Omaggio affettuoso a Nicolas G. Hayek (1928/2010), fondatore di Swatch Group e fautore della rinascita dell’orologeria svizzera. Conosciuto personalmente da Augusto Veroni che qui ne ricorda la lunga frequentazione, diventata nel tempo qualcosa di più di un semplice rapporto professionale. Ben espressa da quel soprannome, Senior, che non è solo indicazione generazionale, ma anche segno di riconoscimento di un imprenditore che apparteneva a una categoria superiore, per preparazione ed esperienza
Quando ho iniziato, nella seconda metà degli anni Ottanta, facevo il critico musicale. Trasmissioni, anche di successo, alla Rai e riviste come Chitarre, che però stentavano maledettamente per palese insufficienza di inserzioni pubblicitarie. Uno dei soci della casa editrice Technimedia mi contattò per chiedermi se volevo fare un’altra rivista di chitarre per loro. Io gli risposi che sarebbe stato impossibile e lui mi chiese allora un’altra idea.
Saltò fuori quasi come un’ispirazione inconscia, sia pure su basi di osservazioni mai legate prima. «Facciamo invece una rivista di orologi. Non ce ne sono in tutto il mondo: riviste patinate per il pubblico, intendo, e vedo grandi quantità di inserzioni su più o meno tutti i giornali». Paolo Nuti, il mio interlocutore, prima rise molto, ricordando che della mia follia era stato avvertito. Una settimana dopo però mi chiamò per dirmi che amici, da Bulgari, avevano apprezzato la cosa. E che mi sarebbe stato assegnato come “controllore” uno dei soci della Technimedia, Renato Giussani, ingegnere, progettista di casse acustiche, ma soprattutto uomo severo, non incline a mattane di alcun tipo.
Prima di partire, Renato e io chiedemmo “il permesso” a persone per noi fondamentali. Leonardo “Dado” Pagani, importatore di Vacheron Constantin e Presidente dell’associazione di categoria, fu il primo. Ci disse di essere onorato del nostro interesse, ma anche preoccupato: «Avrete materiale per riempire tre numeri della rivista? Non mi sembra che a disposizione ci sia poi molto». Poi ci spedì (eravamo alla fiera di Basilea, quando la manifestazione era davvero ineludibile) da Nicolas Hayek, il proprietario di quello che sarebbe diventato Swatch Group.
Per accedere a Senior (Junior è ancor oggi Nick Hayek) dovemmo passare per le forche caudine della sua inflessibile segretaria, Beatrice Howald, che però in qualche modo intuì le nostre buone intenzioni e ci procurò un quarto d’ora con il boss. Un quarto d’ora che fu sufficiente a creare con Senior un buon rapporto che ancor oggi mi commuove perché interrotto solo dalla sua morte. Tutto questo ha avuto inizio in un periodo nel quale per me era tutto (quasi) facile perché non esistevano giornalisti spazializzati. È nato con Benedetto Mauro di Hausmann a Roma (l’unico a conoscere di tecnica, di italiano e a saper tradurre termini sconosciuti a tutti, a quei tempi). Ed è nato in un periodo in cui andare a Ginevra per una settimana e conoscere qualcuno che ti aprisse incondizionatamente le porte della sua fabbrica lo trovavi sempre. Sempre.
I giornalisti di orologeria sono nati e si sono anche quasi estinti. I passacarte di oggi, gli esperti in parafrasi talvolta claudicanti delle cartelle stampa, sono frutto di adeguamenti “culturali” degli editori e di giornali cartacei in crisi nera. Nerissima. Un professore delle medie consumerebbe una matita rosso/blu al giorno. Ma lasciamo perdere. È di lui – Senior –, della famiglia Hayek e della loro importanza che voglio parlare oggi.
Il punto è semplice: Swatch Group non è – ripeto: non è – in alcun modo un gruppo finanziario diversificato, come altri che operano anche in orologeria. Swatch Group nasce per rilanciare l’orologeria svizzera stroncata da una crisi spaventosa, dopo un primo fallimento degli orologi elettronici al quarzo. Nasce dall’intuizione di Senior di rilanciare gli orologi meccanici svizzeri, salvo poi studiare meglio l’elettronica per arrivare quindi a produrre un orologio al quarzo, lo Swatch, ancor oggi imbattibile in tutte le sue forme.
Questa strategia di base porterà come benefici collaterali non soltanto un notevole, importantissimo reparto elettronico, appunto, che si rivelerà fondamentale anche per sviluppare nuovi metodi di produzione degli orologi meccanici (e qui comincia a far capolino Nick Hayek, il Razionalizzatore). Ma guiderà l’intero settore orologiero svizzero ad una rinascita che dura ancor oggi. Sia ben chiaro, nessuno dei concorrenti orientali si è dovuto inginocchiare: i tre grandi nomi (Citizen, Casio e Seiko) hanno numeri fortissimi e una maggior forza – è indiscutibile. Ma Swatch Group ha salvato l’orologeria svizzera dalla scomparsa e ne ha preservato, accresciuto, il prestigio.
Ecco: io sono stato molto fortunato ad essere pioniere di questo settore proprio in un periodo tanto particolare. E Senior ha subito compreso che attraverso quella prima rivista, e poi le centinaia che sono nate in tutto il mondo, si poteva davvero far del bene alla Svizzera. Ma c’è stato anche molto altro. Ricordo che arrivavo alla sede di Bienne in genere la mattina, dopo una nottata all’Hotel Plaza: niente grandi alberghi, ma pura efficienza elvetica. Un quarto d’ora di intervista con Hayek Senior e poi tiravo fuori dal mio giubbotto “magico” qualche specialità gastronomica italiana che sgranocchiavamo insieme, chiacchierando a ruota libera. Vere e proprie lezioni di economia e anche momenti di sincero, semplice affetto.
Senior, fino alla fine, ha sempre trovato un po’ di tempo per me e forse anche un po’ di affetto per la mia sfrontatezza. Ricordo di una volta, a Parigi, in cui Senior era chiuso in una stanza a rilasciare interviste sulla nascente sponsorizzazione di Cindy Crawford. A un certo punto esce la signora Howald che dice a Chantal Guidi (storica colonna della comunicazione Swatch Group in Italia) come Hayek abbia fame ma che i francesi gli procurano solo verdure crude. Sguardi imbarazzati, poi tiro fuori il bottino dal mio giubbotto magico. Le due signore mi invitano ad entrare, ma a me non sembra bello interrompere l’intervista a un collega. Lascio a loro l’incarico, e dalla stanza arriva un grido: «Viva l’Italia! Viva Veroni!». Un bel momento. Seguìto, per altro, da un giro di Parigi a inaugurare negozi insieme a Senior.
Sfrontatezza, dicevo. Si vociferava dell’entrata in azienda di Nick Junior, regista cinematografico il cui primo film aveva avuto un convincente successo. Ma dal cinema a guidare un colosso dell’orologeria ce ne passava. La definizione più gentile sulle capacità imprenditoriali di Junior era “non adatto”. Incontro Senior a Basilea e tra una parola e l’altra lo informo delle dicerie sul figlio. Lui non fa un plissé.
Un’oretta dopo lo ritrovo in bagno. Mi raggiunge e mi dice secco: «Non metterei mai qualcuno non adatto in azienda. Nick, lo scorso anno, ha procurato un 6% di aumento del fatturato solo riordinando razionalmente le aziende che io ho acquistato negli scorsi anni. Nick sarà un successo e la garanzia del futuro per Swatch Group». Risposi che ero felice di sentirglielo dire: ma lo aveva detto, questo, a Nick? «Certo che no! Io sono suo padre, non cerco di farmi voler bene, ma di crescerlo forte e capace». Una lezione di vita. Provai a dire che glielo avrei detto io. Mi rispose di stare attento, se non volevo essere spianato come l’asfalto. «Glielo dirai quando sarò morto». E così ho fatto.
Un giorno, nell’estate del 2010, mi chiama uno dei miei “informatori”, solitamente garruli e allegri. E piange. Senior è morto, infarto improvviso. Piango. Dopo una settimana, mando una mail a Nick per dirgli che il padre gli voleva bene. Vado a Bienne dove trovo Nick, la sorella Nayla e il nipote Marc. Piango, piangiamo e parliamo. E cazzo – quanto sono vecchio! – piango ancor oggi a parlarne.
Oggi è diverso. I giornali sono tanti e il tempo per le interviste poco. Eppure recentemente Nick, che ha saputo del mio mieloma, mi ha mandato un messaggio di apprezzamento per un intervento televisivo sul fenomeno degli Omega/Swatch. Certi affetti non muoiono.