori dal solco tradizionale del marchio, l’Omega Speedmaster 321 Canopus (lo chiamo così per comodità, il nome per esteso è Speedmaster Caliber 321 Chronograph 38,6 mm Canopus Gold). Presentato all’inizio dell’anno, ha suscitato molte reazioni anche da parte dei nostri lettori. Si va dai toni superbi di chi sa già tutto e parla di follia, bisogno di far fatturato, stupidità. Per arrivare a chi, invece, si chiede sinceramente le ragioni di un comportamento che appare diverso dal solito. Omega è famosa e giustamente apprezzata per orologi prodotti industrialmente, con un rapporto fra prezzo e qualità fra i più elevati in assoluto. Grande qualità, (relativamente) piccolo prezzo.

Sotto questo punto di vista non è effettivamente facile comprendere orologi come lo Speedmaster 321 Canopus, che costa 81.300 euro. Un occhio della testa, come si suol dire. Che senso ha? Davvero si “fa fatturato” con orologi del genere? Oppure Omega ha qualcos’altro in mente? Cerchiamo di vederlo nel giusto contesto, perché lo Speedmaster 321 Canopus è prodotto artigianalmente nell’Atelier d’Excellence, che una volta si chiamava Atelier Tourbillon.

Cominciamo dal “vecchio” Atelier Tourbillon

Io ci sono stato, negli anni Novanta. Era un laboratorio chiaramente diverso. Sembrava un posto in cui a dominare fosse l’artigianalità più totale, il senso dell’andare oltre i limiti, del fare bene le cose per dimostrare che le cose si possono far davvero bene e pure meglio di una volta, con un uso intelligente delle tecnologie moderne. Nulla, o quasi, di industriale. E parlare con quei tecnici era come parlare con i componenti di certi corpi speciali delle forze armate: l’orgoglio di appartenere ad un gruppo di primi della classe.

Avevo chiesto di andarci per verificare quella splendida invenzione del De Ville Tourbillon “centrale”. Un orologio a quei tempi assolutamente avveniristico, fuori dagli schemi e fuori apparentemente dalla logica commerciale di Omega. E mi ero rapidamente reso conto che l’Atelier Tourbillon di Omega, non ostante il nome, nasceva essenzialmente come laboratorio di restauro.

Tutte le marche con una lunga storia hanno un laboratorio del genere, tutte le marche comprano a caro prezzo i propri ricambi “antichi” per poter restaurare (dopo un sapiente intervento manuale su ciascuna componente) i propri orologi storici ad un prezzo il più possibile contenuto. Si tratta di orologi destinati ai musei interni, ma anche ai collezionisti. I prezzi, quando non si trovano i ricambi, salgono alle stelle perché bisogna far tutto da sé, a mano, spesso con macchine d’epoca anch’esse difficili da reperire e costosissime.

Ma – come spesso accade – l’appetito vien mangiando: e il restauratore “inventa” qualcosa di nuovo e trova un dirigente illuminato che gli consente di procedere. Si tratta di piccolissime serie d’orologi (non necessariamente numerate) prodotte con gli stessi metodi artigianali di certi marchi straordinari. Fantastico. Sì, possiamo dire che una produzione di questo genere di solito ha senso per marchi dal nome altisonante, per i Patek, i Vacheron… Ma l’orgoglio professionale dei tecnici non si ferma di fronte a questi dettagli. Se sei il migliore vuoi dimostrarlo a tutti. Alcuni collezionisti comprendono e condividono questo metodo di lavoro, altri no. Ma sono orologi destinati a dare molte soddisfazioni, in asta, per chi ne possiede uno.

Il moderno Atelier d’Excellence

Ho rivolto alcune domanda allo staff dell’Atelier. Come sempre più spesso accade ho ricevuto le risposte da quella che potremmo definire una “Fonte Autorevole Interna”, perché sono sempre meno le persone autorizzate a parlare per conto delle marche. Comprendo le motivazioni di questa scelta (diffidenza nei confronti di alcuni giornalisti improvvisati), e vado oltre.

L’Atelier ha ancora lo stesso spirito? Quante persone impiega?
L’Atelier d’Excellence non è più un paio di stanzette ricavate nei vecchi stabilimenti, ma un moderno laboratorio nel nuovo edificio. Un laboratorio modernissimo, nel quale però trovano spazio anche macchine del passato, strumenti indispensabili per alcuni restauri. In pratica, al “vecchio” Atelier Tourbillon si è fuso il reparto che produce artigianalmente lo Speedmaster 321 Canopus. È composto da poche persone, tutti tecnici di assoluta eccellenza. Per quanto riguarda lo Speedmaster 321 Canopus, ad esempio, il montaggio del movimento e di ciascun orologio vengono eseguiti manualmente da un solo orologiaio.

Come si entra nell’Atelier d’Excellence?
Da un punto di vista fisico stiamo parlando di una zona in cui è fondamentale non vi siano polvere né umidità. È una zona controllata cui si accede passando per fasi successive, stanze sempre più “pulite”. Per quanto riguarda la scelta dei tecnici, beh, è un laboratorio riservato solo a quanti hanno dimostrato una marcia in più. È necessaria anche una grande apertura mentale, perché si fondono metodi tradizionali con la tecnologia più moderna.

Da chi dipende, l’Atelier? E a quali altri reparti è collegato?
Risponde direttamente a Raynald Aeschlimann, Ceo di Omega, ed è fondamentalmente collegato al Reparto Produzione. Ma in effetti ha collegamenti con tutti i reparti, perché spesso vi sono idee e materiali che possono essere in qualche modo comuni a tutti gli orologi Omega, pur se utilizzati in modi e con fini diversi. L’Atelier d’Excellence gode, comunque, di una forte indipendenza. Abbiamo bisogno di creatività e sperimentazione.

Quindi scambiate con gli altri reparti le vostre sperimentazioni?
Certo. Noi siamo in grado di spaziare dalla realizzazione di prototipi fino alla realizzazione di piccole serie complete, come nel caso dell’orologio da tasca prodotto per il 125° anniversario di Omega. Il movimento è interamente nostro, ma abbiamo collaborato anche con altri reparti.

Eseguite ancora il restauro di antichi orologi?
Sì, ma in modo un po’ diverso. Il reparto restauri ha ora una sua indipendenza. Ferma restando la collaborazione, che può spingersi fino alla modifica delle macchine necessarie per il lavoro. Ma il restauro non è più fra i nostri compiti principali.

Ho l’impressione che Raynald Aeschlimann abbia fortemente voluto rilanciare questa attività di Atelier.
Sì, ed è stato un percorso molto eccitante. Abbiamo avuto una prima trasformazione nel 2017, e l’anno dopo abbiamo lanciato la riproduzione del primo cronografo da polso. Frutto dell’Atelier Tourbillon in collaborazione con gli altri reparti Omega. Poi nel 2019 siamo passati ad un ulteriore stadio per il rilancio del Calibro 321. Abbiamo fuso questo specifico laboratorio con l’Atelier Tourbillon. Ed è nato l’Atelier d’Excellence.

Questo Atelier può essere utile anche per la normale produzione Omega?
Utilissimo. Pur se in maniera diversa, diamo tutti il nostro contributo per spingere oltre i confini, ciascuno mantenendo il proprio Dna, ma contribuendo a mischiare passato e presente in modo creativo. Talvolta persino artistico.

E nel futuro? Ci sarà una specifica produzione di orologi Atelier d’Excellence?
È probabile. Diciamo che stiamo lavorando a parecchi progetti interessanti…

Per concludere

L’impressione è che Omega abbia voluto creare un reparto interno che somiglia maledettamente a un produttore artigianale. Poche centinaia d’orologi all’anno, la cui identità dovrebbe però essere meglio specificata: se tutto si chiama “solo” Omega non è facile capire le differenze.

Ma per i collezionisti è un vero paradiso perché i prezzi, pur elevati, sono fortemente concorrenziali (ed è giusto sia così) rispetto ai marchi artigianali. La potenza del know-how Omega e la sua economia di scala si aggiungono al fatto che, con ogni probabilità, per i dirigenti l’operazione è tesa più a conseguire un’immagine di qualità che alla ricerca di fatturati. Se l’Atelier d’Excellence va in pareggio o comunque perde poco, a Omega restano comunque forti vantaggi in termini di immagine.

Oggi il percorso non sembra ancora arrivato a farsi ben comprendere da parte del pubblico, certo, ma la direzione è quella giusta. E colpisce per una notevole audacia nel fondere passato, presente e futuro dell’orologeria da parte di quella che, non dimentichiamolo, è la seconda marca industriale svizzera. Parliamone, se volete.